L'analisi
27.04.2025 - 20:00
Nel rapporto annuale del Dep Lazio un capitolo dedicato al Sin Valle del Sacco
Aumentano i rischi di demenza associati a benzene, biossido d’azoto, Pm10 e Pm2,5 e di Parkinson correlati a ozono e Pm2,5. È la conclusione di uno studio di coorte retrospettivo, condotto nella Valle del fiume Sacco, su circa 300.000 residenti, dal dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio. Il rapporto, pubblicato in questi giorni, è stato subito commentato dal circolo il Cigno di Legambiente Frosinone per ribadire che «è la prima volta che questa associazione viene riportata nel nostro territorio. I risultati raggiunti dal team del Dep Lazio rafforzano la nostra convinzione che il problema smog va aggredito con maggiore determinazione e coraggio. Non è ammissibile minimizzare i rischi sanitari associati a una cattiva qualità dell’aria in un territorio come il nostro, cronicamente affetto dall’inquinamento atmosferico».
Il Dep Lazio ricorda che «la ricerca sulla relazione tra inquinamento atmosferico e malattie neurodegenerative è in espansione. Tuttavia, pochi studi si concentrano su questa associazione nei siti contaminati». E che «i risultati rafforzano l’ipotesi che l’inquinamento atmosferico possa essere un fattore di rischio per lo sviluppo di malattie neurodegenerative». Nel presentare lo studio, i ricercatori osservano che «l’esposizione prolungata all’inquinamento atmosferico è stata collegata a molteplici effetti sulla salute, come disturbi cardiovascolari, respiratori, immunologici, endocrini e insorgenza di tumori. Negli ultimi anni, la ricerca si è concentrata anche sulla relazione tra inquinamento atmosferico e malattie del sistema nervoso, comprese malattie neurodegenerative come demenza, morbo di Alzheimer e morbo di Parkinson. Recenti meta-analisi e una revisione generale hanno evidenziato associazioni statisticamente significative tra comuni inquinanti atmosferici come il particolato con diametro aerodinamico inferiore a 10 micrometro (Pm 10) o 2,5 micrometro (Pm 2,5 ), il biossido di azoto e l’ozono e il rischio di demenza. Studi precedenti si sono concentrati sull’associazione tra inquinamento atmosferico e insorgenza di malattie neurodegenerative in ampie coorti europee, ma le prove di questa specifica associazione in siti contaminati e aree criticamente ambientali, come la valle del fiume Sacco, sono attualmente scarse».
Nello studio è stata esaminata «la relazione tra l’esposizione a lungo termine a sei inquinanti atmosferici e il rischio di demenza e incidenza del morbo di Parkinson in un’ampia coorte della Valle del fiume Sacco, un sito contaminato nell’Italia centrale». Gli inquinanti considerati sono stati il benzene, il biossido d’azoto, l’ozono, il Pm 10, il Pm 2,5 e il biossido di zolfo. Nelle conclusioni, il gruppo di lavoro composto dai ricercatori Alessandro Trentalange, Chiara Badaloni, Daniela Porta, Paola Michelozzi e Matteo Renzi osserva che «abbiamo fornito prove sull’associazione tra molteplici inquinanti atmosferici e l’incidenza di demenza e malattia di Parkinson in un’ampia coorte da un sito contaminato nell’Italia centrale. Benzene, biossido d’azoto, Pm 10 e Pm 2,5 hanno mostrato associazioni positive con la demenza, mentre ozono e PM 2,5 sono stati associati a un aumentato rischio di malattia di Parkinson. Abbiamo anche osservato associazioni negative tra ozono e biossido di zolfo e demenza. Analogamente, benzene, biossido d’azoto e di zolfo sono stati associati negativamente alla malattia di Parkinson». I risultati sono coerenti con precedenti studi e concordano «con i meccanismi biologici che collegano l’inquinamento atmosferico alla neurodegenerazione».
Nell’analisi si dà atto che, nella Valle del Sacco, «studi epidemiologici hanno rivelato un eccesso di rischio di mortalità e morbilità dovuto a vari tipi di cancro, malattie cardiovascolari, respiratorie ed ematiche e diabete. Di conseguenza, è stato implementato e finanziato dal ministero della Salute italiano un programma di sorveglianza epidemiologica sulla popolazione residente. In questo contesto, i rapporti epidemiologici hanno indicato un eccesso di rischio di mortalità dovuto a cancro e malattie respiratorie in associazione con l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico ambientale».
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