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L'intervista

Fabio Tagliaferri in contropiede: «Ai tanti pregiudizi rispondo con i risultati»

Il presidente di Ales a tutto campo: «In crescita sia il fatturato che l’utile. Ma quale miracolato, senza titoli idonei non avrei mai avuto l’incarico»

fabio tagliaferri

Fabio Tagliaferri, presidente e ad di Ales dal primo febbraio 2024

«Vorrei spiegare di cosa mi occupo da presidente di Ales: è possibile?». Da diciassette mesi Fabio Tagliaferri è presidente e amministratore delegato di Ales, acronimo che sta per Arte Lavoro e Servizi spa. Parliamo della società in house del Ministero della Cultura, impegnata da oltre vent’anni in attività di supporto alla conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale italiano. Recentemente Tagliaferri è stato confermato per tre anni alla guida di Ales. La sua nomina iniziale ha scatenato un vespaio di polemiche politiche.

Allora Tagliaferri, di cosa si occupa all’Ales?
«Intanto diciamo che Ales si occupa di servizi relativi alla cultura in senso ampio: dalla fruizione dei musei e dei parchi alla manutenzione, dalle visite guidate alla biglietteria. Poi c’è anche il supporto amministrativo al Ministero della Cultura. Mi riferisco, per esempio, alle opere finanziate con i fondi del Pnrr o del Piano nazionale complementare. Le racconto una curiosità: quanti sanno che lo stadio Artemio Franchi di Firenze è vincolato al Ministero della Cultura? Ecco, Ales su questo tema fornisce assistenza al Comune di Firenze. Ovviamente nel contesto di benefici in termini di ristrutturazione. Mi passi la battuta: il sottoscritto continua a occuparsi di stadi: dal Benito Stirpe di Frosinone all’Artemio Franchi di Firenze».

Però Tagliaferri, Ales si occupa anche di molto altro. O no?
«Ci arrivo: dalle Scuderie del Quirinale a Pompei, dal Colosseo agli Uffizi. Però le Scuderie del Quirinale hanno una particolarità, nel senso che ad Ales è stata affidata la gestione diretta. Negli altri casi invece agiamo su input del committente».
Quando è stato nominato al vertice di Ales è stato detto di tutto, che un ente del genere non si poteva affidare ad un noleggiatore di auto. E che ciò era stato possibile per via della sua vicinanza politica ad Arianna Meloni. Oggi lei cosa risponde?
«Dico che parlano i risultati. Sono da oltre un anno al timone e mi hanno appena confermato per tre anni. Abbiamo approvato il bilancio 2024 su basi pratiche e non teoriche. Alcuni numeri: il fatturato di Ales è di 108 milioni di euro, con una crescita di 8 milioni rispetto all’anno precedente. L’utile di impresa è di 6 milioni di euro. Si è proceduto alla riorganizzazione dell’Azienda: sono stati costituiti nuovi uffici e altri sono stati modificati. Abbiamo allineato Ales alle esigenze e agli obiettivi delineati in sede di programmazione. Ales ha due sedi, a Roma e Napoli. In entrambe eravamo in affitto. La sede di Roma è stata acquistata, a Napoli c’è un ufficio nuovo, con standard decisamente superiori e con un affitto inferiore».

C’è chi ha parlato di poltronificio, di assumificio.
«Non scherziamo. Ales ha 2.300 dipendenti e assume esclusivamente con nuove commesse. Lo sottolineo bene: Ales assume se e soltanto in presenza di nuove commesse da parte del Ministero».

Per un incarico del genere la raffica di critiche politiche fa parte del “pacchetto”. Non trova?
«Francamente non parlerei di critiche, perché quelle si fanno a posteriori sulla base dei risultati e delle analisi. Il sottoscritto è stato oggetto di un pregiudizio. Nel senso di un giudizio dato prima. Le critiche, se motivate, possono essere perfino giuste. Il pregiudizio no: è politico e strumentale».

In sostanza le opposizioni hanno detto che lei non aveva i titoli. Le hanno dato del miracolato.
«Non è così. Oltre al percorso politico alle spalle, mi sono anche formato sul piano professionale e manageriale. Parlo degli studi universitari, di un concorso vinto, di ruoli ricoperti. Poi sinceramente ritengo di avere una formazione sia pubblica che privata. E siccome Ales è un’azienda di diritto privato a capitale pubblico, si può dire che il mio profilo è idoneo».

Lei ha una vicinanza politica chiara con Arianna Meloni.
«Con Arianna, da anni, ci sono stima, fiducia e amicizia. Ma questo non ha nulla a che vedere con la mia nomina al vertice di Ales. Se non avessi avuto i titoli, il ministro Gennaro Sangiuliano (non Arianna Meloni) non mi avrebbe mai tenuto in considerazione per l’incarico. Un’ultima cosa: si è molto ironizzato sul fatto del noleggiatore di auto. Ma perché? È un’attività della quale mi vanto».

Passiamo al Comune di Frosinone, dove lei ha ricoperto più volte i ruoli di consigliere, assessore e perfino vicesindaco. È stato pure segretario cittadino di Fratelli d’Italia. Perché avete chiesto al sindaco Mastrangeli modifiche al Piano di mobilità? Sembra un preavviso di sfiducia.
«Dieci anni fa è stata ipotizzata la città del futuro, dando delle strategie. Nel frattempo la situazione è cambiata e il capogruppo Franco Carfagna bene ha fatto a chiedere al Sindaco modifiche per migliorare la qualità della vita dei cittadini: parcheggi, viabilità, percorso del Brt. FdI è il partito di maggioranza relativa a Frosinone: ha il diritto-dovere di avanzare proposte su tematiche che riguardano i cittadini. Mai abbiamo parlato di poltrone».

A Frosinone le primarie si sono sempre fatte, sapendo però chi avrebbe vinto. Perché nel 2027, invece, secondo voi dovranno essere contendibili? Anche qui: non è una sfiducia a Mastrangeli?
«Se Mastrangeli fosse rimasto civico, FdI lo avebbe sostenuto senza problemi alle primarie. Ma siccome lui stesso si è definito un sindaco civico in quota Lega, se permette Fratelli d’Italia alle primarie indicherà un suo candidato. Si chiama politica».

Parliamo della cena con il vicesindaco Antonio Scaccia: prove di asse di ferro?
«Rispondo con due domande. Perché tanto nervosismo? Qualcuno ha nostalgia della formula del “divide et impera”?».

A Frosinone ci sono ormai due “anime” di FdI? La sua e quella del deputato Aldo Mattia?
«Giorgia e Arianna Meloni hanno detto che in questo partito non è prevista l’esistenza di “correnti”. Vale in tutta Italia e quindi anche a Frosinone. L’ingresso di Aldo Mattia (eletto in Basilicata) nel circolo di Frosinone rappresenta un valore aggiunto. Peraltro ha dato un contributo importante in termini di tessere sottoscritte. C’è stato un confronto congressuale legittimo e sano. Nessuna divisione».

Una stagione congressuale da record per la federazione provinciale di Fratelli d’Italia. Come valuta questo fatto?
«Di solito i partiti, quando sono al governo del Paese, perdono di vista i territori e le base. Fratelli d’Italia non lo ha fatto a nessun livello: nazionale, regionale, provinciale, comunale. Il deputato e presidente provinciale Massimo Ruspandini ha seguito questa linea e lo ha fatto benissimo. Stesso discorso, a livello regionale, per il parlamentare Paolo Trancassini».

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