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Colpi di Testa

"Lo scorpione dorato": il coraggio delle donne e la tragedia del popolo curdo

I destini di Chiara e Beyan s'intrecciano per caso. Da poco pubblicato questo volume, secondo romanzo della scrittrice romana Marika Campeti

Dopo il successo del suo primo romanzo, intitolato "Il segreto di Vicolo delle Belle", la scrittrice romana Marika Campeti torna in libreria con il suo nuovo libro, "Lo scorpione dorato", da poco pubblicato per la casa editrice "Augh!" (308 pagine). Anche stavolta ad essere protagonista dell'intricata storia (che si svolge tra Roma, Bracciano, Milano ed il Medio Oriente) è l'universo femminile in tutte le sue sfaccettature.
Rappresentato e descritto soprattutto attraverso due personaggi molto diversi tra di loro: Chiara, giovane donna la quale, dopo essere rimasta sconvolta da un grave lutto familiare ed alle prese con una profonda crisi coniugale, prova a rimettere in discussione tutta la sua vita, entrando a far parte di un'associazione umanitaria e decidendo di partire verso la lontana Siria per alleviare le sofferenze dei bambini orfani di guerra, abbandonati e senza futuro. E Beyan, giovane profuga curda, che oltre a dover convivere con fatica con la sua disabilità, porta dentro la sua anima ingenua un passato fatto di abusi ed indifferenza.

I loro destini finiranno per intrecciarsi dando vita ad una storia – struggente e lirica – basata soprattutto sul coraggio; elemento che alla fine, seppur in modo totalmente diverso, consentirà alle due protagoniste di alleviare il peso dei ricordi e di esorcizzare in qualche modo i rispettivi, sanguinosi dolori dell'animo. L'autrice capitolina riesce ad affrontare abilmente le tematiche piuttosto spinose che costituiscono l'intricata ossatura della storia narrata, accompagnando il lettore in un universo poco conosciuto (quello dei campi profughi mediorientali), ed affrontando tematiche non facili da raccontare (ad esempio quello delle violenze sessuali e della depressione). Il risultato è un romanzo che trova motivi di interesse anche nello stile letterario utilizzato, non di rado impreziosito da frasi, immagini e descrizioni efficaci e centrate.

E che scava bene nell'intimo dei numerosi personaggi che animano la trama («cerca tra le trame del cotone della maglia una traccia del profumo di sua figlia, ma è scomparso, scivolato via nello scarico di chissà quante lavatrici, sepolto dal sentore chimico del detersivo alla lavanda...tutto è confuso, tranne la tua assenza, quella è tangibile, ogni giorno. Mi hanno spiegato che il dolore non passa, ma si trasforma. Si trasforma in un compagno quotidiano, mi ci sveglio al mattino e lo trovo abbracciato a me sotto le lenzuola prima di chiudere gli occhi. Ci si fa l'abitudine dicono, a convivere con il dolore. È vero. È vero. Non è che non faccia più male, diventa sopportabile perché lo accetti come qualcosa di tuo. Il dolore è mio, mi ci vesto ogni giorno, ha il colore dei miei jeans e l'odore del mio deodorante. Lo allaccio insieme alle scarpe da ginnastica per legarlo a me, non voglio perderlo.

Fa così parte di me che ho imparato a conviverci e quando sorrido, quando mi diverto un po', perché sai Serena, accade a volte anche che io possa ridere un po'e distrarmi, allora mi manca, come mi manchi tu»).
Ad aiutare la Campeti a condire la storia contribuisce certamente un'ambientazione geografica affascinante (soprattutto Istanbul, con i suoi profumi di spezie, i suoni avvolgenti, i colori vivaci dei mercati, le sue contraddizioni), descritta spesso con dovizia di particolari, e con evidente trasporto personale: «Il muezzin iniziò la chiamata e la sua voce cantilenante rafforzata dall'eco dell'altoparlante le fece venire la pelle d'oca. Il silenzio scese tutt'intorno come per magia, anche il vento che soffiava tra i cespugli si era placato, e le persone che passeggiavano nel giardino si erano fermate guardando in alto...la pace era entrata nel suo cuore.

Si sentiva sempre così ogni volta che il suo sguardo si perdeva oltre i minareti, solcando il cielo carico delle emozioni che Istanbul le regalava prima del tramonto...
Chiara non ha mai visto stelle del genere, non è vero che i cieli sono tutti uguali, quel cielo è diverso».
L'autrice, inoltre, condisce abilmente la sua narrazione con descrizioni sensuali che stuzzicano e che non lasciano molto spazio all'immaginazione («...Chiara trema leggermente, quella piacevole tortura le provoca piccole scariche di piacere che le arrivano dritte alla fronte, con onde di colore concentrico...un sussurro strozzato in gola, l'inarcare del bacino che tradisce il suo piacere...»). Al termine del racconto la Campeti trova anche il modo di rammentare al lettore il suo forte legame con la terra pontina, ed in particolare con Terracina.

Fa infatti accenno alla dolorosa ferita causata dalla tromba d'aria del 29 ottobre del 2018, che devastò la città provocando vittime e danni, e sradicando anche i famosi pini di Viale della Vittoria. Nella postfazione del romanzo, infine, viene spiegata l'origine del legame esistente tra la finzione narrativa descritta nel suo romanzo e la cruda realtà che da anni si vive nel territorio siriano dilaniato dalla guerra civile. Inoltre, a coloro che intendessero rendersi meglio conto della drammatica situazione nella quale vivono le popolazioni di quella martoriata terra, ed in particolare modo i bambini ai quali il conflitto ha strappato il futuro e la speranza, si invita a visitare il sito supportandsustainchildren.org.

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