Arte
04.08.2025 - 14:00
In the light of Italy è il titolo, in inglese, di un’esposizione allestita in due città danesi e una norvegese e avente per oggetto la presenza di una comunità di artisti appunto danesi e norvegesi in Ciociaria, più precisamente a Sora e a Civita d’Antino tra il 1879 e il 1886. È uno spaccato artistico che fornisce solo una pallida idea di quello che, in effetti, è stata la terra di Ciociaria tra la fine del 1700 e le prime decadi del 1900 per gli artisti europei. Grazie agli innumerevoli pittori che hanno dipinto il personaggio in costume ciociaro o il brigante o il pifferaro, a quelli che hanno avuto sulla pedana davanti a loro la modella o il modello, a quelli che hanno letteralmente scoperto e amato certe località ciociare dal Grand Tour ad oggi e senza menzionare l’opera di scrittori e di compositori, possiamo affermare senza smentita alcuna che non c’è soggetto pittorico così multiforme e poliedrico che abbia avuto tanta risonanza e tanto successo come quelli più sopra individuati, documentati di regola in tutte le istituzioni museali del pianeta! E non solo Sora e Civita d’Antino, ma Cervara di Roma, Anticoli Corrado, Subiaco, Cori, Terracina, Sezze, le Paludi Pontine, Genazzano, Itri e Fondi, Olevano, Picinisco, Balsorano, il fiume Liri e le sue cascate di Isola e, all’epoca, di Anitrella, per limitarci, sono stati luoghi enormemente visitati e dipinti e amati a partire almeno dalle ultime decadi del 1700.
Di tale autentica e incredibile apoteosi – del costume ciociaro, delle modelle di artista, delle località – le istituzioni ciociare pubbliche soprattutto ma anche private, salvo una rarissima eccezione, e non solo ciociare, per non ricordare i cosiddetti uomini politici, mai si sono accorti della loro esistenza. E quindi assistiamo a vicende paradossali per cui altrove e specie al di là delle Alpi si onorano e commemorano e valorizzano fatti e realtà e creature che al contrario nei luoghi di origine vengono, ancora oggi, spudoratamente e, ancora peggio, criminalmente, ignorati o negletti: danni enormi alla cultura e alla gratificazione e all’edificazione della società e danno incalcolabile in termini di turismo e di promozione.
E in effetti a partire dal 1879 Sora e il suo territorio per alcuni anni divennero luoghi di convegno e di raccolta di giovani artisti scandinavi attratti dalla luce e dalla natura e dalla umanità di questi luoghi, a quell’epoca coperti solo da piante e da campi coltivati. Quel sole, quell’atmosfera, quella luminosità, quei sapori e quegli odori: quale contrasto con le loro terre di origine! E il Liri e il Fibreno spumeggianti e pescosi. E quindi l’incantamento vero e proprio dei giovani pittori. Per primo capitò a Sora Peder Severin Krøyer (1851-1909), considerato il maggiore pittore danese, che qui realizzò opere suggestive: a Sora conobbe anche lo scultore Pasquale Fosca dal quale apprese i primi rudimenti della scultura e col quale rimase in contatto epistolare per quasi trentanni. Dopo pochi mesi arrivarono i giovani norvegesi Eilif Peterssen (1852-1928) e Christian Meyer Ross (1843-1905). Due anni dopo, nel 1881, arrivarono altri giovani artisti danesi tutti destinati al successo e alla fama nel loro paese: Joakim Skovgaard (1856-1933), Viggo Pedersen (1854-1926), Theodor Phlipsen (1840-1920) che ci hanno lasciato splendide opere su questi luoghi e abitanti, qualcuno vissuto lunghi anni a Sora.
Ma fu Civita d’Antino paesino a mille metri di altezza, nella Valroveto, ultimo lembo di Ciociaria, che visse una pagina ancora più gloriosa perché grazie a Kristian Zahrtmann (1843-1917), assurse, nei mesi estivi principalmente, per oltre venti anni, a cenacolo vero e proprio di giovani artisti: il pittore allorché divenne per lui difficoltoso spostarsi, ebbe sempre presente nel cuore il ricordo del paesino aggrappato a mille metri, col fiume Liri che rumoreggiava ai suoi piedi e allorché costruì la propria abitazione a Copenhagen la chiamò perfino: Casa d’Antino, tante la nostalgia e la passione. E anche negli anni a seguire, e fino ad oggi, tali legami continuano a sopravvivere e perfino a ringiovanirsi grazie all’impegno personale di alcuni appassionati e di studiosi e soprattutto alla collaborazione di una Fondazione privata di Pescara che attraverso pubblicazioni, iniziative espositive e anche acquisizione ammirevole di opere, hanno richiamato in vita questa pagina suggestiva di arte e di cultura che estrinseca soprattutto e celebra la creatura in costume ciociaro.
Si tenga a mente che già da cento anni prima, questi medesimi luoghi di Sora e Isola e dintorni e quelli della Valroveto erano divenuti motivi ispiratori e meta di tanti altri artisti tra cui Alexandre-Hyacinthe Dunouy, Jakob Philipp Hackert, Abraham Louis Rodolphe Ducros, Jean-Joseph-Xavier Bidauld, i napoletani Giuseppe Carelli, Salvatore Fergola, Gabriele Smargiassi e poi una sequela interminabile qui e altrove in Ciociaria. E il Museo Hirschsprung di Copenhagen ospita questa esposizione il cui fulcro sono Sora e Civita d’Antino alla fine dell’Ottocento. Il Museo Hirschsprung è la emanazione di un mecenate imprenditore di quegli anni, Heinrich Hirschsprung appunto, che raccolse e promosse le opere e gli artisti danesi acquistandone i lavori e creando una collezione, e una pinacoteca, donata allo Stato e che ora è ai primi posti nel Paese per qualità e significato.
Una trasferta culturale e turistica in occasione della esposizione a Copenhagen, dove tra il tanto altro opera con successo un ristorante che si chiama “Casa d’Antino” non mi sembra che abbia risvegliato interesse come pure il fatto che qualche istituzione pubblica o privata avesse letto e ravvisato il valore eccezionale di un possibile spostamento della mostra anche da queste parti, così lesivamente a digiuno di certi pasti e cibi!
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