L'intervista
17.08.2025 - 10:00
È molto giovane e molto intelligente. Le sue qualità di studiosa intuitiva e di docente illuminata le ha portate a Siviglia, dove da cinque anni insegna matematica alla facoltà di Fisica. Tiene convegni e conferenze in tutto il mondo, si confronta quotidianamente con altri virtuosi della disciplina. È Martina Magliocca, frusinate, che come tante coetanee ha trovato fuori dagli italici confini soddisfazioni connesse alla sue qualità. Non è questa la sede per parlare della fuga di cervelli e di problematiche connesse. Vogliamo soltanto conoscere meglio questa giovane ricercatrice, che con grande cortesia si sottopone al fuoco di fila delle nostre domande, la prima delle quali è un po’ obbligata.
Come nasce la passione per la matematica?
«In modo abbastanza singolare. Mi ero iscritta infatti alla facoltà di biologia, poi guardando una mia coinquilina che era invece iscritta a fisica e che era alle prese con gli integrali, mi si è spalancato un mondo. Volevo in realtà iscrivermi a matematica già prima, ma a quell’età la linea di confine tra ciò che si vuole fare e ciò che poi si fa è molto sottile, quasi impercettibile. Sono tornata laddove il mio intuito mi stava portando. Galeotti furono gli integrali».
Einstein diceva che tutto ciò che si riferisce alla realtà non fosse certo e che ogni scienza esatta fosse pertanto irreale. È solo un paradosso?
«Contraddire Einstein non è proprio una cosa leggera… Allora mi limito ad affermare che dalla mia posizione e a una prima approssimazione mi sento di dire che la matematica sia una scienza esatta, al riparo da pur illuminati paradossi».
La simbologia dei numeri ti affascina o il tuo approccio alla materia è rigoroso e scientifico?
«La seconda opzione, senza alcun dubbio. Francamente tutto ciò che intende attribuire ai numeri poteri e influenza sulle vicende umane mi pare risibile. La cabala e altre suggestive interpretazioni non appartengono al mio modo di pensare. Per me i numeri hanno una sola valenza: quella matematica».
Lavorare all’estero: un privilegio, un’esperienza intrigante o una strada obbligata per molte menti del nostro Paese?
«Talvolta direi obbligatissima, sebbene a me piaccia. So che per molti è stato un percorso necessario e persino un po’ doloroso, perché non tutti sono capaci di recepire culture e tradizioni differenti. Per quanto mi riguarda è una cosa stimolante e la vivo senza traumi apparenti, con un consistente bagaglio di curiosità a supporto».
Siviglia che tipo di città è? Ti ricorda qualche città italiana?
«Non mi viene in mente alcun parallelo da proporre all’interno dei confini italiani. Siviglia è una città pervasa da un profondo senso religioso e legatissima alle proprie tradizioni, prima fra tutte la “Cabalgada de Los Reyes Magos” che si svolge il 5 gennaio. I Re Magi, accompagnati da altri figuranti, distribuiscono caramelle, che vengono proprio lanciate alla gente in un clima festoso. Di fatto qui i doni, che da noi vengono distribuiti tra Natale e l’Epifania, convergono tutti in questa data. Parimenti importante è la “Semana Santa”, infarcita di processioni e di eventi molto sentiti dalla popolazione».
A noi Siviglia ricorda inevitabilmente l’opera di Rossini. A te che ci vivi, qual è la prima immagine che ti viene in mente?
«I Nazareni, senza dubbio. Sono dei penitenti che sfilano scalzi in processione e in verità la prima volta che li ho visti hanno generato in me un inquietante parallelo con il Ku Klux Klan. Per fortuna erano altra cosa».
Vai spesso in altre nazioni per tenere conferenze. Secondo te i luoghi hanno un’anima?
«Sono stata di recente a Bilbao e non posso che risponderti di sì. La mia sensazione però è che certi luoghi abbiano un’anima più pronunciata, se così si può dire».
Cosa ti porti dell’Italia e della Ciociaria quando sei in giro per il mondo?
«Io non ho alcuna esasperazione dell’appartenenza al territorio, alle radici, alla terra natia. Come diceva Gaber? Io non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo lo sono. Ecco, il mio pensiero non è molto dissimile. Diciamo che dell’Italia e della Ciociaria mi porto… le coppiette e l’accento, nonché il sacro rispetto per la pizza e la pasta. Talune ricette vengono storpiate in modo incredibile lontano dai nostri confini».
Durante il tuo percorso di studi, immaginavi che avresti potuto vivere all’estero?
«No, nel modo più assoluto. È stata una sorpresa, una delle variabili che la vita ti presenta. Considera che all’epoca non c’era così tanta gente che andava all’estero a lavorare. Peraltro, se devo essere sincera, devo dirti che per un lungo periodo mi rappresentavo un futuro da veterinaria».
Cosa ti ha fatto cambiare idea?
«Io ho un’idiosincrasia assoluta verso i rumori improvvisi. Salto letteralmente in aria quando accade che un forte rumore scuota il silenzio. Di conseguenza anche l’abbaiare improvviso di un chihuahua sarebbe stato per me un problema. E allora progressivamente mi sono convinta che il mio futuro non fosse quello di curare gli animali, che pure in teoria era una cosa che mi affascinava parecchio».
Pentita di aver lasciato l’Italia?
«Per nulla, mi trovo perfettamente a mio agio e se qualcuno palesa un dubbio specifico, gli consiglio di “buttarsi”. È un’avventura che vale la pena di vivere, senza dubbio».
