Attori per passione
12.11.2025 - 18:00
La compagnia “I commedianti del cilindro” di Broccostella
Nella puntata della scorsa settimana avevo raccontato delle esperienze teatrali del regista, autore e attore alatrese Sandro Morato e de “I Viandanti”, il gruppo teatrale che aveva fondato a metà degli anni Settanta. Avevo anche precisato che l’estetica teatrale delle neoavanguardie, affermatesi appunto nella seconda metà del secolo scorso, fosse portata alla ribalta da gruppi e formazioni che agivano nelle grandi città quanto in quelle più piccole. Tuttavia, specie nei territori di provincia, assolutamente non trascurabili sono le esperienze di quello che possiamo definire “teatro amatoriale”. Il termine “amatoriale”, nella vulgata popolare, viene spesso assunto in un’accezione che, se non è negativa, implica per lo più il riferimento ad un tipo di teatro di basso livello, scadente, realizzato da persone senza una particolare preparazione professionale.
In realtà, pur prescindendo dal fatto che gran parte degli attori professionisti (anche quelli più famosi) hanno sempre cominciato in un ambito amatoriale (magari oratoriale o scolastico), il teatro amatoriale è semplicemente un teatro fatto da persone che non vivono dell’attività di attori, cioè non sono professionisti (cosa che per secoli è stata la regola dell’organizzazione teatrale: recitavano chierici, convittori, nobili, che ovviamente non erano attori di professione). Ciò non vuol dire che nella vasta galassia dell’amatorialità (appunto chi lo fa è un “amatore” del teatro e ne trae diletto senza pretese o ricadute di tipo economico) non si possano trovare spettacoli di buon livello, discreta preparazione attoriale e invenzioni sceniche che nulla hanno da invidiare al teatro professionale.
Insomma, da un lato le compagnie che portano avanti un discorso di teatro amatoriale sono un presidio di resistenza verso quella mercificazione e commercializzazione dello spettacolo inevitabilmente insita nel teatro professionale; da un altro lato consentono a chi vuole approcciarsi al mondo dell’arte scenica di farlo senza un particolare investimento di tempo e denaro e senza un fine particolare oltre quello del diletto. Una particolare declinazione del teatro amatoriale la troviamo in quello che viene organizzato, promosso e fruito nei territori dell’Alta Terra di Lavoro. Dal punto di vista socio-culturale si tratta di un territorio particolarmente coeso, cosa che discende anche dalla posizione geografica dell’Alta Terra di Lavoro, che almeno fino ai primi anni Sessanta era “naturalmente” isolata anche dal resto della provincia. Il particolare “status” geografico ha fatto sì che le singole realtà comunali, pur senza rinunciare alle specificità individuali, abbiano dovuto fare di necessità virtù, intessendo incessantemente rapporti di collaborazione e di scambio tra di loro.
Questa dimensione di condivisione tra le varie realtà comunali ha inevitabilmente coinvolto anche i gruppi di teatro amatoriale, che, pur sorti qua e là, hanno sempre avuto presente un orizzonte geografico più ampio che comprendesse l’intero territorio. Questa dimensione per così dire “allargata” del fenomeno del teatro amatoriale ha fatto sì che si determinassero delle condizioni molto favorevoli alla nascita di spettacoli, festival, scambi culturali tra tutti coloro che operano nel settore del teatro amatoriale. Non è un caso, per esempio, che il più delle volte il sostegno economico per l’organizzazione di rassegne o singole messinscena provenga direttamente dalle casse comunali. Una simile organizzazione, a ben riflettere, ha determinato il sorgere di un sistema, che in piccolo riproduce i meccanismi del teatro professionale (ancorché senza farne propria l’economia che lo sostiene): in tal modo, garantite dall’aiuto pubblico, le compagnie possono creare spettacoli di un certo interesse (e soprattutto con una libertà talvolta quasi totale e assoluta), soddisfacendo il gusto delle masse popolari (si badi che nella stragrande maggioranza dei casi l’ingresso è gratuito); gli spettacoli poi vengono portati in giro nelle cittadine circostanti (in ognuna delle quali esiste una sala teatrale o una piazza atta ad ospitare teatro), in uno proficuo scambio di esperienze; e non a caso in una compagnia della città X reciteranno anche cittadini dei paesi limitrofi e viceversa.
Trattandosi di un territorio storicamente legato al Regno delle due Sicilie, le compagnie di questa terra generalmente propongono rivisitazioni del teatro di Scarpetta o di Eduardo De Filippo, riuscendo il più delle volte a modulare la cadenza partenopea con buona verosimiglianza. Ma non si disdegnano il confronto con i classici dell’antichità (Plauto e Aristofane), o del grande teatro pirandelliano, goldoniano o shakespeariano, o altre prove nate da drammaturgie originali. Una decina abbondante di anni fa, parte di queste compagnie diede vita al sodalizio della “Federazione Teatrale Volsca”, alla quale si associarono diversi gruppi: “I matti per caso” di Fontana Liri; “I commedianti del cilindro” di Broccostella; “Nuova compagnia delle arti” di Gallinaro; “I guitti dissidenti” di Sora; “Scacciapensieri” di Rocca d’Arce; “Ex machina teatro” di Atina; “Filodrammatica D’Annunzio” di Alvito. Ad alcuni di questi gruppi, ma anche ad altri altrettanto attivi e radicati sul territorio, come l’isolana “La valigia di Prospero”, dedicherò dei focus in puntate future. Nel frattempo, per chi volesse saperne di più consiglio la lettura dell’ottimo articolo di Piergiorgio Sperduti, “Teatri nell’Alta Terra di Lavoro”, apparso sul numero 33 del 2012 della rivista “Teatro e Storia”.
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