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L'intervista

Il vescovo di Frosinone: «Papa Francesco lascia una grande eredità spirituale al mondo, non solo ai cattolici»

Monsignor Ambrogio Spreafico parla della grandezza del pontificato di Francesco, che ha guardato agli ultimi e ha predicato sempre la fratellanza e la pace

Il vescovo di Frosinone: «Papa Francesco lascia una grande eredità spirituale al mondo, non solo ai cattolici»

Monsignor Ambrogio Spreafico è vescovo delle diocesi di Frosinone e di Anagni-Alatri FOTO MASSIMO SCACCIA

Monsignor Ambrogio Spreafico è vescovo delle diocesi di Frosinone e di Anagni-Alatri, ma è anche Presidente della Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, oltre ad essere Membro del Dicastero delle Cause dei Santi e del Dicastero per la Cultura e l’Educazione.

Anch’egli ha voluto ricordare papa Francesco: «In queste ore, noi cattolici, e non solo, proviamo un senso di smarrimento, perché papa Francesco è stato un papa nella chiesa, ma anche per il mondo. Una guida vera. Un uomo che ha voluto comunicare agli altri la forza del Noi cioè di essere comunità, comunione. Le immagini di ieri del pontefice in mezzo alla gente sono ancora molto forti e vive nella nostra mente. Questa morte avvenuta nell’ottava di Pasqua ci indica la via, la vita cui noi tendiamo e ci dà la misura anche del gesto che Francesco ha voluto compiere, passando in mezzo alla gente. Era il papa del popolo, della comunità, del volere stare insieme e questo si è visto in maniera lampante ieri. Un gesto esaltato anche dalla fatica fisica che ha dovuto compiere. Ma voleva stare lì, a benedire il mondo, la Chiesa. E’ stato un grande gesto, il gesto di un uomo che sempre ha creduto che il mondo potesse vivere in pace nella diversità. Un grande insegnamento per tutti

«Francesco - ha proseguito il vescovo - ha vissuto il Vangelo. Ricordo bene quello che ci disse in un incontro a Firenze nel 2015: chiese alla chiesa italiana di vivere il Vangelo; ci chiese di parlare con tutti, di accogliere i poveri, di sostenere chi aveva bisogno, di non fare differenze, di vivere in mezzo agli ultimi. Era il segno di ciò che voleva per la Chiesa. Un messaggio di grande speranza. E poi la pace. Ha sempre creduto nell’inutilità delle armi e nella forza della parola e del dialogo. E’ stato l’unico nel mondo a chiederla e a parlarne ininterrottamente».

Poi, il legame con la Ciociaria, costante, ma discreto: «Nel nostro territorio è stato due volte in visite in forma privata - ha aggiunto monsignor Spreafico - Io l’ho incontrato varie volte, l’ultima circa un anno fa, ed è stato molto bello. Abbiamo parlato per più di un’ora. Il dialogo era la sua prerogativa. Con la comunità ebraica, ad esempio, aveva un rapporto continuo e aperto. Questa mattina, il primo a chiamarmi è stato il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni per testimoniarmi il suo dispiacere e il suo dolore. Questo proprio ad avvalorare quanto fosse rispettato e amato da tutti, anche dai non cattolici. Francesco parlava con chiunque e non ha mai mancato di fare tutto il possibile per inseguire il sogno della pace”.

Infine, una riflessione sull’eredità che lascia papa Francesco: «In occasione della festa di Sant'Ormisda, ci ha incontrato con grande affetto e cordialità. Ormisda è stato un papa di unità cha lasciato una grande eredità alla chiesa, così come è grande quella che ci lascia Francesco, un’eredità che parla di unità e di fratellanza e di una chiesa in uscita che guarda ai poveri e agli ultimi. Una grande eredità spirituale non solo per i cattolici, ma per tutto il mondo” conclude monsignor Spreafico,

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