Spazio satira
Frosinone
12.11.2024 - 18:00
C’è anche un trentenne ciociaro tra i nomi degli otto dipendenti dell’azienda Partesa, società del gruppo olandese che opera nel settore della fornitura e distribuzione delle bevande, una ramificazione del gruppo Heineken, tra le persone spiate in maniera illegale dalle società di investigazioni private Equalize e Mercury Advisor finite al centro della clamorosa inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano. Il trentenne era dipendente della filiale di Partesa che opera con un deposito anche a Ferentino. E sempre nella stessa filiale, e anche lui finito tra gli spiati, c’è un pontino.
La complessa indagine dei carabinieri, che conta in tutto 51 indagati dei quali tre finiti agli arresti domiciliari alla fine di ottobre perché ritenuti al vertice del sodalizio, ha smascherato una rete di spionaggio che forniva ai propri committenti, soprattutto grandi imprenditori e importanti società internazionali, dossier con informazioni sui loro lavoratori oppure sui concorrenti o privati cittadini, sia attingendo notizie sul loro conto nelle banche dati protette delle forze di polizia e del Fisco, che, stando sempre alle accuse, attraverso intercettazioni telematiche vietate, effettuate grazie a software con i quali accedevano direttamente a computer e telefoni delle persone monitorate mediante l’installazione di captatori informatici, i cosiddetti trojan che consentono agli hacker di entrare nelle applicazioni e registrare qualsiasi cosa.
Buona parte degli otto lavoratori monitorati illegalmente, tra cui appunto il trentenne della provincia di Frosinone, tutti impiegati nella rete commerciale dell’azienda, successivamente si sono dimessi per transitare in una società concorrente e probabilmente è questo il motivo dell’attività di dossieraggio alla quale sono stati sottoposti con la violazione della loro privacy.
Le società di investigazioni private, stando alle accuse, avevano operato il monitoraggio dei lavoratori infiltrando nei loro computer un software, oltretutto modificato in maniera tale da eludere i sistemi antivirus, così da captare e registrare in maniera fraudolenta, a loro insaputa, tutte le loro comunicazioni e conversazioni, anche di carattere strettamente privato, intimo e personale, come posta elettronica e chat Whatsapp. Inoltre con la compiacenza di un maresciallo della Guardia di Finanza in servizio alla Dia di Lecce, organico all’associazione per delinquere milanese, le società di spionaggio avevano arricchito il dossier sugli otto dipendenti, acquisendo informazioni sul loro conto anche nelle banche dati Punto Fisco dell’Agenzia delle Entrate e SDI del Ministero dell’Interno, acquisendo i dati coperti da segreto d’ufficio in merito a eventuali precedenti di polizia.
Fatto sta che la multinazionale olandese era estranea a queste pratiche illecite e il sistema di protezione del quale il gruppo Heineken è dotato aveva rilevato l’intrusione nei sistemi informatici, paragonabile all’azione di un hacker, inviando un messaggio di allarme a tutti i dipendenti, compresi quelli spiati illecitamente. Ma a quel punto uno dei manager indagati aveva concordato con i tecnici delle società di investigazioni una strategia per neutralizzare gli effetti dell’antivirus, ossia comunicando ai lavoratori che si era trattato di un tentativo di phishing già risolto. Tra le carte dell’indagine emergono anche interessi politici e persino rapporti con i servizi segreti israeliani.
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