Spazio satira
Fallimento Italia ai Mondiali
Fabrizio Donato dice la sua
01.09.2015 - 12:52
Ci vuole coraggio anche a star fuori e a ben guardare cosa hanno combinato i suoi compagni di squadra la scelta è ancor più apprezzabile.
Fabrizio Donato, già capitano della nazionale azzurra di atletica leggera, a Pechino non è andato. In poltrona si soffre più che in pedana, specie se gli azzurri non ti danno un solo motivo per sorridere.
«E' una spedizione fallimentare, c'è poco da dire. Perché mai ci siano state controprestazioni in quasi tutte le gare non è semplice da spiegare. Credo che a questo punto ci si debba mettere a tavolino e cercare soluzioni adeguate. Purtroppo il mondo non è l'Europa, c'è molta distanza da colmare, essere competitivi nel vecchio continente non equivale ad esserlo in competizioni mondiali.
Resta però il problema che nell'appuntamento clou della stagione bisogna quantomeno avvicinare il proprio migliore, lo stagional best, e nel nostro caso questo non è avvenuto».
Soluzioni?
«Personalmente ritengo che ci si debba affidare ad una preparazione che non sia figlia di un concetto base intoccabile. Faccio un esempio: se il professor Vittori conosceva la giusta metodologia per consentire a Pietro Mennea di arrivare sempre al massimo della forma nell'appuntamento più importante dell'anno, non è detto che la stessa metodologia sia valida per tutti. Bisogna studiare caso per caso. Credo in tutta sincerità che non ci siano tanti tecnici preparati e comincio a pensare che forse chi non è stato un atleta di vertice faccia fatica a diventare un tecnico di grande qualità. Certe sensazioni devi averle vissute in gara se poi vuoi trasferirle correttamente a qualcuno».
Un quarto posto nella maratona e poi poco altro. Siamo davvero così poco competitivi?
«Non credo che siamo così distanti dagli altri. Le defezioni dell'ultimora di Alessia Trost e del sottoscritto, e quella in extremis di Fassinotti, hanno privato la squadra di alcune punte che sarebbero state forse utili a salvare il bilancio. Dobbiamo però programmare molto meglio, perché quantomeno si deve arrivare a dare il massimo nel giorno più importante».
Mentre noi siamo un po' fermi il mondo corre. Il Kenia stupisce, non più limitatamente al mezzofondo e alla maratona, che anzi è stata l'unica gara fallita dai keniani, ma anche in altre specialità. Stupito?
«Un po' sì. Fin quando i corridori del Kenia dominano il campo nelle distanze lunghe e nelle siepi c'è davvero poco di strano, ma quando cominciano a vincere il giavellotto e ad essere competitivi anche nella velocità prolungata qualche motivo di riflessione c'è. Nessuno vuole pensar male per atteggiamento, ma certo non dovrebbero avere una scuola così valida nei concorsi e nella velocità».
Il mondiale di Eaton o di Bolt. Chi è il personaggio principe per Fabrizio Donato?
«Dico Eaton, perché ha fatto qualcosa di davvero mostruoso. Correre il giro di pista in 45”00 e poi realizzare il personale sui 1500 dopo aver compiuto nove fatiche, è qualcosa di straordinario. Naturalmente il decathlon ha meno visibilità delle gare di velocità ed è normale che Bolt sia più personaggio. Però io voto per Eaton come uomo simbolo».
E veniamo alla tua gara. Superprestazione di Taylor, ma anche Pichardo non è rimasto a guardare. Quanto hai sofferto nel non gareggiare?
«È complicato stare a guardare, specie quando, come stava accadendo fino al quinto salto, chi gareggia non salta tantissimo, visto che il bronzo si vinceva a 17,20. Ha tirato un sospiro di sollievo quando ho visto cosa hanno fatto Taylor e Pichardo all'ultimo salto. Di Taylor devo dire che pur avendo forse meno talento e meno potenzialità atletiche rispetto a Pichardo, ha il merito di non fallire mai gli apuntamenti importanti. Il suo 18,21 non credo abbia bisogno di ulteriori commenti. Dovremmo riuscire anche noi a trovare questa capacità di arrivare sempre al top nel momento giusto. Se ci riescono gli altri, dobbiamo riuscirci anche noi. Certo, i miei avversari stanno saltando molto ed in prospettiva Rio è preoccupante. Però una promessa posso farvela: se andrò in Brasile sarà per arrivare nei primi otto e non certo per una semplice partecipazione».
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