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Frosinone

Accessi abusivi, giudizio immediato per gli avvocati Scaccia e il carabiniere Casolaro

La procura ha chiesto e ottenuto il giudizio immediato. Oltre agli ingressi nelle banche dati contestata la corruzione e la rivelazione di segreto

tribunale frosinone

Il tribunale di Frosinone

L’11 luglio la prima udienza del giudizio immediato per il caso degli accessi abusivi alle banche dati delle forze dell’ordine. Ma le difese degli avvocati Alfredo e Gabriele Scaccia e del luogotenente dei carabinieri Carmine Casolaro promettono battaglia e sono pronti a citare 80 testimoni. Tra cui vari appartenenti alle forze dell’ordine. Nelle scorse settimane era stata la procura a sollecitare il giudizio immediato a carico dei tre nell’ambito di un’inchiesta, partita da Verbania e poi trasferita per competenza a Roma, essendo contestato, oltre alla corruzione e la rivelazione di segreti d’ufficio, l’accesso abusivo alle banche dati. Il processo, però, si farà a Frosinone davanti al collegio presieduto dal giudice Francesco Mancini.

Per chi indaga, nel periodo oggetto degli accertamenti effettuati dalla guardia di finanza di Verbania, ci sarebbero oltre 19.000 accessi non autorizzati. I pm di Verbania avevano focalizzato la propria attenzione su Frosinone all’esito dei risultati di un’altra indagine aperta in Piemonte. La corruzione - è l’ipotesi portata avanti dall’accusa ma fortemente contestata dai tre imputati - sarebbe consistita in utilità in denaro, non meglio precisate, consegnate al carabiniere, all’epoca in servizio alla stazione di Frosinone. L’ipotesi formulata dagli investigatori delle Fiamme gialle è che dietro gli accessi abusivi si nasconderebbe l’obiettivo di carpire informazioni riservate sullo stato di alcuni procedimenti penali, uno strumento - per chi indaga - per fare pressione sulle controparti. In base alle accuse, i legali avrebbero cercato informazioni sulle iscrizioni di procedimenti, sul magistrato titolare del fascicolo e spinto perché le persone querelate fossero subito avvisate, venendo così, a loro volta, a conoscenza dell’attività in corso. Informazioni che - secondo l’accusa - il carabiniere non sarebbe stato legittimato a fornire (ma lui nega che sia così) e che gli avvocati non avrebbero dovuto conoscere, almeno fino a quel momento. Tra i motivi di sospetto adombrati dagli investigatori l’elevato numero di consultazioni effettuate sulla banca dati.

L’accusa fonda le sue ipotesi sulle intercettazioni, sull’utilizzo di un linguaggio cifrato e su un sequestro di 10.000 euro, effettuato nell’ufficio del luogotenente. Tuttavia, i tre si sono sempre difesi sostenendo che i soldi di cui si parla nelle telefonate intercettate si riferiscono alla contabilità, tra dare e avere, per delle scommesse sportive, mentre gli accessi al sistema informatico delle forze dell’ordine sarebbero avvenuti legittimamente per motivi squisitamente professionali. Gli Scaccia e Casolaro sono difesi dagli avvocati Marco Cianfrocca e Nicola Ottaviani.

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