Spazio satira
L'intervista
27.03.2020 - 14:30
La giornalista Ilaria Parogni (con il berretto grigio), 29 anni di Frosinone sotto la sede del New York Times dove lavora da oltre 4 anni
New York. Anno Domini 2020. La capitale del mondo è finita sotto scacco del virus, il Covid-19: le vittime nella Grande Mela sono 192, 1.031 in tutto il Paese, secondo quanto riferisce il sito dell'università americana "Johns Hopkins". I positivi invece sono 68.572. Nel solo Stato di New York c'è stata un'impennata di casi: oltre 30.000, la metà di quelli di tutti gli Usa, e le vittime, sempre nello Stato di New York, sono, ad oggi, 285.
Il sindaco Bill de Blasio prevede che mezza New York sarà contagiata. Secondo la tetra previsione del primo cittadino della Grande Mela, uno scenario da incubo è quello che aspetta la sua megalopoli. De Blasio teme che a subire il contagio saranno circa 4 milioni di persone, la metà di quelle che vivono a New York. «È plausibile – spiega – ed è molto preoccupante, ma dobbiamo iniziare a dire la verità».
L'assessore alla Sanità Oxiris Barbot ritiene che l'epidemia potrebbe cominciare a rallentare a settembre. Il Senato americano ha approvato all'unanimità lo "storico" piano da 2.000 miliardi di dollari per sostenere la più grande economia del mondo, asfissiata dalla pandemia.
Il testo passa ora alla Camera. Sembrano le prime pagine della sceneggiatura del film "Outbreak", "Virus letale" per noi italiani, ma è la realtà.
La realtà che vive tutti i giorni, ad esempio, Ilaria Parogni, 31 anni, frusinate, giornalista, o meglio "senior editor" presso il New York Times, uno dei più prestigiosi e autorevoli quotidiani del mondo, in cui lavora da oltre quattro anni e a cui è approdata dopo significative esperienze con alcuni giornali e periodici di levatura mondiale come The Guardian, The Moscow Times, The World Post, Quartz, Russia Direct, The Nation. Ilaria vive a Brooklyn e racconta come l'Italia viene vista nel nuovo mondo in questo particolare momento storico e soprattutto come si sta vivendo l'emergenza sanitaria a New York e negli Stati Uniti.
Ilaria, che percezione si ha della situazione italiana negli Stati Uniti e i media americani come giudicano l'operato del Governo italiano nel fronteggiare questa vera e propria emergenza sanitaria?
«Nelle ultime settimane molti amici qui negli Stati Uniti si sono rivolti a me con espressioni di conforto e parole di supporto in merito alla situazione in Italia. La percezione che mi sembra sia più diffusa è che il Paese si trovi a fronteggiare delle circostanze gravi e che la crisi sia ancora più seria a causa dell'età media alta della popolazione. Le enormi difficoltà che si trova ad affrontare il personale sanitario italiano, in particolare, sembrano aver colpito molto l'opinione pubblica americana».
In America, e in particolar modo a New York, c'è una grande comunità di italiani e di ciociari. C'è apprensione tra gli italoamericani per quanto sta accadendo nel nostro Paese?
«L'apprensione c'è e continua a crescere, sia tra gli italoamericani di mia conoscenza sia tra i miei conterranei che, come me, hanno lasciato il Paese in questi ultimi anni. In molti hanno seguito le notizie dall'Italia in un crescendo di ansia e sconforto».
Il virus, ovviamente, non si arresta alle frontiere ma viaggia e si spande. Ed è arrivato anche nel continente americano. Il presidente Trump ha annunciato la chiusura dei confini con Canada e Messico ma ha escluso un lockdown nazionale. Anche i governatori di California, Connecticut, New Jersey e Illinois hanno ordinato a tutti di restare a casa. Il Covid-19 inizia a far paura anche oltre oceano?
«La situazione qui a New York è ormai critica. Lo Stato è diventato, nel corso di pochi giorni, l'epicentro della pandemia negli Stati Uniti. Siamo passati da uno stato di calma a uno di paura in maniera molto veloce. Certo, ci sono individui che cercano di minimizzare il problema e violano le raccomandazioni delle autorità locali, ma in generale la preoccupazione è tanta».
La gente, concretamente, come sta affrontando questo pericolo? Ci sono già le prime vittime? Ci sono delle raccomandazioni particolari che vengono rivolte alla popolazione?
