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L'inchiesta

«Per Paolo Mendico si poteva e doveva fare di più»

Gli ispettori del ministero contestano omissioni nella gestione della classe dell’istituto Pacinotti. Chiesti tre procedimenti disciplinari, mentre proseguono le indagini della magistratura

Paolo Mendico

Paolo Mendico

Per la morte di Paolo Mendico, il quattordicenne di Santi Cosma e Damiano che si è tolto la vita l’11 settembre, «si poteva e si doveva fare di più». È la conclusione a cui giungono gli ispettori del Ministero dell’Istruzione e del Merito, che hanno trasmesso la loro relazione al ministro Giuseppe Valditara, come anticipato da un’inchiesta pubblicata su Repubblica.it. Il documento, frutto dell’ispezione condotta all’istituto tecnico Pacinotti, frequentato dal ragazzo, mette in evidenza gravi carenze nella gestione di una classe descritta come “turbolenta”, segnata da comportamenti ripetutamente “non conformi al regolamento d’istituto” e da atteggiamenti definiti “quasi aggressivi”. Secondo gli ispettori, la scuola non avrebbe mai avviato una valutazione approfondita degli episodi segnalati né attivato il protocollo antibullismo previsto dalle linee guida ministeriali, nonostante il clima problematico fosse già emerso chiaramente dai verbali dei consigli di classe.

A seguito dell’ispezione, il Mim ha chiesto l’apertura di tre procedimenti disciplinari: uno nei confronti della dirigente scolastica, uno della vicedirigente e uno della responsabile della succursale dell’istituto, per presunte condotte omissive legate ai rispettivi ruoli. Come confermato dall’Ufficio scolastico regionale del Lazio, le procedure risultano in corso. E parallelamente vanno avanti anche le indagini giudiziarie. La Procura dei minori ha iscritto nel registro degli indagati quattro compagni di classe di Paolo, ipotizzando il reato di istigazione al suicidio, mentre la Procura di Cassino procede contro ignoti. Al centro degli accertamenti ci sono anche le chat tra studenti, considerate elementi potenzialmente decisivi per accertare eventuali responsabilità penali.

Dalle 28 pagine della relazione ispettiva emerge un quadro definito come segnato da omissioni e ricostruzioni incoerenti. Per il collegio ispettivo, la versione delle dinamiche di classe contenuta nei verbali ufficiali appare più attendibile rispetto a quella fornita da alcuni docenti durante le audizioni. Nei documenti scolastici, infatti, le difficoltà disciplinari risultavano già evidenti a partire dal dicembre 2024, con un progressivo peggioramento nei mesi successivi. Eppure, davanti agli ispettori, la vicedirigente – componente del team antibullismo – ha dichiarato di non essere mai venuta a conoscenza di episodi di bullismo ai danni di Paolo. Una ricostruzione che contrasta con quanto riferito dai genitori del ragazzo, ascoltati nel corso dell’ispezione: «Abbiamo avuto almeno cinque o sei incontri – hanno raccontato – segnalando matite spezzate, calci allo zaino, prese in giro e derisioni».

Gli ispettori criticano anche l’approccio adottato dalla dirigenza, giudicato inadeguato. Secondo la relazione, la dirigente non avrebbe dovuto limitarsi a sollecitare singoli provvedimenti disciplinari, ma promuovere interventi strutturati e condivisi, in linea con il protocollo antibullismo. Particolarmente severo il giudizio sulla responsabile della succursale che, pur avendo appreso dei soprannomi rivolti a Paolo – come “Paoletta” o “femminuccia” – avrebbe scelto un richiamo generico in classe, senza attivare le procedure previste. Pur precisando che non tutti i comportamenti segnalati presentavano gli elementi giuridici per configurare il reato di bullismo, gli ispettori sottolineano come gli atteggiamenti aggressivi avrebbero comunque richiesto una presa in carico più attenta e sistematica, nel rispetto del dovere di vigilanza.

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