Cassino
14.07.2025 - 14:00
L’ingresso due dello stabilimento
La “freddezza” dei numeri legati alla produzione fa il paio con il lavoro a singhiozzo che coinvolge gli operai Stellantis e i colleghi dell’indotto. Eppure è dalla freddezza dei numeri che bisogna partire per scattare la fotografia dello status della fabbrica di viale Umberto Agnelli ed invocare con energia un tavolo al Mimit dove il piano industriale di Cassino non sia solo un annuncio ma possa prevedere tempi certi e modelli appetibili per il mercato. È la posizione di Andrea Di Traglia segretario Frosinone-Latina Fiom-Cgil.
Un calo produttivo mai visto prima, fermi continui, quali speranze per lo stabilimento?
E le attese sul piano industriale? I nuovi modelli elettrici tardano ad arrivare e l’ibrido è stato solo annunciato
«È stato in qualche modo presentato il 17 dicembre, dico in qualche modo perché questo piano industriale non trova la via di concretizzarsi veramente e qui siamo sempre e solo agli annunci perché l’elettrico è di fatto bloccato, non si sa quando verrà prodotto e l’ibrido rimane solo e soltanto un annuncio, l’annuncio nell’annuncio dove ricordo a tutti noi - per l’ennesima volta - che anche nei piani industriali precedenti, anche nell’ultimo del 2018 dell’era Marchionne si parlava dell’ibridizzazione di Giulia di Stelvio. Siamo nel 2025 nel peggior semestre mai affrontato, anche peggio del Covid, e qui ancora siamo agli annunci.
È necessario che venga convocato un tavolo al Mimit, che venga convocato un tavolo nel quale siano sedute le istituzioni e la premier Meloni, compresa Stellantis con Filosa unitamente alle organizzazioni sindacali. Il quella sede il ceo dica esattamente qual è il piano industriale per il sistema paese Italia. Qual è il piano certo per quanto riguarda lo stabilimento di Cassino, perché qui di certo c’è rimasta soltanto la desertificazione di un territorio, desertificazione industriale che si riverbera poi su tutto quanto l’indotto e su tutta quanta la componentistica, e quindi su tutto il tessuto economico sociale del territorio: così è ovvio che si innesca un circolo vizioso, un corto circuito dal quale non si esce. Non si esce se le risposte non vengono date dalla proprietà in maniera chiara e precisa: ci dicano qual è il futuro, se c’è un futuro produttivo, per questo stabilimento, senza fare troppe giri di parole o cercare dei tavoli intermedi per prendere tempo. Tempo che non abbiamo più.
La componentistica sta soffrendo immersa negli ammortizzatori sociali e con esuberi. Qual è il quadro?
«La componentistica è ovvio che subisce tutto ciò che sta accadendo in Stellantis. Penso alla Lear, penso a Tiberina, alla Denso - che al contrario di quanto si dica non garantisce né volumi produttivi né diversificazione rispetto alle produzioni di Cassino - alla Ma - che sta pensando addirittura alla riconversione - penso a quello che è successo in Omron. Tutto quello che accade in Stellantis si riverbera in maniera grave su tutta la componentistica e sull’indotto di primo e secondo livello.
Non mi appassiona il tema delle riconversioni come mero palliativo, la transizione va governata non frammentata. Anche perché passerebbe il più sbagliato dei messaggi: che del settore non c’è più bisogno, e questa cosa non può essere avallata. Il settore dell’automotive è un settore che va tutelato va salvaguardato e va assolutamente condotto al di fuori di questa crisi e questo è possibile solo e soltanto attraverso l’impegno, attraverso delle garanzie, attraverso la contrattazione che può essere data in un incontro al Mimit che vada a portare investimenti e un piano industriale vero non fatto soltanto di annunci.
È del tutto evidente che il tempo della speranza e degli annunci sia giunto al termine, ma è giunto il tempo delle risposte vere per la dignità alle lavoratrici e lavoratori di Stellantis affinché venga garantita la tenuta di tutto il settore e che ci siano certezze per il futuro produttivo».
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