«Le vittime sono salite in maniera vertiginosa nel giro di pochi giorni. I vari enti a livello statale e cittadino hanno già preso diverse misure per contenere la crisi, sconsigliando attività in luoghi pubblici e chiedendoci di limitare i nostri spostamenti. Si continua a raccomandare a tutti di rimanere a casa, di lavare spesso le mani e di evitare di toccarsi in viso. Coloro che possono lavorano da casa, e in molti stanno limitando le interazioni con il mondo esterno tramite il ricorso a vari tipi di consegne a domicilio. Nel frattempo i supermercati sono stati presi d'assalto; la gente continua a fare scorte di carta igienica, disinfettanti e detergenti. L'ansia è palpabile, ma si cerca anche di mantenere un atteggiamento positivo. Per esempio, nel giro di pochi giorni si sono venute a creare tantissime iniziative online per incontri ed interazioni virtuali di ogni tipo, da circoli di lettura a classi di yoga a raduni di associazioni di quartiere e attività di volontariato».
Personalmente questa situazione come pensi possa mutare le tue abitudini?
«Le mie abitudini sono già mutate, a dire il vero. Il mio compagno è immunodepresso, per cui abbiamo preso delle iniziative drastiche per evitare rischi inopportuni. Lavoro da casa da quasi tre settimane e da qualche giorno ho deciso di evitare anche la passeggiata giornaliera che cercavo di fare nei primi giorni di quarantena. Evito di uscire di casa a meno che non sia per motivi di prima necessità. Lavo le mani spesso e ho rimandato tutte le attività sociali.
Adattarsi a questo nuovo stile è difficile soprattutto dal punto di vista mentale, per cui sto cercando di dedicarmi ad attività che mi rilassino e mi offrano un po' di distrazione nel quotidiano».
In Italia e in Europa si vedono continuamente immagini di ospedali stracolmi e sull'orlo del collasso. Il sistema sanitario americano come potrebbe supportare la popolazione e sopportare un'emergenza sanitaria come quella che si è manifestata in Italia?
«In base agli appelli lanciati da vari esperti, medici ed enti attivi nell'ambito sanitario, la situazione non lascia ben sperare. Il sistema sanitario americano nello stato attuale non ha le capacità di affrontare un'emergenza di questo tipo. Non ci sono letti e respiratori a sufficienza; medici e infermieri non hanno abbastanza mascherine e altri dispositivi necessari per poter svolgere il proprio lavoro in sicurezza; mancano le strutture per una somministrazione ampia e tempestiva del tampone alla popolazione. A tutto questo va aggiunto il fatto che il sistema è di natura privatistica e ha costi molto elevati in assenza di assicurazione sanitaria. Sebbene il Governo abbia approvato una legge che garantisce la copertura dei costi per la diagnosi tramite tampone, gli americani rischiano di dover pagare conti molto alti nel caso dovessero essere ammessi in ospedale».
Complottismo, fatalità, abitudini alimentari non convenzionali. Che idea ti sei fatta sulla nascita di questa pandemia?
«La mia professione richiede che mi attenga ai fatti e metta le teorie complottiste da parte.
Quello che sappiamo è che le origini del virus non sono state ancora determinate in maniera certa. Vari scienziati hanno identificato il pipistrello come possibile ospite iniziale del virus.
Studi hanno confermato che i primi casi di trasmissione a umani hanno avuto luogo nell'autunno scorso in Cina. Per capire come tale passaggio sia avvenuto, e per avere risposte definitive, possiamo solamente aspettare e continuare ad affidarci alla scienza».
Tu vivi negli Stati Uniti da anni ma la tua famiglia è a Frosinone. Ti senti spesso con loro? Cosa ti raccontano di quanto sta succedendo?
«Sì, mi sento spesso con la mia famiglia in Italia. E dall'inizio dell'epidemia i nostri contatti si sono intensificati. Mi raccontano della situazione in Italia, della quarantena e dei loro tentativi di mantenere una parvenza di normalità. Ci scambiamo consigli e facciamo videochiamate con i nostri parenti per far passare il tempo».
Cosa ti auguri che accada a breve?
«Il mio desiderio più grande è che l'Italia e il mondo intero superino questo momento difficile e che questa esperienza offra a tutti degli spunti di riflessione che ci aiutino a prevenire e a gestire in un modo più efficiente future crisi ed emergenze sanitarie. Per il momento mi auguro fortemente che, con l'aiuto dell'isolamento sociale, l'Italia e gli Stati riescano ad appiattire la curva il più possibile, il prima possibile».
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