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Colpi di Testa

La pandemia, la paura e il 'senso del respiro': una raccolta di riflessioni 'vip'

Scrittori, sportivi, attori, scienziati, filosofi. Le loro impressioni raccolte in un volume da Luciano Minerva e Ilaria Drago

La pandemia che ha sconvolto il mondo ha purtroppo lasciato strascichi terribili. Non solo ha provocato la morte di milioni di persone, ha stravolto l'intera rete dei rapporti sociali ed interpersonali, ed ha intaccato in maniera sostanziale il sistema economico mondiale, ma ha anche "lasciato in eredità", all'intera umanità, un diffuso senso di insicurezza; che, come tutti noi ben sappiamo, ha inciso in maniera notevole su molti dei nostri quotidiani comportamenti. Provate infatti a pensare ad esempio in che modo il timore del contagio ha influito su una delle nostre principali azioni fisiologiche: respirare. Ancora oggi viviamo con la paura di non poterlo più fare senza fatica (a causa dei problemi polmonari che il virus, nei casi più gravi, purtroppo comporta); ma anche con la paura addirittura di farlo (perché magari temiamo che, vicino a noi, potrebbero esserci persone infette).

Respiriamo quasi sempre in modo involontario, e ci rendiamo perfettamente conto che proprio quell'impercettibile meccanismo polmonare è, di fatto, il "motore"della nostra stessa esistenza. Qualcuno si è preso la briga di stilare addirittura una sorta di decalogo dedicato alla pulsione primaria della vita, opportunamente evidenziando che «tutto ciò che vive, respira. Ogni singola cellula di ogni essere ha bisogno dell'aria, vive grazie ad essa e in simbiosi con tutte le altre, in un unico organismo. Così è per tutti noi, esseri connessi, grazie al respiro, con gli altri e con la natura di cui siamo parte». Luciano Minerva e Ilaria Drago, ben consapevoli che questa nostra fondamentale azione fisiologica meritava un adeguato omaggio, hanno deciso di raccogliere, in un interessante volume intitolato "Il senso del respiro" (Castelvecchi Editore, 180 pagine), le impressioni, le confessioni e le riflessioni di un folto gruppo di persone (alcune delle quali famose anche al grande pubblico), su questo insolito argomento.

Ne è venuta fuori una sorta di "fotografia corale" a più voci (di ricercatori, scrittori, sportivi, musicisti, attori, filosofi e scienziati), su un'azione fisiologica che diamo tutti per scontata come un semplice battito di ciglia, ma non lo è affatto. E sulla quale la pandemia ha inevitabilmente indotto a riflettere attentamente. Sin dall'introduzione dell'antologia si comprende perfettamente il fulcro dell'intero progetto editoriale: «...quei ventimila e più respiri che facciamo ogni giorno senza farci caso sono l'elemento base della vita, insieme ai centomila battiti del cuore. Non possiamo dare per scontati né gli uni né gli altri, dobbiamo onorarli al meglio, momento per momento, giorno dopo giorno...questo libro, un caleidoscopio delle voci più diverse, è nato su iniziativa di persone affini...abbiamo proposto loro di esprimersi con piena libertà nella scelta degli argomenti, della forma narrativa, della lunghezza degli interventi...in tutti si avverte una forte partecipazione emotiva, una scrittura che viene direttamente dal cuore, senza troppe mediazioni mentali o culturali.

In molti dei racconti, tutti personali ed originali, si scopre che spesso l'importanza del respiro si comprende quando all'improvviso viene a mancare, o quando in qualche forma ne veniamo limitati, come è successo nel lungo periodo in cui abbiamo dovuto rinunciare all'aria aperta e al contatto con la natura». Tra i numerosi "racconti"contenuti nell'antologia, alcuni ci hanno colpito particolarmente. Ad esempio, il grande musicista Paolo Fresu – che lavora proprio grazie alla modulazione del suo respiro – ha ritenuto giusto rievocare il momento esatto in cui esso animò il suono della sua prima tromba: «Fu un cataclisma emotivo, ed ebbi un sussulto che mai dimenticherò. L'impressione era che quel suono fosse uscito da me con un'anima sconosciuta, e avesse riempito la mia vita grazie ad un soffio vitale. È in quel momento che la mia vita è cambiata. È quel soffio che mi ha dato la forza di cercare altri soffi e respiri che mai bastano, e che da tanti anni mi istigano ogni giorno verso una ricerca del conosciuto e dello sconosciuto». Erri De Luca, a sua volta, descrive invece il respiro partendo dal momento in cui una persona viene al mondo, e infatti così scrive: «È il vento che all'atto di nascita irrompe da fuori nei polmoni chiusi del neonato, glieli forza, asciuga e così avvia lo stantuffo del respiro all'aria aperta. Quel vento impetuoso che spaventa il neonato e gli procura il pianto, quel vento è dono ricevuto. Il morente lo sta restituendo...il mio vento: tra i tanti che spostano le nuvole, le onde, le dune del deserto, ce n'è uno che mi è stato assegnato uscendo dal grembo.

Da quel momento ha vegliato in ogni istante, e perciò lo dico mio, come potrebbe esserlo un tramonto visto da solo sopra una cima di montagna. "Mio"come posso dire di mio padre, senza nessun possesso, un caso genitivo». La cantautrice Cristina Donà, invece, sostiene che «cantare è come guardare negli occhi il respiro, e quindi me stessa, quella vera»; poi, opportunamente, evidenzia che «esso registra i nostri stati d'animo, segue le nostre emozioni, si piega su se stesso, si fa piccolo, corto, affannoso e disteso, sereno, quasi sempre senza che ce ne accorgiamo», ed infine, tornando col pensiero ai momenti più bui del lockdown totale dello scorso anno, rammenta che «...quell'azione vitale si è sospesa, circoscritta in una mascherina o nell'apnea che cercava di evitare il contagio». Il fotografo Vincenzo Cottinelli ha invece argutamente rilevato che il respiro è stato l'involontario artefice di una vera e propria rivoluzione del suo bellissimo lavoro.
Fino a qualche decennio fa, qualsiasi scatto doveva infatti essere per forza il frutto di un'immagine perfettamente ferma, di un respiro sospeso, trattenuto, controllato. Col tempo, invece, l'arte fotografica si è resa disponibile all'arte "del mosso", rendendo accettabili anche immagini sfocate e meno definite, che in alcuni casi esaltano mirabilmente il movimento; cosa che, in fondo, forse costituisce una più aderente rappresentazione della realtà. Tra i contributi letterari più toccanti del libro segnaliamo volentieri quello di Marta Foggini, anestesista veronese, la quale ha descritto alcuni degli aspetti più delicati del suo difficile lavoro: «In ospedale sono molti i momenti che ti fanno perdere il fiato: un'intubazione difficile in un paziente obeso faticoso da ventilare, l'ingresso in pronto soccorso di un politrauma in cui devi capire le priorità, un bimbo con un trauma cranico in cui non riesci a incanalare un accesso venoso...in pochi istanti devi prendere una decisione e agire, adoperarti nell'immediato per salvare una vita, istanti che si dilatano nella tua mente, ma che fuori scorrono in fretta».

Proviamo ad immaginarli, quei momenti. Dove tutto corre al limite tra la speranza e la fine. Proviamo ad immaginare quale tremenda pressione emotiva squassa l'animo di un medico in piena attività, magari alle prese con un caso disperato. Non deve essere facile. Anzi, non lo è affatto; perché certe volte, purtroppo, il destino di una persona è appeso al filo sottilissimo di un battito di cuore. O di un semplice respiro. Non dimentichiamolo mai.

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