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Frosinone

Omicidio allo Shake bar, venti anni di carcere per il killer

Condannato con rito abbreviato Mikea Zaka, l’uomo accusato di aver sparato e ucciso Kasem Kasmi e ferito tre persone. La sparatoria il 9 marzo 2024 in via Moro

Due colpi al cuore e al polmone. Che hanno ucciso Kasem Kasmi, albanese di 27 anni. E poi almeno altri quattro colpi che hanno ferito le tre persone che erano con la vittima. Ieri pomeriggio, per la sparatoria allo Shake bar del 9 marzo 2024 è arrivata la sentenza. Poco prima delle 16.30 il gup Antonello Bracaglia Morante ha condannato l’unico imputato, il ventitreenne albanese Mikea Zaka, alla pena di 20 anni di reclusione con il rito abbreviato. Accolta in pieno la richiesta formulata dal pubblico ministero Samuel Amari. Il sostituto procuratore, in pratica, considerato il rito, aveva chiesto il massimo: trent’anni (venti per omicidio volontario, tre anni per ciascuno dei tre tentati omicidi più un altro anno per la detenzione illegale e la ricettazione della pistola usata per fare fuoco) per poi scendere, con la riduzione di un terzo cui dà diritto l’abbreviato, a vent’anni. E, nel caso in cui l’imputato non dovesse impugnare in appello, potrebbe ottenere un’ulteriore riduzione di un sesto.

Zaka è stato accusato di aver esploso «almeno sei colpi dalla pistola calibro 7,65 che illegalmente portava con sè verso Kasmi, che decedeva in conseguenza di un colpo in pieno petto», mentre gli altri tre, il fratello della vittima Ervin Kasmi, e i fratelli Klevin e Alvider Hidraliu, rimanevano «gravemente feriti» e venivano sottoposti a vari interventi chirurgici negli ospedali Spaziani di Frosinone e San Camillo di Roma. L’imputato, secondo il capo d’imputazione, «mentre si trovava ai tavoli esterni del bar Shake unitamente ad altri quattro amici e conoscenti veniva avvicinato dai fratelli Kasmi, Kasem e Ervin, e Hidraliu, Klevin e Alvider: lo Zaka si alzava per primo e, all’avvio di una colluttazione tra i due gruppi, immediatamente estraeva l’arma ed esplodeva in sequenza almeno sei colpi ad altezza d’uomo, mirando al petto di Ervin Kasmi e poi di Kasem, quindi alle spalle di Klevin e Alvider Hidraliu».

Inoltre, a Kasmi è stata contestata la ricettazione dell’arma, una pistola calibro 7x65, acquistata da una persona rimasta ignota per la cifra di 350 euro, e ritenuta «per natura e modalità di acquisto di sicura provenienza illecita». Infine, Zaka doveva difendersi anche della violazione della legge sulle armi per aver portato in luogo pubblico la pistola. Arma che, come sottolineato dal pm nella sua requisitoria, l’albanese portava con sè da qualche tempo. La sera stessa della sparatoria, Zaka si era costituito in questura e aveva ammesso i fatti. La squadra mobile di Frosinone aveva effettuato una serie di accertamenti per ricostruire la vicenda e risalire al movente dell’azione. L’uomo, infatti, aveva sostenuto che il motivo dello scontro era da ricondurre a una ragazza. Versione che, però, non ha mai convinto gli investigatori della polizia. Nel corso delle indagini sono state acquisite le telecamere di videosorveglianza del locale e quelle del Comune posizionate poco fuori. E così è stato possibile ricostruire attimo per attimo la sequenza degli spari.

La procura aveva poi richiesto l’autopsia sul corpo della vittima, accertamenti di genetica forense, accertamenti balistici e tecnici sui residui dello sparo, nonché gli esami dei telefoni cellulari. Tracce di sparo erano state rinvenute sulla mano destra dell’imputato e sul deceduto e si trattava di tracce dello stesso tipo, compatibili con l’uso di un’unica arma, peraltro utilizzata da distanza ravvicinata. Per quanto riguarda le tracce biologiche, gli esperti avevano isolato 22 tracce, tra biologiche ed ematiche, sugli abiti sequestrati. Nel corso delle attività condotte dalla polizia successivamente al delitto erano stati sequestrati anche dei proiettili. A Frosinone, inoltre, era arrivato anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi a presiedere un comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica in prefettura.

Contro Zaka si sono costituiti parti civili i familiari dell’ucciso nonché i tre feriti, rappresentati dagli avvocati Tony Ceccarelli, Martina Stirpe, Martina Iachetta, Christian Alviani e Laura Rapuano. Parte civile anche il Comune di Frosinone, con l’avvocato Rosario Grieco. Prima della sentenza, l’udienza di ieri è stata dedicata all’arringa dell’avvocato Giovanni Tedesco che rappresenta l’imputato.

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