Spazio satira
Frosinone
04.10.2024 - 15:41
La scuola media “Pietrobono” di via Puccini al centro di un contenzioso
Dopo il via libera del Consiglio comunale; dopo l’accantonamento delle somme necessarie, è arrivata anche la pubblicazione all’albo pretorio del decreto di acquisizione al patrimonio comunale dell’area utilizzata per la realizzazione della scuola media “Luigi Pietrobono” di via Puccini. Un atto che, letto dalla parte del Comune di Frosinone, dovrebbe mettere la pietra tombale a una questione che rischiava, ma rischia ancora oggi, di finire con uno sgombero dell’immobile da parte degli alunni.
La storia
Il terreno è finito in una procedura esecutiva collegata al fallimento di un privato titolare dello stesso nella quale si è costituito il Comune come terzo, facendo ricorso contro il pignoramento attivato dalla curatela fallimentare che lamentava un’occupazione senza titolo di quell’area. Terzo perché il Comune, nei decenni, non ha mai formalizzato, trascrivendone l’atto di esproprio, l’acquisto del terreno su cui negli anni Settanta è stato realizzato l’istituto scolastico. Il progetto della scuola, infatti, risale alla fine degli anni Sessanta quando, in base a una legge del 1967 sull’edilizia scolastica venne dato incarico all’ingegner Felice Campanelli di redigere il progetto. Nel 1969 viene approvato il progetto di costruzione dell’istituto con una previsione di 20 aule. L’elaborato tecnico viene approvato dal Provveditorato regionale alle opere pubbliche per 300 milioni di lire. Ma la spesa necessaria per il costo complessivo viene valutata in mezzo miliardo di lire. Nel 1970 viene aggiudicato l’appalto per il 1º lotto. Nel 1971 viene licenziata una variante a causa di alcune difficoltà nell’esecuzione dell’opera per la particolare natura del terreno. L’anno dopo viene invece affidato l’incarico per la redazione del secondo stralcio per un ammontare di 100 milioni di lire. Nel 1973 c’è una richiesta di variante al programma di finanziamento. Tuttavia, nelle procedure qualcosa si intoppa nel momento di procedere alla trascrizione dell’atto di esproprio del terreno. Una “dimenticanza” che ha creato parecchi grattacapi al Comune.
Lo strumento
Il Comune ha deciso di riacquisire il possesso dell’immobile che ospita gli alunni della scuola media attraverso quanto previsto dall’articolo 42-bis del dpr 327/2001 e dall’articolo 7 della legge 214/1990, ovvero l’acquisizione sanante, una procedura espropriativa “eccezionale” che rappresenta, a determinate condizioni, la soluzione legale per l’amministrazione che abbia realizzato un’opera pubblica su un terreno di proprietà privata in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o di dichiarazione della pubblica utilità, per acquisire il bene immobile al proprio patrimonio indisponibile, corrispondendo al proprietario un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, nella misura stabilita dalla legge. L’acquisizione, quindi, di un bene utilizzato senza titolo per scopi di interesse pubblico persegue la finalità di regolarizzare le conseguenze di procedure ablatorie illegittime o di comportamenti illeciti della pubblica amministrazione in ambito espropriativo. Il punto, tuttavia, è abbastanza controverso, dal momento che, di recente, la giurisprudenza di Cassazione ha assunto un orientamento diverso, fissando dei paletti ben precisi, soprattutto dal punto di vista temporale, sui poteri d’azione della pubblica amministrazione. Sotto questo punto di vista, l’ente ritiene che l’area su cui è costruita la scuola risulti, allo stato attuale, irreversibilmente trasformata e adibita ad attività di pubblico interesse, onde ne è oggettivamente impossibile la restituzione, così come parimenti risulta inammissibile ed oltremodo onerosa una riduzione in pristino della stessa. Risultano, quindi, secondo il Comune, preminenti gli interessi pubblici sottesi alla sua definita acquisizione al patrimonio comunale e, inoltre, ci sarebbe l’assenza di un apprezzabile pregiudizio in capo al proprietario catastale, comprovata anche dalla circostanza secondo cui l’unica azione intrapresa in sede giudiziaria ha riguardato il pagamento dell’indennizzo, non essendosi adoperato per la restituzione del bene o per la restituzione nello status quo ante.
Il quantum
Per l’indennizzo dovuto agli aventi diritto, salvo eventuali verifiche ed integrazioni, gli uffici comunali hanno seguito un percorso abbastanza chiaro: l’importo dovuto a titolo di pregiudizio patrimoniale è stato stimato in 168.015 euro calcolato in 23, euro a mq, prendendo come riferimento le tabelle per l’applicazione dell’Imu ed il valore commerciale dei terreni situati nella stessa zona; l’importo dovuto a titolo di pregiudizio non patrimoniale, nella misura del 10% calcolato sul valore di 168.015 euro moltiplicato per il 10%, per l’effetto pari a 16.801,50 euro; l’importo dovuto a titolo di pregiudizio patrimoniale nella misura del 5% calcolato sul valore di 168.015 euro per il 5%, moltiplicato per gli ultimi cinque anni di occupazione senza titolo, per un importo ammontante a 42.003,75 euro; dall’importo derivante è stata essere detratta la somma di 19.133,95 euro, corrispondente all’importo corrisposto alla ditta proprietaria del terreno al momento dell’occupazione, che indicizzato e rivalutato ad oggi risulta essere di 116.468,37 euro. A ciò va aggiunto l’importo di circa 16.000 euro occorrente per le operazioni di registrazione e di notifica della stessa ai destinatari. Tutto finito allora? No. Innanzitutto, il passaggio di proprietà è sotto condizione sospensiva del pagamento diretto agli aventi diritto dell’indennizzo, ovvero, in caso di rifiuto, del deposito delle somme dovute presso il Mef. E, poi, l’atto può essere impugnato e, comunque, non blocca la procedura esecutiva che è in corso per la quale il 16 ottobre è prevista l’udienza al tribunale. In quella sede si deciderà anche sullo sgombero o meno dell’immobile.
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