Spazio satira
Frosinone
28.04.2025 - 09:00
La scuola media “Pietrobono” di via Puccini
La parola fine sulla vicenda della scuola media “Luigi Pietrobono” di via Puccini non è ancora scritta. Dopo il pronunciamento del Tar, che ha dichiarato inammissibili le domande cautelari sulla procedura di acquisizione sanante impugnata dal fallimento Mancini, adesso un nuovo giudizio si profila all’orizzonte. Questa volta il fallimento Mancini ha promosso dinanzi alla Corte d’Appello di Roma, giurisdizionalmente competente, un ricorso ex articolo 54 del Dpr 327/01 ed ex articolo 29 del decreto legislativo 150/11 finalizzato ad ottenere un ricalcolo del quantum (ritenuto insufficiente dal fallimento) stimato dal Comune per l’esproprio dell’area su cui è stata costruita la scuola.
Il terreno è finito in una procedura esecutiva collegata al fallimento di un privato titolare dello stesso nella quale si è costituito il Comune come terzo, facendo ricorso contro il pignoramento attivato dalla curatela fallimentare che lamentava un’occupazione senza titolo di quell’area. Terzo perché il Comune, nei decenni, non ha mai formalizzato, trascrivendone l’atto di esproprio, l’acquisto del terreno su cui negli anni Settanta è stato realizzato l’istituto scolastico. Il progetto della scuola, infatti, risale alla fine degli anni Sessanta quando, in base a una legge del 1967 sull’edilizia scolastica venne dato incarico all’ingegner Felice Campanelli di redigere il progetto. Nel 1969 venne approvato il progetto di costruzione dell’istituto con una previsione di 20 aule. L’elaborato tecnico fu approvato dal Provveditorato regionale alle opere pubbliche per 300 milioni di lire. Ma la spesa necessaria per il costo complessivo venne valutata in mezzo miliardo di lire. Nel 1970 fu aggiudicato l’appalto per il 1º lotto. Nel 1971 venne licenziata una variante a causa di alcune difficoltà nell’esecuzione dell’opera per la particolare natura del terreno. L’anno dopo fu invece affidato l’incarico per la redazione del secondo stralcio per un ammontare di 100 milioni di lire. Nel 1973 ci fu una richiesta di variante al programma di finanziamento. Tuttavia, nelle procedure qualcosa si è inceppato nel momento di procedere alla trascrizione dell’atto di esproprio del terreno. Una “dimenticanza” che ha creato parecchi grattacapi al Comune.
L’ente ha deciso di riacquisire il possesso dell’immobile, che ospita gli alunni della scuola media, attraverso quanto previsto dall’articolo 42-bis del dpr 327/2001 e dall’articolo 7 della legge 214/1990, ovvero l’acquisizione sanante, una procedura espropriativa “eccezionale” che rappresenta, a determinate condizioni, la soluzione legale per l’amministrazione che abbia realizzato un’opera pubblica su un terreno di proprietà privata in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o di dichiarazione della pubblica utilità, per acquisire il bene immobile al proprio patrimonio indisponibile, corrispondendo al proprietario un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, nella misura stabilita dalla legge. L’acquisizione, quindi, di un bene utilizzato senza titolo per scopi di interesse pubblico persegue la finalità di regolarizzare le conseguenze di procedure ablatorie illegittime o di comportamenti illeciti della pubblica amministrazione in ambito espropriativo.
Per l’indennizzo dovuto agli aventi diritto, salvo eventuali verifiche ed integrazioni, gli uffici comunali hanno seguito un percorso abbastanza chiaro: l’importo dovuto a titolo di pregiudizio patrimoniale è stato stimato in 168.015 euro calcolato in 23 euro a mq, prendendo come riferimento le tabelle per l’applicazione dell’Imu ed il valore commerciale dei terreni situati nella stessa zona; l’importo dovuto a titolo di pregiudizio non patrimoniale, nella misura del 10% calcolato sul valore di 168.015 euro moltiplicato per il 10%, per l’effetto è stato stimato in 16.801,50 euro; l’importo dovuto a titolo di pregiudizio patrimoniale nella misura del 5% calcolato sul valore di 168.015 euro per il 5%, moltiplicato per gli ultimi cinque anni di occupazione senza titolo, è stato quantificato in un importo di 42.003,75 euro; dall’importo derivante è stata detratta la somma di 19.133,95 euro, corrispondente all’importo corrisposto alla ditta proprietaria del terreno al momento dell’occupazione, che indicizzato e rivalutato ad oggi risulta essere di 116.468,37 euro. A ciò va aggiunto l’importo di circa 16.000 euro occorrente per le operazioni di registrazione e di notifica della stessa ai destinatari.
Quasi 120.000 euro, quindi, che per il fallimento non sono sufficienti; da qui il ricorso che dovrà essere a breve discusso. Non solo. A luglio il tribunale di Frosinone dovrà pronunciarsi sulla procedura di sfratto attivata mentre nei mesi successivi il giudice dell’esecuzione dovrà decidere sul pignoramento dell’immobile sempre da parte del fallimento. Una partita, quindi, tutt’altro che chiusa. E in piedi c’è sempre la possibilità da parte del fallimento Mancini di ricorrere al Consiglio di Stato avverso alla sentenza del Tar. I giudici amministrativi hanno dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione il ricorso del fallimento Mancini, che si opponeva al provvedimento, finalizzato a completare una procedura espropriativa mai perfezionata all’epoca con il necessario decreto. Nella sentenza, il Tar ha sottolineato che gli atti del Comune siano «immuni da aspetti di erroneità e illogicità» e mettono in luce «l’interesse pubblico al mantenimento dell’edificio scolastico in considerazione della sua funzione anche sociale nel contesto territoriale di riferimento e delle caratteristiche del plesso; l’impercorribilità di opzioni alternative; l’adeguata considerazione dell’interesse pubblico alla luce di quello privato, ovviamente limitato alla considerazione del solo soggetto direttamente attinto dal provvedimento». I giudici hanno inoltre precisato che «ove mai il ricorso fosse stato ammissibile, sarebbe risultato comunque infondato». Il destino della “Pietrobono” è ancora in sospeso.
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