Se la tua vita fosse un numero, che numero sarebbe?
«Ti dico 17, non già perché ritenga che la mia vita sia poco fortunata, ma perché mi fa ridere che qualcuno possa attribuire a un numero poteri nefasti o benefici. Diciamo che non sono un’estimatrice degli oroscopi e della cartomanzia».
La geometria crea figure ben definite nello spazio, ma lo spazio è infinito. Ti fa paura l’infinito?
«No, mi genera angoscia solo l’integrale non convergente, quando dovrebbe essere finito. Accetto invece con grande serenità l’idea che l’universo sia infinito, un universo finito sarebbe meno intrigante, il fatto che sia infinito genera curiosità».
Newton o Leibniz: chi buttiamo giù dalla torre?
«Butto giù Newton senza indugi, perché adoro Leibniz e le sue regole sulle derivate».
Puoi attribuire un colore all’algebra e uno alla geometria?
«Certo, il nostro mondo è fatto di suoni e colori. E allora ti dico che per me l’algebra è di colore giallo e la geometria è blu».
Quali sono i tuoi hobby? Hai un libro preferito? Vai al cinema?
«Quando sono abbastanza rilassata leggo, ma più che un libro preferito ho degli autori che mi appassionano e che prendo a scatola chiusa. Parlo soprattutto di Steinbeck ma anche di Caldwell. Al cinema non vado spesso, ma in compenso vedo tanti film su Netflix. Quelli che preferisco sono gli horror, ma ben strutturati, altrimenti diventano quasi buffi, tipo quelli “splatter” su zombie e affini».
Attore e attrice preferiti?
«Ti indico soltanto un’attrice, McKenna Grace, che interpreta il piccolo genio della matematica nel film “Il dono del talento”. Può darsi che sia un po’ condizionata dall’argomento, ma la mia attrice preferita è lei».
Cosa deve aggiungere un docente alle nozioni per essere apprezzato adeguatamente dagli studenti?
«Questa è una domanda complessa, dipende un po’ dal gruppo. La ricettività non è sempre la stessa, mentre io mi pongo alla stessa maniera con tutti gli studenti. Quest’anno a fine lezioni mi hanno regalato una mia caricatura, una deliziosa torta al cioccolato e altro. È importante trattarli come esseri umani, prima ancora che come carte assorbenti del sapere. Dietro ognuno di loro c’è una storia, che ovviamente non si conosce, ma si deve comunque rispettare».
Sei credente? O, se preferisci questa formulazione, scienza e religione possono andare a braccetto?
«Non sono credente. Il mio approccio all’esistenza è logico matematico e di conseguenza materialistico. Mi piace citare Evans, che nel suo “Partial Differential Equations, American Mathematic Society”, afferma che teologia e matematica abbiano entrambe l’esistenza quale oggetto di studio. Noi però l’analizziamo senza dover fare riferimento alla fede».
C’è qualcosa dell’Italia che ti manca in particolare?
«Potrà non essere una risposta romantica ma direi la carbonara, senza dubbio».
Hai la macchina del tempo. In quale epoca scegli di vivere?
«Premetto che qualunque epoca sarebbe probabilmente peggiore di questa, visto che sono una donna e le conquiste della donna possono ben essere paragonate a una funzione crescente, che in matematica si chiama più esattamente monòtona.
Nei periodi precedenti stavamo peggio, senza ombra di dubbio. Però se proprio dovessi scegliere un periodo diverso da quello attuale, mi piacerebbe magari assistere alla prima proiezione cinematografica o comunque calarmi in un momento di grande processo scientifico, un’epoca di scoperte capaci di dare una svolta decisa all’esistenza dell’uomo».
Nella tua stanza da adolescente c’erano manifesti di?
«Sailor Moon, la ragazza guerriera. Nel mio immaginario di bimba si è fatta strada, anche in virtù del suo modo particolare di porsi: un pochino buffa, quasi un’antieroina».
Siamo sulla buona strada?
«Il percorso mi pare ancora un pochino tortuoso, ma l’importante è andare avanti».
Parliamo di musica. Hai tempo e modo di ascoltarla?
«Credo che la musica sia una necessità dell’anima per qualunque individuo e non mi sottraggo alla regola. Ascolto quel che in un certo momento appaga la mia voglia di evadere e di sognare. Non certo le hit, per intenderci. Di musica italiana ascolto solo i brani di Fabrizio De André. Mi piacerebbe saper cantare, ma sono irrimediabilmente stonata».
I numeri sono la tua vita, ma… sai contare fino a dieci? Fuor di metafora, sei una persona paziente o sei un’impulsiva?
«La pazienza non può proprio dirsi una mia virtù. Compio frequentemente lo sforzo di controllarmi, ma talvolta è uno sforzo vano e allora viene fuori con prepotenza lo scaricatore di porto che è in me».
Se potessi cancellare uno dei mali del mondo, quale elimineresti?
«Ovvio che ci sia l’imbarazzo della scelta. Sono incerta tra le malattie e le tasse. Entrambe deturpano la serenità e inquinano l’anima».
La chiacchierata si chiude qui. Ora Martina, dopo una breve vacanza italiana, deve tornare a spiegare agli studenti spagnoli la “sua” matematica: scienza esatta, rigorosa ma fascinosa. Tra integrali, derivate, teoremi e un brano di De André, Martina, un’eccellenza ciociara, vive in Spagna.
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