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Cassino

Appalti truccati. Nuovi dettagli dall’inchiesta

Dall’inchiesta della Dda, che ha coinvolto gli imprenditori cassinati, emergono altri importanti dettagli. Romano, che poi ha scelto di collaborare, ipotizza un meccanismo che poteva contare sull’aiuto dei politici

Appalti truccati. Nuovi dettagli dall’inchiesta

Un vero e proprio sistema per dirottare gli appalti, secondo i magistrati, in favore di alcuni «imprenditori del sistema». Un meccanismo che per gli inquirenti sarebbe stato possibile «grazie a un patto siglato con gli esponenti siciliani di Cosa Nostra a Catania, ossia i Santapaola, la cui massima espressione è costituita da Francesco Santapaola, attualmente detenuto al 41 bis». Ed è proprio con il nipote di “Nitto” che gli intermediari avrebbero fatto sistema per gli appalti “col trucco” nel settore dei rifiuti. Nel mirino della Dda sono finiti, insieme ad altre 32 persone, gli imprenditori cassinati del settore dei rifiuti Vittorio Ciummo e il figlio Carlo. Nei loro confronti, così come per altri coinvolti, è stata avanzata una richiesta di misura cautelare in carcere. A differenza di molti indagati campani che da ieri sono stati e verranno sottoposti a interrogatorio preventivo (istituto introdotto dalla riforma Nordio) al termine del quale il gip si riserva di assumere eventuali provvedimenti restrittivi, per gli imprenditori di Cassino non è stata avanzata questa richiesta. Motivo per il quale al momento risultano solo indagati. Ricordiamo che gli imprenditori cassinati sono a capo della ditta Super Eco che serve 15 Comuni – molti del Cassinate, oltre a Frosinone, e ad altri campani e abruzzesi – (con sede legale a Cassino e operativa a Pignataro Interamna) arrivata prima pure nella gara d’appalto per il servizio a Terracina.

Nicola Ferraro, ritenuto dai giudici un referente imprenditoriale vicino al gruppo Schiavone, è una delle figure centrali dell’inchiesta insieme ad altri imprenditori come Domenico Romano. Attraverso Ferraro – scrivono gli inquirenti – il clan «nel tempo avrebbe messo le mani nella pubblica amministrazione per il controllo degli appalti, pure nel settore della sanificazione ospedaliera». Ferraro, insieme ad altri indagati come Domenico Romano, per i magistrati avrebbe «delineato un sistema in modo da veicolare gli appalti e imprenditori designati tra cui Agnello e i Ciummo». Alla gara per la zona di Catania nord parteciparono due ditte: quella dei Ciummo e la Ecocar di Marcianise. Che presentarono percentuali di offerta economica molto vicine, secondo la ricostruzione di Romano. Tanto da «ipotizzare un accordo». In base ai riscontri della Dda sarebbe stato proprio Romano a muoversi per cercare collegamenti con sindaci ed esponenti dell’amministrazione, pure di Catania. Lo stesso Romano, dopo aver deciso di collaborare, avrebbe offerto importanti spunti investigativi.

«Il primo imprenditore che Ferraro mi propose fu un tal Ciummo - scrivono gli inquirenti facendo riferimento all’interrogatorio di Romano del 2023 - un imprenditore nella raccolta dei rifiuti distribuita su tre lotti: il nord, il centro e il sud della città di Catania. Si trattava di un grosso appalto di centinaia di milioni di euro. E Ferraro mi chiese se potessi io introdurre Ciummo a Catania per “facilitarlo nell’aggiudicazione”. Mi informai con alcuni referenti politici per chiedere se la gara fosse già assegnata a qualche ditta locale. Dopo un po’ mi garantirono la fattibilità dell’operazione, sicché ne parlai con Ferraro». Ad avvenuta aggiudicazione, però, Ciummo - racconta sempre Romano - non avrebbe voluto corrispondere la “percentuale” perché era convinto che «non avessimo fatto nulla per lui».

In base alle contestazioni dei magistrati della Dda (avanzate nel 2023) gli imprenditori di Cassino sarebbero risultati «beneficiari dell’accordo concluso da Ferraro con i Santapaola, i quali dopo aver ottenuto gli appalti con il “sistema di Ferraro”, gli avrebbero versato una quota di 10.000 euro al mese per la durata dell’appalto, parte della quale sarebbe stata destinata al clan». In realtà per gli inquirenti una parte sarebbe andata anche a Romano, in base «all’importo di aggiudicazione dell’incanto». Ciummo contesta ai suoi interlocutori la possibilità di essere stato “aiutato”, ribadendo di aver vinto la gara correttamente.
Per convincerlo del contrario, però, Romano avrebbe organizzato un incontro con un intermediario, un deputato della regione Sicilia. Un incontro a cui fu invitato il figlio Carlo per «capire». Un incontro che si svolse in Comune. E durante il quale, scrivono ancora i magistrati, si sarebbe parlato della necessità di valutare pure l’assunzione di alcune persone. Per parte dei coinvolti hanno avuto inizio ieri gli interrogatori preventivi. Ma non per i due imprenditori, assistiti dagli avvocati Dell’Anno e Salera, che sono indagati solo a piede libero.

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