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Frosinone

Polveri sottili, è ancora allarme

Anche domenica, in coincidenza con la revoca dell’isola pedonale, il Pm10 ha registrato valori fuori legge. Rispetto al 2023 situazione peggiorata. A dicembre la media del Pm10 è a 58 microgrammi per metro cubo

Polveri sottili, è ancora allarme

La centralina Arpa dello Scalo

Polveri sottili, ancora valori sopra i limiti. La centralina Arpa di via Puccini anche domenica, in coincidenza tra l’altro con la revoca dell’isola pedonale in via Aldo Moro decisa dall’amministrazione Mastrangeli, ha superato con 63 microgrammi per metro cubo la soglia dei 50. Allo Scalo sono 65 gli sforamenti dal limite di legge nel 2024, tre in più rispetto a quelli del 2023, sempre alla date del 22 dicembre. Se il dato di Frosinone Scalo (lo scorso anno la prima centralina d’Italia tra i capoluoghi per numero di sforamenti) peggiora così come quello di viale Mazzini (da 14 a 17 sforamenti) Ceccano rimane più o meno stabile (da 75 a 74), mentre Cassino si migliora da 57 a 51.

In via Puccini è il quinto sforamento degli ultimi sette giorni, dopo i quattro consecutivi tra lunedì e giovedì scorsi che avrebbero dovuto - da piano regionale di risanamento della qualità dell’aria - far scattare le misure di primo livello, ovvero il blocco ai veicoli più inquinanti. Sui dati, con una punta di 98 microgrammi per metro cubo, ovviamente ha inciso il mix tra temperature rigide, riscaldamenti domestici accesi a lungo (una delle principali fonti di produzione del Pm10), compresi molti camini anche in città, e traffico impazzito per lo shopping natalizio.

Se sabato tutte le centraline ciociare monitorate dall’Arpa, grazie a pioggia e vento, erano tornate sotto i livelli di allarme, domenica c’è stato il balzo in avanti di Frosinone Scalo (63), Cassino (62) e Ceccano (53) le uniche a superare i limiti. Tra l’altrio, nello stesso giorno si sono contati anche 20 microgrammi per metro cubo di Pm2,5 a Cassino, 17 a Ferentino, 12 a Frosinone viale Mazzini e 11 a Fontechiari.

A Frosinone Scalo la media annuale per le polveri sottili (in questo caso il dato è aggiornato al 21 dicembre) è di 30 microgrammi per metro cubo contro un limite annuo fissato in 40, anche se, in questo caso, Ceccano con 34 e Cassino con 32 fanno peggio. A dicembre, comunque, il valore è di 58 microgrammi per metro cubo. Per ora è il secondo più alto dell’anno dopo i 61 di gennaio e davanti ai 50 di novembre e ai 49 di febbraio, i mesi peggiori di questo 2024 dal punto di vista delle concentrazioni di polveri sottili. I valori soglia del Pm10 (di 50 il giornaliero e di 40 l’annuale) sono nel mirino dell’Unione Europea che intende modificarli al ribasso aderendo, parzialmente, alle richieste dell’Organizzazione mondiale della sanità che propende per limiti ancora più stringenti.

Sempre allo Scalo, negli ultimi anni al 22 dicembre si sono registrati 74 sforamenti nel 2018, 63 nel 2019, di nuovo 74 nel 2020, poi 51 nel 2021, l’anno migliore, 52 nel 2022, 62 nel 2023, e, appunto, 65 nel 2024. Lo scorso anno, peraltro, le violazioni totali sono state 70 con il serio rischio quest’anno di superare tale soglia.
In viale Mazzini, invece, la situazione è decisamente diversa e migliore con 16 sforamenti in tutto il 2023, numero già superato quest’anno con 17. Anche se nel 2022 furono 21.

Da notare che sull’inquinamento nella Valle del Sacco è stato pubblicato un articolo sulla rivista scientifica internazionale “Urban Climate”, frutto di uno studio condotto da Arpa Lazio, Cnr e università “Sapienza” di Roma. Si è indagato con lo scopo di «identificare le sorgenti di emissione, il loro contributo alla concentrazione di Pm10 e il potenziale impatto sulla salute, in un’area particolarmente critica dal punto di vista della qualità dell’aria» e pianificare «politiche di mitigazione dell’inquinamento». Il progetto, condotto in via sperimentale per un anno e mezzo, ha consentito di raccogliere oltre 90 campioni per 77 parametri chimici.

«È stato valutato il potenziale ossidativo del Pm10, un indicatore della potenziale tossicità delle polveri», nota l’Arpa. Dai principali risultati emerge che, d’inverno, «il riscaldamento domestico a biomassa è stato la principale sorgente di Pm10, mentre in estate ha prevalso la componente legata al suolo, costituita da particelle locali e polveri minerali provenienti da regioni desertiche remote. Inoltre, sia il Pm10 proveniente dalla combustione di biomasse che quello emesso dal traffico veicolare esibiscono un potenziale ossidativo decisamente significativo».

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