L'intervista
14.10.2025 - 14:00
La cantautrice fiuggina Rossella Perticone, in arte Rossella
Dal 26 settembre scorso è disponibile sulle piattaforme digitali di streaming, e dal 3 ottobre anche in rotazione radiofonica, “Filo rosso” (FDAM/Altafonte Italia), il nuovo singolo di Rossella Perticone, in arte Rossella. La cantante fiuggina, con la laurea in giurisprudenza in tasca (v. articolo dell’8/7/2025), ci parla del brano cantautoriale che spazia tra sonorità pop, chitarre acustiche e archi.
Che cosa contiene la sua ultima fatica?
«Nel brano, un viaggio tra crisi e rinascita, tra mostri interiori e voglia di sorridere, ho raccontato la paura di sparire e il desiderio feroce di lasciare un segno. Con questa canzone non ho cercato la perfezione, ma di dare luce alle crepe, agli sbagli, alle incrinature della vita, fidandosi di quest’ultima per ciò che è, luminosa e spietata, latrice però di quel filo rosso invisibile che ci regala amore anche quando pensiamo che si sia dimenticata di noi».
A chi è rivolta “Filo rosso”?
«L’ho scritta immaginando di poter parlare con la bambina che sono stata, carica di sogni e mostri da affrontare. Volevo scrivere un promemoria d'amore per lei e per la vita, che poi è diventato magicamente un messaggio di speranza e fiducia da poter dedicare a tutti coloro che stanno attraversando un momento di crisi».
La canzone è psicologicamente molto profonda…
«Grazie per l’osservazione. È vero, è molto ispirata dal mio percorso di crescita personale in cui l’analisi ha avuto un ruolo determinante. Sono una ferma sostenitrice della psicoterapia, credo che sia l’atto d’amore più grande che possiamo compiere verso noi stessi».
Non tutti la pensano come lei…
«Infatti. Troppo spesso si associa un percorso di psicoterapia a una debolezza o quasi a una “sconfitta” della persona che “non ce la fa da sola”. Credo invece che sia importantissimo valorizzare questa scelta, non solo come strumento per sciogliere i traumi, ma anche e soprattutto come canale di potenziamento della consapevolezza del sé. L’analisi non è solo lavorare sul problema ma anche scoperta dei propri talenti e delle proprie risorse. In questo senso è stato un passo cruciale anche per la mia musica».
In che modo?
«Ho deciso di andare in analisi mentre ancora studiavo giurisprudenza ed ero totalmente disallineata rispetto alla mia vera vocazione. Il lavoro su me stessa ha comportato anche prendere il coraggio per dire a voce alta che volevo cantare e, di conseguenza, cambiare totalmente la mia vita in nome della mia passione per la musica. Sono stata particolarmente fortunata perché ho trovato una psicoterapeuta meravigliosa che è riuscita a farmi riabbracciare la mia vera natura, le sarò sempre grata per questo e se oggi sono una cantautrice è anche grazie al nostro intenso lavoro insieme».
C’è un verso che racchiude tutto questo in Filo rosso?
«La canzone ha un testo molto connesso a tante tematiche affrontate in analisi, però su tutte citerei “Ma il tempo è un orologio o solo ciò che vivi dentro? / Se sposto le lancette non mi sento un fallimento / via a strappare lungo i bordi e ci scordiamo di sognare / ma il volo non è volo se non credi nelle fate” che racchiude il rapporto col tempo, la sensazione di ritardo, la capacità di “colorare fuori dai bordi” che ci vengono imposti e il credere, come fanno i bambini, anche nella magia della vita».
C’è anche molta spiritualità dietro…
«Credo fortemente che abbiamo tutti una scintilla che ci chiede di realizzare appieno il nostro progetto, quindi di affrontare le paure terrene, oltre le quali si nasconde il sorriso dell’anima».
Per l’occasione ha anche prodotto un video…
«Il videoclip è il risultato dell’incontro tra una mia idea e il filmmaking di Armando Di Lillo. L’impostazione è molto cinematografica e alterna momenti cantati al racconto di eventi realmente vissuti».
Il video mostra un episodio di bullismo della sua infanzia…
«Sono episodi che segnano per sempre. Sono stata una bambina e un’adolescente che ha trovato tantissima difficoltà nei rapporti umani. Mi sentivo diversa, fuori dal cuore delle persone, i gruppi mi mettevano paura. Questo è stato il mio grande dolore e la mia grande risorsa. Il vuoto d’amore che ho sentito mi ha permesso di non dare mai nulla per scontato, di costruire nel profondo i miei affetti e anche di riuscire a mettere nella voce un velo di disperazione luminosa. Sono tematiche molto importanti e spero che la sensibilizzazione crescente sul tema possa spegnere il fenomeno del bullismo alla radice, perché il peso dell’esclusione può avere effetti indelebili».
Chi è l’attrice che interpreta lei da bambina?
«Ludovica Zommers, una bambina deliziosa, per la prima volta sullo schermo. È stato impressionante vedere la sua connessione immediata con le emozioni e la sua libertà nel mostrarle in camera».
Qual è il segno che lascia il videoclip allo spettatore?
«Spero che il videoclip riesca a dare fiducia e forza a chi ha vissuto qualcosa di simile e sta cercando una strada per farcela, spero che trasmetta la scintilla necessaria per scommettere su sé stessi». La cultura non è quantità ma profondità (Plinio il Vecchio).
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