Alatri
29.05.2025 - 18:13
S’innamorò della Juventus ammirando l’elevazione straordinaria di Roberto Bettega, Bobby-gol: i suoi colpi di testa erano delle opere d’arte, delle pennellate d’autore. E da giovane innamorato della “Signora” seguì dagli spalti la finale della Coppa Campioni del maggio 85. Emilio Targia, un po’ ro m a n o, un po’ parmigiano, molto juventino, non immaginava che quello sarebbe stato un giorno devastante, un giorno da “tempo sospeso”. All’Heysel, la follia degli hoolingans s’impossessa della storia, di vite umane, plasma il dolore in un gioco crudele e infinito. All’Heysel quel giorno muoriamo un po’ tutti noi, innamorati di questo gioco che è metafora della vita, che è imprevedibilmente importante, al punto da cambiarci l’umore, da accendere e spegnere il s orris o. Targia 40 anni dopo quel giorno maledetto siede a un tavolo e racconta a chi condivide la passione bianconera, quelli del Circolo di Storia Bianconera Hurrà Juventus, attenti alle dinamiche del calcio in ogni sfaccettatura, alcuni particolari di quell’incredibile carneficina. Siamo ad Alatri, presso “La Ros etta”. L’avvocato Remo Costantini introduce con chiarezza e sollecita l’intervento di Pericle Pauletto, uno che quel giorno era proprio nel settore Z. Festeggiava i 25 anni di matrimonio e voleva idealmente abbracciare due amori: la signora Tilde e la sua Juventus, lanciata sul trono d’Europa. Quel che accadde lo ricorda in modo nitido, perché il terrore è atemporale, scava nicchie nella memoria e nel cuore. Un racconto che regala brividi alla platea, ma a lieto fine, perché lui da quella maledetta curva Z riuscì a fuggire, traendo in salvo anche la moglie e u n’amica di famiglia che era con loro in quel viaggio in Belgio. In platea ci sono anche altri due sopravvissuti di quel tragico 29 maggio: Americo Lemma e Roberto Maddaleni. Anche loro regalano la testimonianza di un ricordo lacerante e vivo, di una ferita profonda che non riconosce punti di sutura. Targia, giornalista e scrittore raffinato, sollecitato da Giuseppe Pica, incanta la platea e spiega il perché del suo libro: “Quella notte all’He - ys el”. “Stufo di leggere stupidaggini, di ascoltare mezze verità, strumentalizzazioni, sciacallaggi e luoghi comuni applicati a quella notte, ho voluto semplicemente raccontare la ve r i t à ”. Dei ragazzi del liceo, componenti una giuria nell’ambito di un concorso campano, hanno premiato il libro di Targia. Questo fatto non ha lasciato indifferente l’autore, che ha sottolineato il valore simbolico di questo riconoscimento. Le immagini scorrono. Ecco gli inglesi che attaccano con una tattica da guerriglia, il primo annuncio che ci siano delle vittime, la rabbia che serpeggia nella curva juventina. E ancora la partita che si gioca per imposizione dell’Uefa e l’e sultanza che in realtà è solo rabbia di chi mai avrebbe voluto giocarla. Si è giocato per evitare un disastro di ancor più grandi proporzioni. Il sopralluogo in quella curva maledetta, dove gli oggetti raccontano ancora il dolore e la paura di quella gente sgomenta che ha nei cuori e negli occhi un solo avverbio: “Per - chè?” L’ospitalità di un napoletano che vive a Bruxelles: un piatto di pasta e una telefonata a Roma per dire “Sia - mo vivi”. E quell’angoscia senza confini. Bisticci del cuore, dolore, rabbia. Quarant’anni dopo è ancora così.
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