Cerca

Pugilato

L'Italia piange Nino Benvenuti, grande campione di boxe

Conquistò il titolo olimpico a Roma nei pesi welter e fu campione del mondo dei pesi medi tra i professionisti

Ci sono atleti capaci di conquistare l'immaginario collettivo ed il cuore dei tifosi, andando al di là della disciplina praticata, della nazionalità, delle simpatie e delle fazioni. Sono pochi e hanno quella rara virtù del piacere a tutti, perché in loro albergano umanità, carisma e talento specifico. Oggi uno di questi eletti, Nino Benvenuti, il pugile italiano più famoso della storia, ci ha lasciato: è uscito dal quotidiano per entrare nella leggenda, dopo 87 primavere, innumerevoli vittorie e una vita spesa per la noble art, senza mai dimenticare "la gente", perché è proprio la gente che decreta e disegna la grandezza di un campione.
Disponibile, sorridente, mai divo, seppur consapevole di aver scritto la storia della boxe, una storia non certo limitata ai nostri confini. Lo ricordiamo inviato Rai anche a Frosinone, durante le telecronache dei match di Sven Paris, quando il nostro pugile tentava la scalata alla corona intercontinentale. Era amico dell'indimenticato Vincenzo Belfiore e apprezzava la Ciociaria, terra di grandi pugili e di passioni indomite. 

Triestino, evidenziò sin da giovanissimo capacità straordinarie, perché univa una tecnica sopraffina a una potenza non certo trascurabile: campione olimpico a Roma nella categoria dei welter, continuò nel suo percorso di predestinato issandosi sul trono mondiale dei pesi welter. Tutta l'Italia attaccata alla radiolina (18 milioni di ascoltatori) quando nel 1967, al Madison Square Garden di New York, conquistò la corona  dei medi ai danni del grande Emile Griffith. Poi, dopo una trilogia di incontri con il grande campione statunitense, altre vittoriose difese fino al fatal Monzon, l'argentino dal pugno di pietra, che trovò un Nino già in parabola discendente dopo una carriera straordinaria e per tanti versi irripetibile. Restò nel mondo della boxe, Nino Benvenuti. Raccontava le vicende di chi cercava di ripercorrerne le gesta e partecipava emotivamente come quando danzava sul ring con classe, eleganza ed efficacia. Nino Benvenuti era conosciuto negli Stati Uniti e in tutti i paesi in cui la boxe è popolare: un ambasciatore italiano del coraggio, della virtù, dell'intelligenza applicata allo sport.

Lo incontrai a Roma, nei pressi della stazione Termini: io studente universitario, lui da qualche anno ritiratosi dall'attività agonistica. Pioveva, ma io avendo riconosciuto quest'icona dello sport italiano, lo rincorsi mentre cercava un taxi e gli chiesi un autografo. Nino mi venne incontro sorridente e firmò... sulla seconda pagina del Di Maio, testo di diritto civile. Conservai quel libro come una reliquia. Molti anni dopo lo intervistai, ricordandogli quell'episodio remoto e confidandogli che per me, oltre alle vittorie su Griffith e su altri grandissimi pugili, lui restava quello dell'autografo sotto l'acqua, campione di umanità e di generosità. Perdiamo un campione dello sport e un uomo di grande carisma. Uno che ha sempre rispettato "la gente". Ed è una grande vittoria anche quella, che Nino porterà con sé al di là del tempo e dello spazio.

Edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione