Cerca

La storia

Tazio Nuvolari il più veloce di tutti. Un grande pilota automobilistico

Il coraggio, le vittorie, gli incidenti. Il “Mantovano volante” è nato il 16 dicembre del 1892 e quest'anno ricorre il 130esimo anniversario dalla nascita

Il prossimo 16 novembre ricorrerà il 130° anniversario della nascita di colui che è generalmente riconosciuto come il più grande pilota automobilistico di tutti i tempi: Tazio Nuvolari. Sebbene stilare classifiche sportive non sia mai facile (e forse nemmeno troppo corretto), è infatti incontestabile che fu, per gli straordinari risultati che ottenne e per il coraggio che dimostrò in tutta la sua lunghissima carriera, un uomo davvero fuori dal comune, che scrisse la storia dello sport di ogni tempo. E non solo quella dell'automobilismo. Non tutti sanno infatti che, quando era ancora giovane, Nuvolari correva prevalentemente con le motociclette. Soprattutto le Bianchi, in sella alle quali, peraltro, vinse moltissimo. Il suo ardimento era stupefacente. Così come lo era anche la sua capacità di riuscire a sopportare il dolore.

Lui stesso rivelò ad esempio che una volta, mentre correva una gara motociclistica, «durante la corsa sbucciai un muretto che mi spezzò la falangina e la falangetta della mano sinistra. E, con quell'osso in fuori, sporgente dal guanto strappato come se fosse una bandierina, vinsi sotto la pioggia... nello scendere sentii i piedi sguazzarmi dentro le scarpe, come quando si va a caccia in palude. Quant'acqua, pensai. E invece era il sangue colato dalle ferite». Raccontò una volta la fidata moglie Carolina (che, ironia della sorte, morì nel 1981 investita da un'auto): «Nella sua carriera mio marito ebbe sette incidenti cosiddetti mortali. Ma se la cavò sempre. In ospedale lo ricucivano, lo ingessavano e gli ridavano la capacità di correre ancora. I sanitari che lo visitavano rimanevano stupiti davanti al suo corpo, alla reazione del suo organismo. Dicevano che era di proporzioni perfette, che ogni muscolo era come studiato e progettato per legarsi con un altro e diventare una sola armonia. Quando pilotava non c'era parte di lui che si muovesse a fatica... guariva anche dopo che era sembrato inguaribile. E accelerando i tempi... il segreto delle sue vittorie fu proprio quello di non arrendersi mai, di non cedere al destino. Non ho mai sentito Tazio lamentarsi». La leggenda di Nuvolari è tradizionalmente legata alla guida delle autovetture più prestigiose dell'epoca (Bugatti, Alfa Romeo, Ferrari), e alla (spesso vittoriosa) partecipazione a corse automobilistiche leggendarie in ogni parte del mondo (tra le tante, ad esempio, la "Targa Florio", la "Mille Miglia" e la "24 ore di Le Mans"). A rendere unico ed inimitabile Nuvolari, oltre ad un coraggio che è corretto definire ai limiti della follia, fu il suo stile di guida. A tal proposito Giovanni Battista Guidotti (che assieme a lui vinse la "Mille Miglia" del 1930), così una volta disse: «Tazio, che in motocicletta era un perfetto tradizionalista, in auto inventò – è il termine esatto – il nuovissimo sistema della guida oltre il limite, quella che comunemente si definisce la "scivolata controllata"... non guidava lungo o scomposto, ma con il busto molto arretrato... perché aveva le braccia lunghe e le gambe corte... non era altro che un perfetto, sincronizzato adattamento del corpo ai diversi assetti, presi di volta in volta dalla vettura».

Fu tuttavia Enzo Ferrari a descrivere meglio di altri, nel dettaglio, il suo incredibile modo di condurre un'auto da corsa: «Un giorno gli chiesi di portarmi a fare un giro a bordo dell'Alfa 1750 (che all'epoca era biposto, ndr) che la mia scuderia gli aveva dato... alla prima curva ebbi la sensazione che Tazio l'avesse presa sbagliata, e che saremmo finiti nel fosso. Mi sentii irrigidire nell'attesa dell'urto. Invece ci ritrovammo all'imbocco del rettilineo successivo con la macchina in linea. Lo guardai: il suo volto scavato era sereno, normale, non di chi è fortunosamente scampato ad un testacoda. Alla seconda e alla terza curva l'impressione si ripetè. Alla quarta o quinta cominciai a capire. Intanto, con l'occhio di traverso, avevo notato che per tutta la parabola Tazio
non sollevava il piede dall'acceleratore, e che anzi lo teneva a tavoletta... Nuvolari abbordava la curva alquanto prima di quello che l'istinto di pilota avrebbe dettato a me. Ma l'abbordava in una maniera inconsueta, puntando cioè, d'un colpo, il muso della macchina contro il margine interno, proprio nel punto dove la curva aveva inizio. A piede schiacciato, naturalmente con la giusta marcia ingranata prima di quella sua spaventevole "puntata", faceva così partire la macchina in derapage, sulle quattro ruote, sfruttando la spinta della forza centrifuga, tenendola con la forza traente delle ruote motrici. Per l'intero arco il muso della macchina sbarbava la cordonatura interna, quando la curva terminava e si apriva il rettifilo, la vettura si trovava già in posizione normale per proseguire diritta la corsa, senza necessità di correzioni... mi abituai ben presto a questo esercizio, vedendoglielo fare con tanta regolarità, ma ogni volta mi pareva di precipitare... quella manovra era possibile, allora, per due ragioni principali: le ruote non erano come adesso, indipendenti, e le gomme erano gonfiate a pressioni più alte. L'incredibile derapata poteva venire così determinata con una sola, calcolata sterzata iniziale. Nessuno riuscì a riprodurre la "curva" di Tazio Nuvolari. Molti si avvicinavano alla sua tecnica, provando e riprovando, ma nelle curve più dure finivano per sollevare il piede... Nessuno, ripeto, usava la tavoletta come Tazio. Probabilmente nessuno accoppiava come lui una così elevata sensibilità della macchina a un coraggio così disumano... più tardi, quando le sospensioni si fecero indipendenti e gli pneumatici si gonfiarono a pressioni medie, anche Nuvolari non potè più derapare in un modo tanto acrobatico... la sua tecnica rimase comunque fino all'ultimo un prodigio di istinto ai limiti delle possibilità umane e delle leggi fisiche».

Tazio Nuvolari morì l'11 agosto del 1953 e venne sepolto – come da sue precise volontà – con indosso la sua tenuta da gara: i pantaloni azzurri, una maglietta gialla con le sue iniziali, una tartaruga d'oro sul petto, un nastrino tricolore al collo, il caschetto bianco ed una cintura nera di coccodrillo che gli avevano regalato negli Stati Uniti subito dopo una grande vittoria. Il Daily Herald, il giorno dopo la sua scomparsa, scrisse: «È morto il più grande campione automobilistico di tutti i tempi».

Il regista Michelangelo Antonioni, per descriverlo, una volta affermò: «Per i giovani di allora, ed io ero tra questi, Nuvolari rappresentava il coraggio, un coraggio senza limiti. Fu il mito, l'irraggiungibile. Era un uomo che violentava la realtà e faceva cose che, alla luce del buonsenso, erano assurde». Forse proprio per questa sua incredibile capacità di riuscire ad arrivare dove gli altri non arrivavano, e di rendere possibile l'impossibile, Lucio Dalla, nella celebre e bellissima canzone a lui dedicata, cantava che «tre più tre, per lui, fa sempre sette»...

Edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione

Ultime dalla sezione