Spazio satira
Colpi di Testa
27.06.2021 - 18:00
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La lettura costituisce per me un grande piacere. Non solo perché attraverso di essa coltivo la recondita speranza di riuscire a colmare le mie innumerevoli lacune conoscitive (e, in alcuni casi, di astrarmi con successo dalla difficile realtà quotidiana), ma anche e soprattutto perché, sfogliando un buon libro, si riesce spesso anche a scandagliare a fondo il proprio animo.
Cosa che non fa mai male. Moltissimi intellettuali del lontano e del recente passato, del resto, hanno sostenuto che la lettura (ed i libri) siano strumenti indispensabili per riuscire a vivere un'esistenza piena, libera e felice. E molto probabilmente sono nella ragione.
Basterebbe infatti pensare in primo luogo a Marco Tullio Cicerone, il quale, in una delle sue "Epistolæ ad familiares", una volta ritenne opportuno scrivere: «Si hortum in bibliotheca habes, deerit nihil», e cioè, «Se avrai un orto vicino a una biblioteca, niente altro ti occorrerà». L'immagine è bellissima e probabilmente descrive ed individua bene quali siano – esclusi, ovviamente, gli affetti personali e gli aspetti emozionali – le cose più importanti e piacevoli dell'umana esistenza. Umberto Eco offrì una moderna interpretazione del brillante pensiero del grande avvocato arpinate, perché in un suo articolo affermò che «i libri sono i nostri vecchi. Non ce ne rendiamo conto, ma la nostra ricchezza rispetto all'analfabeta (o di chi, alfabeta, non legge) è che lui sta vivendo e vivrà solo la sua vita, e noi invece ne abbiamo vissuto moltissime». Questo è vero, anche se non è detto che per poter vivere bene ed in maniera utile e proficua sia per forza necessario divorare avidamente volumi su volumi, o diventare dei raffinati intellettuali.
Semmai soltanto che la lettura di qualche buon testo fa di noi – quasi sempre – delle persone "migliori". E se da un lato risulta difficile arrivare a pensarla come Sant'Agostino, che metteva in guardia da coloro i quali possedevano un solo libro, non può non ammettersi che una casa senza una libreria dà spesso l'idea di essere vuota, e che forse non aveva tutti i torti Vitaliano Brancati il quale, una volta, ebbe a dire: «Ciascuna persona ha sotto il braccio il libro che si merita». Forse non bisogna essere così intransigenti come il grande teologo algerino, o come il famoso scrittore siciliano, ma è fuori di dubbio che le preferenze letterarie di un individuo aiutano non di rado a rivelare alcuni aspetti della sua intima essenza.
Quando mi capita di incontrare in metropolitana, sul treno o in spiaggia qualcuno che sta leggendo, e riesco a scoprire il titolo del volume che ha tra le mani, provo sempre a farmi un'idea dei suoi gusti, dei suoi interessi ed in certi casi addirittura dei suoi orientamenti. E credo che spesso, le mie sensazioni, non vadano poi molto lontano dalla verità. Questo non vuol dire che una persona che stia leggendo il "Mein Kampf" di Adolf Hitler sia necessariamente un seguace dell'ideologia nazista, ma è probabile però che stia cercando di approfondire – magari per motivazioni molto meno esecrabili di quello che si pensi – la conoscenza di quelle deliranti teorie. Similmente potrebbe dirsi, a onor del vero, ed al contrario, per quei libri che noi abbiamo scelto di non leggere! Per tornare all'esempio di prima, quindi, non è detto che un convinto seguace delle teorie del Führer debba aver necessariamente "divorato" il suo scellerato manifesto politico! A tal proposito, una curiosità.
Tempo fa, ad alcuni famosi "intellettuali", venne chiesto quali famosi capolavori della letteratura mondiale, nonostante il loro alto livello culturale, non avessero mai letto. I risultati furono sorprendenti, perché molti di loro ammisero candidamente di non essersi dedicati a sfogliare le pagine immortali delle opere di alcuni dei più grandi scrittori della letteratura mondiale di ogni tempo. Su tale questione lo stesso Umberto Eco disse la sua, ed infatti scrisse che «i lettori comuni vivono sempre nell'angoscia di non aver letto qualcosa che, secondo la voce comune, è essenziale avere letto; e scoprire che tanti nomi illustri confessano carenze abissali non poteva che confortarli… ebbene vorrei tranquillizzarli…aggiungendo che se io avessi dovuto rispondere a quella domanda avrei strabiliato me stesso elencando le opere immortali con le quali non ho mai avuto commercio di amorosi sensi…».
Il grande scrittore piemontese spiegò le motivazioni di tante sue "mancate letture". Non era, il suo, soltanto un problema di scelte e di gusti. Semmai anche – e soprattutto – di tempi. Si chiese infatti Eco: «Quanto tempo ci vuole per leggere un libro? Parlando sempre dal punto di vista del lettore comune, che dedica alla lettura solo alcune ore del giorno, azzarderei, per un'opera di medio volume, almeno quattro giorni.
È vero che per leggere Proust o San Tommaso occorrono mesi, ma ci sono capolavori che si leggono in un giorno… nessuno, pertanto, può aver letto o leggere tutte le opere che contano… si rassicurino i lettori… essere colti non significa ricordare tutte le nozioni, ma sapere dove andare a cercare… si può essere colti sia avendo letto dieci libri che dieci volte lo stesso libro.
Dovrebbero preoccuparsi solo coloro che di libri non ne leggono mai. Ma proprio per questa ragione essi sono gli unici che non avranno mai preoccupazioni di questo genere…». In realtà ciò che ci deve spingere alla lettura non deve essere il mero e limitante obiettivo di diventare "colti". Semmai la convinzione che, come diceva saggiamente Plinio il Vecchio, «non c'è libro tanto cattivo che in qualche sua parte non possa giovare». E questo è verissimo…
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