Economia
08.07.2024 - 18:30
Nel Lazio sono iniziati sabato scorso e dureranno sei settimane. È partita la corsa ai saldi estivi. Tanto attesi da molti consumatori, anche per i commercianti dovrebbero rappresentare una buona occasione, per svuotare i magazzini, facendo spazio alle nuove collezioni, e per spingere le vendite.
«I saldi – dichiara il vicepresidente di ConfimpreseItalia Giovanni Felice – disciplinati da norme che non tengono conto della realtà e delle mutate condizioni di mercato, da una opportunità, si sono trasformati in un problema (e a volte in un danno) per i commercianti. Parliamo di leggi promulgate nel secolo scorso – continua – e che disciplinano le regole con le modalità commerciali e con le abitudini dei consumatori di un quarto di secolo fa. È assurdo che la politica non si renda conto di questo, ma è ancora più assurdo e paradossale – rimarca – che le associazioni tradizionali del commercio siano ferme a un dibattito legato alle date, ai vincoli da aggiungere e che insegue i voli pindarici e anacronistici della politica e della conferenza Stato Regioni».
Felice ricorda, poi, come, con il decreto Bersani del 2006 sulla liberalizzazione delle vendite promozionali, sia cambiato il valore commerciale dei saldi. «Inoltre – prosegue il vicepresidente di ConfimpreseItalia – le continue campagne promozionali delle catene di franchising, gli effetti del commercio on line, perennemente in saldo, e tutte le modalità di “aggiramento” delle norme sui saldi, come messaggini, vendite private e gli altri strumenti messi in campo, hanno finito per ridurre l’effetto trainante e salvifico delle stagioni dei saldi. Mentre il dibattito interno ed esterno alle categorie sulle date dei saldi – aggiunge – con dirigenti che si pronunciano per anticiparle mentre le loro associazioni spingono per spostarle in avanti, i dati certificano il fallimento di un sistema non in linea con i tempi».
Nell’analisi dell’associazione delle imprese, di particolare interesse i dati relativi alle vendite dell’anno scorso, dai quali emerge che a Milano, universalmente riconosciuta come capitale della moda italiana, nei primi giorni dei saldi estivi si è registrato un calo del 50% e un saldo negativo, a fine stagione, stimato intorno al 20%. Un dato in linea con il resto del Paese e che, raffrontato con il 2022 era già negativo rispetto agli anni precedenti.
«Ora partiranno le previsioni sulle capacità di spesa dei consumatori – prosegue ConfimpreseItalia – sulle percentuali di crescita rispetto agli anni passati, prefigurando scenari più o meno ottimistici che in realtà non si verificheranno e che permetteranno di continuare a sorvolare su un problema spinoso da affrontare».
Secondo il presidente di ConfimpreseItalia Guido D’Amico, è necessario un riordino complessivo delle regole del commercio e, pur mantenendo le direttive comunitarie sulla libera concorrenza, inserire misure a tutela dell’equilibrio tra le varie forme commerciali. D’Amico sottolinea inoltre come sia necessario garantire e promuovere il commercio di vicinato, necessario in un Paese come l’Italia, dove i centri storici rappresentano una ricchezza e nei quartieri periferici diventa un servizio essenziale, visto l’andamento anagrafico e il crescere della popolazione over 60.
«Nello specifico del sistema di promozione, diventato ormai una tecnica di vendita e non un sistema di smercio delle rimanenze – insiste l’associazione – bisogna trovare nuovi rimedi. Davanti a una liberalizzazione in cui i vincoli restano soltanto per il commercio fisico e indipendente, i saldi rappresentano solo un momento nel quale tutte le aziende hanno pari condizioni di comunicazione, nel senso che i consumatori sanno che in tutti i negozi, o quasi, troveranno merce scontata».
E per quanto riguarda le previsioni sui saldi estivi del 2024, per ConfimpreseItalia sarà difficile replicare i risultati dell’anno scorso. «Chi spera che, visto il mancato decollo delle vendite ordinarie, comunque sostenute da continue campagne promozionali – sottolinea – queste possano essere riequilibrate dai saldi, rimarrà deluso. Chiaramente noi ci auguriamo di sbagliare – prosegue – Ma bisogna prendere atto che in questo momento il commercio fisico è fortemente penalizzato da un sistema di regole che lo frena a vantaggio di altre forme. E questo – conclude – può essere il punto di partenza per una riforma che dia pari opportunità a tutte le imprese, soprattutto alle micro imprese».
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