Cerca

I dati

Ciociaria alle soglie della povertà

Pietosa la realtà descritta da Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne sui redditi delle famiglie. La provincia di Frosinone si piazza al 102º posto su 107

Ciociaria alle soglie della povertà

Frosinone, una provincia alle soglie della povertà. È una fotografia impietosa quella che emerge dall’analisi di Unioncamere-Centro Studi Guglielmo Tagliacarne sulle stime 2023 del reddito disponibile delle famiglie consumatrici: Frosinone si piazza al 102º posto su 107 province italiane, con un reddito pro-capite di appena 15.538,18 euro. Un dato che non solo la rende la peggiore del Lazio e del Centro Italia, ma la colloca ben al di sotto della media nazionale di 22.358,58 euro, evidenziando una condizione di fragilità economica che rasenta, appunto, la povertà. Mentre il resto del Paese registra una crescita del reddito disponibile tra il 2021 e il 2023, con una media dell’11,3%, la Ciociaria sembra arrancare, lontana anni luce dai numeri delle province più virtuose e persino da quelle laziali come Roma (11ª con 34.885 euro), Viterbo (72ª), Latina (75ª) e Rieti (89ª). Un divario che solleva interrogativi sulla capacità del territorio di tenere il passo con il resto della regione e dell’Italia.

Crescita disomogenea

Il rapporto evidenzia una crescita generalizzata del reddito disponibile delle famiglie italiane tra il 2021 e il 2023, ma con ritmi differenti. Le province alpine spiccano con un aumento del 13,4%, guidate da Sondrio (+17%), Belluno (+15,4%) e Imperia (+15,1%), che conquistano la vetta della classifica per tasso di crescita. Il resto del Paese segue con un +11,2%, mentre il Centro Italia, con un modesto +10,3%, appare in affanno. Roma, pur con un +9,5%, si ferma al 94º posto, lontana dai vertici. In termini assoluti, Milano domina la graduatoria pro-capite con 34.885 euro, seguita da Bolzano (31.160 euro) e Monza e Brianza (29.452 euro). Sul fondo, Foggia chiude con 14.554 euro, preceduta da Caserta (14.683 euro) e Agrigento (14.802 euro), province che, pur in coda, mostrano tassi di crescita rispettivamente del 9,1%, 11,1% e 12,8%. Frosinone ha fatto registrare un tasso di crescita dell’11,25% (da 6.437,9 milioni di euro a 7.161,9), che vale il 66º posto

Retribuzioni e inflazione

A trainare la crescita del reddito disponibile è il reddito da lavoro dipendente, che rappresenta la fetta più consistente delle entrate familiari e che tra il 2021 e il 2023 è aumentato dell’11,8%, superando il +11,3% del reddito complessivo. In 55 province su 107, questa componente è cresciuta più del reddito totale, grazie a un aumento di circa 850mila occupati nel triennio. Tuttavia, l’inflazione, salita al 14,2% nello stesso periodo, ha eroso il potere d’acquisto, vanificando parte dei progressi. Il Mezzogiorno si distingue con un +12,5%, toccando picchi del 14,2% in Abruzzo e del 13,8% in Sicilia.
Tra le province, L’Aquila (+18,5%), Teramo (+18,1%) e Sondrio (+17,9%) registrano gli incrementi più alti, mentre Terni (+7,3%), Pordenone (+6,2%) e Trieste (+6,1%) restano indietro. Il Centro, con un +10,8%, conferma una dinamica più lenta.

La “scalata” di Belluno

Sul podio pro-capite restano salde Milano (34.885 euro), Bolzano (31.160 euro) e Monza e Brianza (29.452 euro). Ma il triennio riserva sorprese: Belluno guadagna 10 posizioni, piazzandosi al 23º posto, Sondrio ne scala 9 arrivando al 43º, e Venezia recupera 7 gradini al 27º. Al contrario, Pordenone perde 10 posizioni (25º), Udine 9 (36º) e Trieste 8 (18º). Frosinone, con il suo 102º posto, non mostra segnali di ripresa significativa, rimanendo intrappolata in una condizione di svantaggio strutturale.

Un quadro “democratico”

Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, sottolinea: «La geografia dei redditi delle famiglie è più “democratica” rispetto alla produzione: la distanza tra la prima e l’ultima provincia per valore aggiunto pro-capite è di 3,6 volte, ma si riduce a 2,4 volte per il reddito disponibile». Un effetto legato ai trasferimenti pubblici, che al Sud incidono per il 40% contro il 35% della media italiana, e alla dinamica delle retribuzioni, cresciute in termini nominali al Meridione.
Tuttavia, Esposito avverte: «Le retribuzioni al Sud restano inferiori del 15% alla media nazionale, e il Centro cresce meno del resto del Paese».

Il caso Frosinone

Il dato di Frosinone emerge come un campanello d’allarme. Con 15.538,18 euro pro-capite, la provincia ciociara non solo è lontana dalla media nazionale, ma appare staccata anche dalle altre realtà laziali. Roma, con il suo 11º posto, Viterbo (72ª), Latina (75ª) e Rieti (89ª) mostrano una tenuta ben diversa. La situazione richiede un’analisi approfondita: quali sono le cause di questo ritardo? Mancanza di occupazione qualificata, scarsa attrattività economica o inefficacia delle politiche redistributive? Mentre l’Italia cresce, Frosinone sembra rimanere ai margini, un’anomalia che interpella istituzioni e cittadini.

Edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione