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Ferrovie dello Stato, solito circolo (non) virtuoso

Ferrovie dello Stato, solito circolo (non) virtuoso

Il terzo occhio

Ferrovie dello Stato, solito circolo (non) virtuoso

E' di pochi giorni fa la notizia che il governo ha avviato le procedure per privatizzare il 40% delle Ferrovie. Lo ha annunciato Graziano Delrio, rassicurando sul fatto che la quota di maggioranza dell'azienda rimarrà comunque in seno allo Stato. La decisione ha destato molte critiche, anche perché pare che FS negli ultimi anni avesse rivisto bilanci in attivo. Si tratta infatti, come il governo non nega, di un'operazione fatta solo ai fini della stabilità dei conti pubblici.

Ci risiamo. Lo Stato continua a vendere parti di se stesso nella ingenua speranza di ridurre il debito pubblico. Cedendo il 40% di FS è vero che la spesa pubblica tenderà a diminuire, ma diminuiranno anche le entrate, e potrebbero magari esserci disoccupati in più da sussidiare. Non si abbassa un debito tagliando, ma incrementando i guadagni, i quali andranno a coprire i debiti precedentemente contratti. Ecco perché attualmente, con l'economia in stallo, risparmiare è da sciocchi e invece sarebbe logico investire. Questa manovra fa parte di una nuova tranche di privatizzazioni, si è iniziato ad agosto con Poste e il fine, sia per Poste che per Ferrovie dello Stato, è quello di far sbarcare questi marchi in Borsa.

È però assurdo che anche alcune aziende pubbliche vengano quotate, assurdo pensare che un'azienda pubblica debba entrare nelle logiche del mercato e perseguire il profitto. E se le aspettative degli investitori non vengono rispettate, che si fa? Si taglia? Si licenzia? Si riducono i servizi offerti? L'imprenditoria pubblica esiste proprio perché è in grado di sottrarre alle leggi del profitto i settori strategici di primaria importanza, garantendo al cittadino un servizio a costo più basso e controllato, e anche per poter improntare una politica industriale basata sulla cooperazione tra pubblico e privato tramite la gestione degli indotti.

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