Il 25 marzo 2025, una data che Michel Platini difficilmente dimenticherà. Dopo anni di battaglie legali, accuse infamanti e un allontanamento forzato dal mondo del calcio, l’ex stella della Juventus e presidente della UEFA è stato assolto in appello dalla Corte straordinaria del Tribunale penale federale svizzero, riunita a Muttenz. Insieme a lui, anche Sepp Blatter, ex numero uno della FIFA, è stato scagionato dalle accuse di frode che avevano segnato le loro carriere e reputations negli ultimi dieci anni. Una sentenza che non solo mette fine a un lungo calvario giudiziario, ma che riapre il dibattito sul potere, la politica e la giustizia nel mondo del calcio.
Le origini del caso
Tutto ha inizio nel 2015, quando Platini, allora presidente della UEFA e candidato favorito alla successione di Blatter alla guida della FIFA, viene travolto da uno scandalo legato a un pagamento di 2 milioni di franchi svizzeri ricevuto nel 2011 dall’allora presidente FIFA. Secondo l’accusa, quel denaro rappresentava una transazione illecita, priva di basi contrattuali solide, con l’ipotesi che fosse un tentativo di Blatter di garantirsi il sostegno politico di Platini nella corsa alla rielezione. Le indagini, avviate dalla magistratura svizzera, portano a una sospensione immediata di entrambi da parte del Comitato Etico della FIFA, seguita da una squalifica iniziale di otto anni, poi ridotta a sei.
Platini e Blatter hanno sempre sostenuto che il pagamento fosse legittimo, frutto di un “gentlemen’s agreement” stipulato nel 1998, quando l’ex calciatore francese lavorava come consulente tecnico per la FIFA. Secondo la loro versione, la somma era un compenso differito per quel lavoro, posticipato a causa delle difficoltà finanziarie della federazione all’epoca. Una spiegazione che, per anni, non ha convinto né la FIFA né la procura svizzera, che nel 2022 aveva chiesto 20 mesi di detenzione con sospensione condizionale per entrambi.
L’assoluzione: un verdetto atteso e contestato
La prima assoluzione arriva nel luglio 2022 dal Tribunale penale federale di Bellinzona. I giudici, accogliendo la tesi difensiva, ritengono credibile l’esistenza di un accordo verbale e scagionano i due ex dirigenti dalle accuse di truffa e appropriazione indebita. Ma la procura svizzera non si arrende e impugna la sentenza, portando il caso in appello. Oggi, a distanza di quasi tre anni, la Corte di Muttenz ha confermato il verdetto di primo grado, chiudendo definitivamente la vicenda giudiziaria.
Per Platini, questa assoluzione rappresenta molto più di una vittoria legale. È la fine di un incubo che lo ha visto passare da icona del calcio mondiale – tre volte Pallone d’Oro, leggenda della Francia e della Juventus – a “paria”, come lui stesso si era definito dopo la sentenza di primo grado. «Credetemi, passare a 65 anni allo status di escluso è molto difficile da vivere, soprattutto quando è ingiusto» aveva dichiarato nel 2022. Oggi, a 69 anni, Le Roi può finalmente guardare avanti, anche se il suo ritorno al calcio sembra improbabile.
Un’eredità offuscata
Nonostante l’assoluzione, il caso Platini-Blatter lascia un’ombra sul loro lascito. Platini, che aveva rivoluzionato la UEFA con l’introduzione del Fair Play Finanziario e l’espansione degli Europei, ha visto la sua carriera dirigenziale interrotta bruscamente. Blatter, al timone della FIFA per 17 anni, è stato costretto a dimettersi nel 2015, travolto non solo da questo scandalo ma anche da altre accuse di corruzione legate all’assegnazione dei Mondiali in Russia e Qatar.
La vicenda ha anche alimentato il sospetto di una “caccia alle streghe”, come definita da Blatter, orchestrata da chi, all’interno del calcio mondiale, vedeva in Platini una minaccia al potere consolidato. Lo stesso ex numero 10 juventino ha più volte suggerito che il processo fosse un’operazione per screditarlo e impedirgli di prendere le redini della FIFA.
Il futuro di Platini e il calcio mondiale
Oggi Platini vive a Cassis, sulla Costa Azzurra, lontano dai riflettori del calcio. Proprietario di un hotel-ristorante con vista sul porto, sembra aver chiuso con il mondo che lo ha reso grande. In una recente intervista al Corriere della Sera, ha espresso disillusione verso le istituzioni calcistiche, definendo Infantino e Aleksander Čeferin, attuale presidente UEFA, “nessuno”. Un segnale chiaro: il suo tempo nel calcio è finito, ma non il suo orgoglio.
L’assoluzione di Michel Platini non cancella le cicatrici di un decennio di accuse e sospetti, ma restituisce dignità a un uomo che ha segnato la storia del calcio, in campo e fuori. Resta da chiedersi se il mondo del pallone, spesso guidato più da interessi politici che dalla passione sportiva, abbia perso per sempre una delle sue figure più carismatiche. Per ora, Le Roi può godersi la sua vittoria più difficile: quella contro un sistema che, almeno stavolta, non è riuscito a piegarlo.