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Sant'Elia Fiumerapido

Dana Maria Zaharie investita sulla superstrada. Cinque mesi al pirata della strada

Dopo un lungo iter giudiziario ieri la sentenza per l’operaio accusato del decesso di Diana Maria Zaharie. A pesare nella decisione sono state la scelta del rito e la derubricazione del reato dopo la dettagliata consulenza medica

Dana Maria Zaharie investita sulla superstrada. Cinque mesi al pirata della strada

L’incidente mortale sulla superstrada

Cinque mesi al “pirata” che nel settembre del 2022 investì e uccise la giovane artista rumena Dana Maria Zaharie sulla superstrada Cassino-Sora. Per poi allontanarsi. La decisione ieri dopo l’escussione del consulente medico, nell’udienza precedente, a cui la scelta del rito (un abbreviato) era condizionato.
L’incidente mortale avvenne a pochi metri dallo svincolo per l’ospedale Santa Scolastica, nelle primissime ore del mattino. L’operaio - L.S., 45 anni, di Sant’Elia - era stato posto in stato di fermo dai carabinieri dopo 18 giorni dall’investimento in cui aveva perso la vita la ventitreenne rumena.

Durante l’udienza di convalida aveva ricostruito tutto, ammettendo la propria colpa. E aveva chiesto scusa: scusa alla giustizia, alla famiglia della ragazza che non voleva uccidere ma che non sarebbe riuscito a evitare. Un rimorso profondo, quello che aveva mostrato davanti al giudice, alla presenza dei suoi legali, gli avvocati Emilio Roncone e Antonio Ceccani. Incensurato e dalla vita irreprensibile, aveva raccontato in aula tutti i momenti terribili dell’investimento, quelli successivi, i giorni trascorsi in bilico tra la voglia di presentarsi in caserma e la paura di farlo. Tra le lacrime, aveva ripercorso la mattinata del 12 settembre: una mattinata come tante, con l’orario d’ingresso al lavoro molto presto, e il percorso con la sua utilitaria fatto quasi a memoria.

Una normalità senza grandi slanci. Poi, però, l’imponderabile. Ha raccontato di non essere riuscito a frenare, di aver visto Diana all’ultimo minuto al centro della strada. Di essere stato colto da una paura indescrivibile. Il gip Casinelli aveva ascoltato le sue parole: misura non convalidata e remissione in libertà senza misure. La procura aveva quindi proposto ricorso: richiesta accolta in appello. Ma nulla era cambiato in attesa della Cassazione. Nell’aprile successivo, poi, la novità: ricorso accolto, disposti i domiciliari per il “pirata”. E ancora la remissione in libertà.

Ieri la decisione dopo l’inizio del processo con rito abbreviato, assistito dagli avvocati Ceccani e Roncone, e la richiesta del pm di una pena di 2 anni e 8 mesi. Il giudice ha invece deciso per 5 mesi e 10 giorni, pena sospesa e la non menzione della condanna. Patente ritirata per un anno e sei mesi.
Fondamentali nella valutazione che ha portato alla derubricazione del reato (assolto per l’omicidio stradale), oltre la scelta del rito anche l’esito dell’autopsia della ragazza nonché la consulenza medica: Diana sarebbe morta sul colpo. A nulla sarebbero valsi i tentativi di soccorrerla né l’operaio avrebbe potuto fare altro per evitare l’incidente.

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