Spazio satira
Politica
13.03.2025 - 12:16
Il segretario del Partito Democratico Elly Schlein a Frosinone FOTO SIMONE DESIATO
È proprio il caso di dire che “se Atene piange, Sparta non ride”. Partiti italiani in ordine sparso all’Europarlamento. Ieri è stata approvata in seduta plenaria la risoluzione sulla difesa europea che «accoglie con favore» il piano ReArm Europe proposto la scorsa settimana dalla Commissione. Il testo è passato con 419 sì, 204 no e 46 astenuti. Il fronte della spaccatura è stato trasversale. Sul versante della maggioranza di centrodestra, voto favorevole di Fratelli d’Italia e Forza Italia. Contrario della Lega. Per quanto riguarda l’opposizione, no del Movimento Cinque Stelle e della delegazione di Alleanza Verdi e Sinistra. Mentre il Pd è riuscito nell’impresa di spaccarsi al proprio interno: 11 eurodeputati astenuti e 10 a favore. Nessuno contrario certo. Ma non può essere certo una consolazione.
Il tema in discussione
Stiamo parlando del Libro Bianco sul futuro della difesa europea che invita l’Ue ad agire con urgenza per garantire la propria sicurezza, chiedendo che le risposte ai rischi esterni siano «simili a quelle in tempo di guerra». L’Europarlamento sottolinea che l’Ue è adesso il principale alleato di Kiev in seguito «all’apparente cambio di posizione degli Usa sulla guerra di aggressione della Russia». Nel testo viene criticata fortemente «la politica dell’Amministrazione Usa di riappacificarsi con la Russia» e si chiede di «aumentare in modo significativo il sostegno militare a Kiev». Il testo accoglie altresì la dichiarazione congiunta dell’Ucraina e degli Usa a Gedda, e la ripresa dell’assistenza militare e della condivisione di intelligence degli Usa con Kiev. Ma è proprio il tema del riarmo a spaccare in maniera forte e irrimediabile la politica italiana.
Spezzatino Democrat
Quanto successo nel Partito Democratico, però, va perfino oltre le divisioni che si sono registrate nelle coalizioni di centrodestra e di centrosinistra. Perché parliamo di profonde distanze interne. Peraltro su un argomento destinato a dominare sia il dibattito internazionale che nazionale. Hanno votato a favore del piano ReArm Europe Stefano Bonaccini, Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli, Raffaele Topo. Mentre invece si sono astenuti Lucia Annunziata, Brando Benifei, Annalisa Corrado, Camilla Laureti, Dario Nardella, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Cecilia Strada, Marco Tarquinio, Alessandro Zan e il capodelegazione Nicola Zingaretti. Impossibile fare finta di nulla. Anche perché ogni volta che si affronta il tema del riarmo il principale partito della sinistra italiana mostra evidenti (e preoccupanti) segnali di divisione profonda.
Elly Schlein, subito dopo la presentazione del Piano da parte di Ursula Von der Leyen, aveva detto: «Così non ci stiamo». La segreteria nazionale del partito era stata chiara nel chiedere un progetto di coordinamento a livello europeo e non legato all’iniziativa dei singoli Stati. Ma il voto di ieri ha messo in evidenza che metà del partito ha preferito seguire la linea del riarmo di Palazzo Berlaymont e non quella della sua segretaria. Ha affermato Elly Schlein: «All’Europa serve la difesa comune, non la corsa al riarmo dei singoli Stati. Al Parlamento si votava una risoluzione sulla difesa comune, con molti punti che condividiamo, ma la risoluzione dava anche appoggio al piano RearmEu proposto da Ursula Von der Leyen, cui abbiamo avanzato e confermiamo molte critiche proprio perché agevola il riarmo dei singoli Stati facendo debito nazionale, ma non contribuisce alla difesa comune e anzi rischia di ritardarla. Quel piano va cambiato». E ancora: «All’Unione europea serve una svolta di integrazione politica e di investimenti comuni. Per un piano industriale, sociale, ambientale, digitale e per la difesa comune, ma non solo e non a scapito del sociale e della coesione. Occorre aumentare capacità industriale e coordinamento, con l’orizzonte federalista di un esercito comune al servizio di una politica estera comune e di un progetto di pace. Obiettivi per cui continueremo a impegnarci ogni giorno». Il punto è che mai come in questo momento la stabilità dei Governi si misura sulla politica estera. A differenza degli altri partiti, che hanno votato in maniera compatta, il Pd si è ancora una volta clamorosamente spaccato. A dimostrazione del peso (ma pure delle contraddizioni) delle diverse “correnti” al proprio interno. Certamente non può passare inosservato che Elly Schlein e Dario Franceschini la pensino in un modo, mentre Paolo Gentiloni e Stefano Bonaccini in maniera diametralmente opposta. Ed è evidente che tutto questo alla fine si riverbera inevitabilmente sulle dinamiche territoriali del partito.
Proprio perché l’impostazione correntizia rimane prevalente. Un discorso che riguarda altresì le province di Frosinone e di Latina. Nelle quali i Democrat devono fronteggiare un centrodestra molto forte e radicato. Va tenuto presente un altro elemento: la politica delle alleanze non è certamente quella degli anni passati. Inoltre sui temi del riarmo, e della guerra più in generale, il Pd viene sistematicamente scavalcato a sinistra dal Movimento Cinque Stelle. Oltre che da Alleanza Verdi e Sinistra. Elly Schlein nella sua linea di possibile mediazione aveva indicato la scelta dell’astensione. Ma l’hanno seguita in 11. Mentre 10 hanno votato a favore. Il punto politico è che nel partito sia la minoranza riformista che una parte della maggioranza chiedono da tempo una discussione a tutto campo. E corale. C’è chi parla ormai apertamente di “cerchio magico”. Mentre i fedelissimi della Schlein ritengono che tutto questo sia finalizzato a sbarrare alla segretaria la strada per la candidatura a premier. Il clima è questo. Il Pci di Enrico Berlinguer era un partito “di lotta e di governo” capace di condizionare le scelte del Paese stando all’opposizione. Il Pd attuale sembra fotografare la celebre frase di Nanni Moretti: «Io credo nelle persone, però non credo nella maggioranza delle persone. Mi sa che mi troverò sempre a mio agio e d’accordo con una minoranza». Complicato accreditarsi come forza di governo con le “correnti” in ordine sparso. E l’una contro l’altra armata. Come i secoli del Manzoni.
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