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Alatri

Omicidio di Andrea Fiore. Condannato il capo della gang

Inflitti vent’anni a Giacomo Daranghi, ritenuto alla guida di un’associazione di stampo mafioso. Avrebbe ordinato il delitto del carrozziere e la gambizzazione di due persone tra cui il fratello

andrea fiore

Sequestro di persona, aggressioni, gambizzazioni, spaccio di droga e un omicidio. Condannata la “gang delle torture”, un’associazione ritenuta dagli inquirenti di stampo mafioso con a capo il ventinovenne originario di Alatri, Giacomo Daranghi. Martedì è stata emessa la sentenza nel processo che si è svolto a Roma nei confronti di quattro giovani, ritenuti membri di un gruppo criminale del Quadraro a Roma. Inflitti venti anni a Daranghi.  La figura chiave sulla quale è ruotato il processo è stata proprio quella di Daranghi accusato di una sfilza di reati: essere capo e promotore di un’associazione di stampo mafioso, per l’omicidio di Andrea Fiore (il carrozziere romano ucciso nella capitale il 27 marzo 2023), per la detenzione di un arsenale di armi e poi per essere anche capo e promotore di un’altra organizzazione con finalità di spaccio di droga, oltre che per tre tentati omicidi scaturiti da regolamenti di conti, sequestro di persona e lesioni.

L’inchiesta è partita da un episodio avvenuto nel febbraio 2023, quando due persone vennero gambizzate a Morena, tra cui Simone, il fratello di Giacomo Daranghi. La polizia ha ipotizzato una spedizione punitiva per un debito di droga non saldato. Poi l’inchiesta si è allargata: c’è stato un primo omicidio al quale ha fatto seguito, pochi giorni dopo, quello di Fiore, 54 anni, amico della prima vittima, Luigi Finizio, 51 anni. Viti è stato riconosciuto come l’esecutore materiale dell’omicidio di Andrea Fiore e condannato a 14 anni. Da lì l’inchiesta ha preso il largo, con la procura di Roma che ha ipotizzato una serie di spedizioni punitive dietro le quali ci sarebbe stato proprio Daranghi. Secondo le accuse, la banda di Daranghi non si sarebbe fatta scrupoli di torturare un uomo, anche amputandogli un dito, per ottenere informazioni su dove rintracciare una persona nei confronti della quale l’organizzazione vantava un credito di 80.000 euro. Sarebbe stato Daranghi ad aver ordinato il sequestro e le torture. Il ventinovenne lo scorso marzo era stato colpito da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita dalla Mobile di Roma.
Nell’udienza dell’altro ieri sono arrivate anche le condanne per Simone Di Salvio al quale sono stati inflitti cinque anni (la stessa pena richiesta da pm), e per Fabrizio Finizio, condannato a tre anni (il pm ne aveva chiesti quattro e mezzo). Ilian Cotrin Fratita sconterà due anni (il pm aveva chiesto due anni e quattro mesi). Come ricostruito nella minuziosa indagine, gli imputati controllavano il traffico di droga in una vasta zona della capitale, dal Tuscolano a Primavalle. In un bed & breakfast avevano allestito una “stanza delle torture”, Gli investigatori hanno trovato nella struttura una mannaia insanguinata e una bustina di cellophane con un dito, un avvertimento rivolto a coloro che provavano a ribellarsi.

Nel collegio difensivo gli avvocati Sandro D’Aloisi, Christian Alviani, Tony Ceccarelli, Francesco Tagliaferri, Arcangela Campilongo e Domenico Leto. Per le motivazioni della sentenza bisognerà attendere novanta giorni. Qualora non venisse proposta impugnazione, tutte le condanne verrebbero ridotte di un sesto, che per Daranghi in particolare significherebbe scendere a sedici anni e, tenendo conto della riduzione di pena per buona condotta, potrebbe arrivare a dodici.

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