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Stellantis

«La crisi la pagano i lavoratori»

Produzioni ridotte e continui fermi, gli stipendi non superano i mille euro: pesanti ricadute sul territorio. L’appello di Andrea Di Traglia (Fiom Cgil)

Automotive, troppe incognite. Tensioni ovunque

La linea interna al plant cassinate in attesta della Stla Large

Un universo Stellantis sempre più in affanno con una crisi sistemica che non lascia troppe vie d’uscita. Cancelli dello stabilimento che si aprono per poi richiudersi velocemente a causa della mancanza di ordini e un modello full electric che non svetta affatto. Ma anche le sanzioni europee mettono un carico da novanta che penalizza l’endotermico. Il risultato? Operai di fabbrica e indotto in continui ammortizzatori sociali con stipendi che non permettono una reale e concreta sostenibilità familiare. Il territorio cassinate è penalizzato dalle mancate politiche di diversificazione e chi si trova fuori dal circuito lavorativo industriale non ha grosse possibilità di ricollocazione.

I lavoratori di Trasnova e ditte collegate avranno respiro solo fino al 31 dicembre ma il lavoro, anche per loro, è a singhiozzo. Gli operai della De Vizia hanno incassato un’altra mini proroga ma solo ai fini del ricollocamento. Le altre realtà dell’indotto non stanno meglio vivendo della sola luce riflessa dello stabilimento. «Viviamo una situazione di crisi generalizzata figlia di tutti quegli aspetti che abbiamo denunciato nel corso nel tempo, quel famoso “buco nero” nel quale sarebbe sprofondata l’automotive», ha detto Andrea Di Traglia, segretario Frosinone-Latina Fiom Cgil.

«Si è appena conclusa - continua - una grande manifestazione con il sindacato europeo a Bruxelles, alla presenza anche di una nostra delegazione, che va a chiedere un sostegno concreto, degli interventi a statuto speciale per tutta la filiera dell’automotive a livello europeo. Il punto non è sulla transizione ecologica e tecnologica da rallentare ma come si fa a governarla. E si governa solo con investimenti non con i licenziamenti. Anche perché complessivamente, negli ultimi due anni, a livello europeo, sono stati persi cento mila posti di lavoro. Ecco perché in quella piazza tutti erano uniti nel chiedere interventi a statuto speciale.
Siamo già dentro questa transizione che non si può certo fermare, allora va governata. E se poi entriamo “in casa nostra” lo vediamo dai numeri che produce lo stabilimento di Piedimonte San Germano. Dovremmo fare tra le 190 e le 200 vetture al giorno ma non si producono. In più, ora c’è un sistema che sanziona la produzione dell’endotermico in base all’elettrico.
Ma se da metà dicembre a oggi c’è stato zero elettrico su Cassino, significa che bisogna azzerare anche l’endotermico? Già lo stabilimento è ai minimi storici, se subentra questo sistema è chiaro che non puoi più produrre i numeri che ti sei prefissato nemmeno con l’endotermico».

E, a cascata, c’è l’emergenza delle fermate produttive. Gli operai, rientrati il 27 gennaio torneranno a fermarsi a breve, dal 13 febbraio rientreranno il 24. «E non si escludono ulteriori blocchi. Le fermate sono figlie di questa situazione.
E questo ci porta al tema dell’indotto e della componentistica. Ci sono aziende mono-committenti, come la Ma srl, che non avranno commesse sull’elettrico ed è chiaro che sono sotto ammortizzatori sociali. Stessa situazione legata alla Lear sotto ammortizzatori e con un turno solo mentre la Denso ha dichiarato esuberi come la Tiberina stessa. E questo ci porta in quel famoso “buco nero” che da anni annunciamo. Una situazione drammatica che si riflette sul territorio in maniera disastrosa perché non c’è uno sbocco produttivo nel prossimo futuro. Da qui a fine anno ci saranno ancora più fermare perché la Stelvio elettrica arriverà a settembre, vuol dire che l’anno è quasi già ben concluso mentre ci sono voci che parlano addirittura di slittamento. Giulia era prevista sei mesi dopo ma vuol dire che potrebbe slittare alla stessa maniera. Allora avremo un 2025 e un 2026 disastrosi.

C’è l’incognita dell’ibrido come annunciato nel tavolo del 17 dicembre ma, voglio ricordare, che era inserito già nel piano industriale del 2018 di Marchionne. È un ennesimo annuncio quello fatto al ministero. C’è un piano industriale che si riduce solo agli annunci e ovviamente tutta questa situazione non può non ricadere sulle spalle e sulla pelle dei lavoratori. Mentre Stellantis ha fatto record di utili prima dell’abbandono di Tavares, i lavoratori prendono 900 o 1.000 euro di stipendio. Sono quelli che pagano questa crisi, sono quelli che pagano gli stipendi di manager e azionisti che prendono i dividenti e non vengono redistribuiti sui lavoratori. Ricordiamoci anche che l’Italia ha i salari più bassi d’Europa. E noi facciamo un appello alle istituzioni, dalla Regione all’Europa, affinché si possano adeguare gli stipendi perché non c’è giustizia sociale in questo modo».

E ancora un appello «affinché la cassa integrazione, che ora è pagata all’incirca al 65% venga retribuita al 100%. In un momento del genere in questo stato così avanzato della crisi sarebbe un modo per poter sostenere il salario delle lavoratrici e dei lavoratori, anche perchè diverse micro realtà hanno già chiuso i battenti ed altre rischiano di farlo sacrificando quindi padri e madri di famiglia che un reddito rischiano di non averlo più, come purtroppo è già avvenuto».
E sullo svuotamento dello stabilimento: «Sono anni ormai che lo diciamo: in un contesto in cui l’età media si alza sempre di più a causa delle mancate assunzioni e contestualmente si svuota per le uscite incentivate, noi proponiamo contratti di espansione. A rapporto 1:3 o 3:5 per quota parte di uscite ci siano anche delle assunzioni garantite. Solo così sarà possibile arginare i numeri di uno stabilimento che ormai sono in caduta libera e che se continueranno a scendere metteranno a repentaglio l’esistenza dello stabilimento stesso».

Contratto metalmeccanici

Intanto i metalmeccanici sono ancora senza contratto. Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm hanno indetto altre otto ore di sciopero per riaprire la trattativa e negoziare le richieste avanzate dai sindacati come quella di aumentare il salario, contrastare la precarietà, ridurre gli orari, estendere i diritti e le tutele a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori. Sono un centinaio le aziende in provincia di Frosinone con dipendenti in attesa del rinnovo del contratto, le stesse che recentemente hanno fatto registrare un’altissima percentuale di adesione all’ultimo sciopero. Ma nonostante la buona riuscita, la trattativa nazionale non riparte «per l’indisponibilità di Federmeccanica e Assistal ch continuano - recita un volontino sindacale - a trincerarsi dietro la loro “contropiattaforma” respingendo le richieste di Fim, Fiom e Uilm votate dai lavoratori. Di qui, nonostante l’incontro dell’11 febbraio tra i segretari generali e il direttore di Federmeccanica, si vuole mandare un altro forte segnale con «l’intensificazione della lotta e della mobilitazione» e ulteriori ore di sciopero da realizzare con la massima articolazione, azienda per azienda, per rendere più incisiva la mobilitazione dei lavoratori. Resta il blocco dello straordinario e delle flessibilità.

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