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Omicidio Bricca

Toson, altro no alla scarcerazione

La Cassazione: ecco perché per Roberto e Mattia rimane «un quadro indiziario di notevole solidità». Rese note le motivazioni sul ricorso delle difese: misura cautelare proporzionata «alla dimostrata pericolosità sociale»

Toson, altro no alla scarcerazione

Mattia e Roberto Toson, sotto processo per l’omicidio di Thomas Bricca

«Un quadro indiziario di notevole solidità non solo nei confronti di Mattia Toson ma anche del padre Roberto». Lo ha scritto il tribunale del Riesame e lo ha ribadito la Corte di Cassazione, investita, per la seconda volta, dal ricorso, proposto dalle difese, contro la carcerazione di padre e figlio, a processo per l’omicidio di Thomas Bricca.

La Cassazione ha depositato le motivazioni dell’udienza del 3 luglio scorso in cui spiega il perché Mattia e Roberto devono rimanere in carcere. Lo ha fatto riepilogando i vari passaggi, compreso l’annullamento con rinvio da parte della stessa Cassazione (per «insufficiente motivazione rispetto ad alcuni elementi di fatto che apparivano contraddire le ulteriori emergenze»), e richiamando quanto argomentato dall’ordinanza del 1° marzo del tribunale delle libertà di Roma. Tra i punti contestati dagli avvocati Angelo Testa e Umberto Pappadia c’erano: l’uso della mano sinistra da parte dello sparatore, considerato che Mattia, ritenuto lo sparatore dalla procura, che si è avvalsa delle indagini dei carabinieri, è destrorso, le diverse altezze degli occupanti del T-max, il mezzo usato dal killer per arrivare al Girone la sera dell’omicidio di Thomas, il tipo di scarpe indossate da Mattia quella sera, il casco di colore bianco e la disponibilità da parte dei Toson dello scooter.

Citando la decisione del tribunale, la Cassazione evidenzia «una serie di circostanze di indubbio significato probatorio», tra queste la rissa del 29 gennaio «movente dell’azione» e «anche il punto d’inizio dell’azione dei Toson» e il fatto che «Mattia aveva ritirato gli 8.000 euro in contanti» (anche se, sentita in aula come teste, l’allora fidanzata di Mattia Beatrice Coccia ha ricordato che Mattia chiese i soldi che deteneva per lui, 30.000 euro, salvo aggiungere “però non se li è portati”). E ancora telefoni staccati che si riattivano quasi contemporaneamente dopo che è stato consumato l’omicidio, il casco bianco rinvenuto da Beatrice nella sua macchina che «le era parso compatibile con quello indossato dal passeggero» del T-max e alcune conversazioni intercettate ai nonni di Mattia che «per un verso si erano detti convinti della loro colpevolezza».

Analizzando «i difetti di motivazione», la Cassazione ritiene, sull’uso della sinistra che «era possibile che Mattia l’avesse utilizzata dovendo agire in pochi attimi», che, per il Ris, «non fosse possibile ricostruire la reale altezza» degli occupanti del T-max, che, anche dalle foto, «non potessero dedursi, con la dovuta certezza, la reale diversità di altezza e corporatura degli occupanti della moto». E poi avallato anche il «dubbio» del tribunale delle Libertà che «non fosse possibile ricostruirne foggia e colore» delle scarpe di Mattia. Infine, sul T-max la Cassazione condivide l’argomentazione del tribunale che «non era illogico ritenere che quegli 8.000 (euro) fossero stati usati anche per acquisirne la disponibilità per poi disfarsene».
In sostanza, per la Cassazione «il tribunale non si era sottratto alla verifica delle possibili contraddizioni al compendio indiziario», ma «non aveva ritenuto che le stesse ne costituissero un’adeguata confutazione». Pertanto, «tenendo conto della gravità del fatto, e delle ragioni che l’aveva determinato, risulta priva di ogni difetto logico la motivazione del tribunale circa l’adeguatezza e la proporzionalità alla dimostrata pericolosità sociale degli indagati, della sola misura cautelare personale massima».

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