Spazio satira
Il reportage
14.09.2020 - 13:15
Lasciamo Colleferro e raggiungiamo Artena. Il paese degli accusati dell'omicidio. Qui, tra quelle case arroccate lungo un costone calcareo dei Monti Lepini, a pochi chilometri da Roma, l'aria che si respira è totalmente diversa da Colleferro. Uno striscione affisso nella parte bassa del comune recita "Artena sta con Willy". Ma ad Artena sembra che la gente abbia paura di parlare. Qualcuno si guarda intorno quando ci avviciniamo, quasi come se avesse paura di essere visto. «Non so niente». «Non conosco nessuno», queste le frasi più ripetute.
In molti negano anche di essere del posto. Un signore che fino a pochi istanti prima parlava su una panchina al telefono in italiano fluente, finge addirittura di essere straniero. Una situazione che sembra surreale.
Qualcuno dice: «Io ho una famiglia, non voglio problemi». Qualche vicolo più lontano da dove è affisso lo striscione, c'è il locale di Alessandro Bianchi, il fratello di Gabriele e Marco. È ancora chiuso al pubblico ma sulla porta c'è Alessandro con un gruppo di ragazzi.
Proviamo ad avvicinarci ma quando capiscono ci fanno cenno di andare via: «È stato già detto troppo», dice uno dei ragazzi. Non vogliono parlare, neppure loro.
Ci spostiamo nella parte alta della città. Magari, lontano da qui, qualcuno avrà voglia di parlare.
Una ragazza che ha più o meno la stessa età dei quattro accetta. Sa chi sono. Dice che ai tempi della scuola erano già conosciuti per essere dei bulli.
Conferma che le risse le hanno sempre fatte, che in paese tutti li conoscono per essere violenti e strafottenti. L'episodio dell'aggressione ad un vigile è solo uno dei tanti di una lunga serie. Hanno picchiato anche dei suoi amici, così, senza un motivo. Poi racconta che in tanti si sono sempre chiesti come facessero a mantenere un tenore di vita come quello che avevano. Tatuaggi, abiti costosi, orologi di lusso, auto, vacanze in hotel da mille e una notte – questo quanto traspare dai loro profili social – ma «la gente qui si fa i fatti suoi», dice. E questo lo avevamo capito.
Un'amica che è con lei racconta che qualche anno fa una sua conoscente frequentava uno dei quattro: «Poi ha scoperto che faceva uso di droghe e lo ha mollato».
Il ritratto di quella che è stata definita "La banda di Artena", che le due ragazze forniscono, sembra confermare quello delineato dagli inquirenti in questi giorni. E, forse, lo confermano anche i silenzi di tutti quelli che hanno paura di parlare.
Il desiderio di giustizia
L'ultima tappa del nostro viaggio nei comuni coinvolti nella tragedia è Paliano. La città ha da poco salutato Willy per l'ultima volta. Qui il sentimento comune non è la rabbia, non è il silenzio ma il desiderio di giustizia.
Lo chiedono i suoi tanti amici che dopo averlo salutato per l'ultima volta hanno promesso che non si fermeranno fino a quando non sarà fatta giustizia.
Nessuno di loro vuole ancora parlare, sono troppo scossi. Paliano è avvolta nel dolore. La gente per strada, quando capisce che vogliamo parlare di quel ragazzo dal sorriso contagioso non trattiene le lacrime.
Qui lui e la sua famiglia erano conosciuti da tutti.
«Non era quello che diventa un bravo ragazzo soltanto da morto – dice una signora che lo ha conosciuto molto bene nell'Azione Cattolica, una famiglia profondamente credente quella di Willy – Lo era davvero. Era dolce, altruista e lo è stato anche a costo della vita. Speriamo nella giustizia terrena ma crediamo che sarà peggiore quella divina».
Anche Serena Montesanti ha un dolce ricordo di Willy: «Nel momento in cui sono venuta a conoscenza di questa notizia ho impressa un'immagine nella mente.
Quella di Willy piccolino, con la sorella e la mamma, che saliva ogni mattina sul pullman per andare a scuola, mentre io andavo a Colleferro per frequentare il liceo. La mamma scendeva qualche fermata prima per andare al lavoro e i bambini proseguivano il viaggio e sapevano quando dovevano scendere. Maturi, giudiziosi – racconta Serena – Willy era un ragazzo dolcissimo, aveva tantissimi amici che ora sono caduti in un dolore profondissimo. Tutta la nostra comunità è sconvolta».
Poi Serena indica un'immagine di Willy ritratta sul muro di una delle piazze della città. Un'artista l'ha donata a Paliano. È stata messa lì affinché il ricordo di Willy resti vivo di generazione in generazione». Paliano non vuole e non potrà mai dimenticare. Ora è il momento di combattere per la verità e perché chi ha commesso un crimine tanto efferato paghi. E i palianesi lo gridano a gran voce: «Non ci fermeremo, nemmeno quando si spegneranno i riflettori».
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