Spazio satira
Referendum
08.06.2025 - 10:19
FOTO MASSIMO SCACCIA
Seggi aperti oggi dalle 7 alle 23 e domani, dalle 7 alle 15. I cittadini sono chiamati alle urne per rispondere ai cinque quesiti referendari su lavoro e cittadinanza. In provincia di Frosinone, il corpo elettorale è composto da 376.969 aventi diritto al voto, di cui 183.496 uomini e 193.130 donne, distribuiti su 504 sezioni elettorali sparse nei comuni del territorio.
La possibilità di reintegro dopo i licenziamenti illegittimi, la cancellazione del tetto all’indennità per i licenziamenti nelle piccole imprese, l’obbligo di causale nei contratti a tempo determinato, l’attribuzione di responsabilità al committente in caso di infortunio sul lavoro e la riduzione del tempo minimo di residenza in Italia per chiedere la cittadinanza. Questi i temi dei cinque referendum popolari abrogativi.
I votanti decideranno, quindi, se cancellare o meno una legge (abrogazione), o una sua parte (abrogazione parziale). Trattandosi di un referendum abrogativo, affinché sia valido dovrà recarsi alle urne il 50% più uno degli aventi diritto al voto e la proposta sarà valida se la maggioranza avrà espresso parere favorevole. In caso di mancato raggiungimento del quorum rimarranno in vigore le attuali norme. Gli elettori riceveranno cinque schede, una per ogni quesito, di colore diverso e dovranno tracciare una X sul "Sì", se sono d’accordo sull’abrogazione, o sul "No", per lasciare in vigore le attuali norme.
Cosa cambia se vince il "Sì"
Primo quesito
Il primo quesito chiede di decidere sull’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti, introdotto nel 2015 con il Jobs act.
Tale disciplina si applica a coloro che sono stati assunti dal 7 marzo 2015 in poi, in aziende con più di quindici dipendenti, e non ammette il reintegro dopo un licenziamento illegittimo.
Con la cancellazione del decreto numero 23 del 4 marzo 2015 sarebbe perciò reintrodotto l’obbligo di reintegro nei casi in cui l’interruzione del rapporto di lavoro venga ritenuta illegittima dal giudice, ristabilendo quanto previsto dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, attualmente in vigore per coloro che hanno sottoscritto un contratto di lavoro prima dell’emanazione del Jobs act. Sono circa tre milioni e mezzo le persone sottoposte, invece, alla disciplina prevista dal decreto oggetto di referendum, in quanto assunte dopo la sua entrata in vigore.
Secondo quesito
Per il secondo dei cinque referendum gli elettori potranno votare “Sì” o “No” rispetto alla proposta di abrogazione parziale dell’articolo 8 della legge numero 604 del 15 luglio 1966.
Saranno, dunque, chiamati a decidere in merito alla cancellazione del tetto all’indennità per i licenziamenti nelle imprese con meno di sedici dipendenti. Attualmente, in base alla normativa vigente, se un lavoratore di un’azienda che ha fino a quindici dipendenti viene licenziato ingiustamente, può ottenere un risarcimento economico dall’azienda, rispetto al quale viene posto un limite massimo di indennità pari a sei mesi.
Se il referendum dovesse avere esito favorevole questo limite verrebbe eliminato. Di conseguenza, sarebbe il giudice a stabilire l’ammontare delle mensilità spettanti al lavoratore, tenendo conto di una serie di fattori, tra i quali l’età del dipendente, i carichi di famiglia e la capacità economica dell’azienda. Il giudice, quindi, avrebbe maggiore discrezionalità nel determinare il risarcimento valutando il singolo caso, senza essere vincolato a un tetto prefissato.
Terzo quesito
Sulla scheda grigia gli elettori potranno esprimersi per il terzo quesito referendario, votando “Sì” o “No” in merito alla proposta di abrogazione parziale della disciplina organica dei contratti di lavoro, finalizzata a reintrodurre l’obbligo di causali per i contratti a termine.
Eliminato nel 2015 con il Jobs act e poi reintrodotto dal governo Conte con il decreto Dignità nel 2018, l’obbligo di causali per i contratti fino a 12 mesi è stato nuovamente escluso con il decreto Lavoro del governo Meloni nel 2023, mentre è stato conservato per i contratti oltre i 12 mesi.
Quarto quesito
Il quarto quesito propone l’abrogazione di una parte del decreto 81/2008, il cosiddetto testo unico per la sicurezza sul lavoro, che riguarda la responsabilità solidale tra committente, appaltatore e subappaltatore in caso di infortuni sul lavoro. Attualmente, la norma prevede che committente e appaltatore siano sempre responsabili in solido con il subappaltatore in caso di infortuni sul lavoro, con l’unica eccezione del caso di infortunio causato da rischi specifici del tipo di attività propria dell’impresa appaltatrice o subappaltatrice.
Per esempio, se un esercizio commerciale affidasse la ristrutturazione di un punto vendita a una ditta edile e un lavoratore della stessa subisse un infortunio legato alle proprie mansioni, stando alla normativa vigente, il committente (cioè il titolare dell’esercizio commerciale) non sarebbe corresponsabile per l’infortunio.
Se vincesse il “Sì”, e quindi venissero abrogate le parole relative ai rischi specifici, non sussistendo più questa eccezione, la responsabilità in caso di infortuni sarebbe sempre estesa anche al committente.
Quinto quesito
Con il quinto referendum gli elettori potranno esprimersi sulla riduzione da dieci a cinque anni il tempo minimo di residenza in Italia degli stranieri per la richiesta di concessione della cittadinanza.
La normativa vigente prevede, infatti, che un cittadino straniero maggiorenne, proveniente da un Paese non appartenente all’Unione Europea, debba risiedere legalmente in Italia per almeno dieci anni prima di poter richiedere la cittadinanza italiana.
L’obiettivo del referendum abrogativo è quello di ridurre tale periodo, riportando il requisito alla durata stabilita nel 1865 e rimasta in vigore fino al 1992.
Gli elettori potranno, quindi, esprimersi sulla modifica dell’articolo 9 della legge 91/1992 con cui si è innalzato il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia ai fini della presentazione della domanda di concessione della cittadinanza.
In caso di abrogazione non verrebbero modificati gli altri requisiti previsti dalla norma. Per poter richiedere la concessione della cittadinanza continuerebbero, quindi, a essere necessari la conoscenza della lingua italiana, il possesso di un reddito, l’incensuratezza penale, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica.
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