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Faccia a faccia

Giro d’Italia, emozioni e racconti. Lorenzo Germani è appena tornato dalla Corsa Rosa

Un’esperienza impegnativa ma ricca di soddisfazioni. Il calore della gente, la sua famiglia, il tifo di un territorio ma anche le tappe più difficili e la voglia di farcela sempre

lorenzo germani

Lorenzo Germani, reduce dalla partecipazione al Giro d’Italia, racconta la sua esperienza

Tornato nella sua Roccasecca, avvolto dal calore della sua famiglia, Lorenzo Germani, reduce dalla partecipazione al Giro d’Italia, parla di questa sua impegnativa esperienza esternando soddisfazione ma anche qualche piccolo rammarico per quello che si poteva fare in più. 

Lorenzo, in un tuo primo commento all’arrivo a Roma hai detto che non siete stati i migliori, ma avete fatto tutto quello che si poteva fare. Perché?
«Sì, ho detto che non siamo stati i migliori perché così è stato, abbiamo lavorato bene, però è sempre mancato qualcosa che ci poteva portare a raccogliere un risultato migliore. Non siamo rimasti soddisfatti al 100% di questo giro, però abbiamo comunque cercato di dare il meglio di noi».

Che cosa hai provato quando hai saputo della tua partecipazione alla Corsa Rosa?
«Quando ho saputo che dovevo fare il giro ho provato una grandissima emozione, già l’anno scorso ero entrato come riserva, poi però ho preferito comunque fare la Vuelta a fine anno con una stagione alle spalle, piuttosto che fare un giro con ancora non molta esperienza. Dopo la conferma della mia partecipazione non vedevo l’ora che arrivasse il momento finché non siamo partiti. Durante la prima tappa, ancora non ci credevo. Durante il giro alcune volte dovevo fermarmi un attimo a riflettere su quello che stavo facendo».

Magari il tuo pensiero è andato alle ventuno tappe, ai circa 3.300 chilometri da percorrere e alle migliaia di metri di dislivello?
«In un certo senso il problema dei 3.000 e passa chilometri era l’ultimo nei miei pensieri, nel senso - si sa - che quando si parte per un grande giro sono più di 3.000 chilometri e, quindi, cerchi di prepararti al meglio per affrontarli. È ovvio che le tappe c’erano, in questo giro ce n’erano molte piatte e molte di montagna, non c’erano tappe intermedie. Sì ovvio, quelle di montagna non dico che mettevano paura, però si sapeva che sarebbero state dure e, quindi, andavano affrontate con la massima concentrazione».

La tua forza, magari, è stata anche quella di sentire vicino, ogni giorno, la tua famiglia, i tuoi amici e la tua Roccasecca...
«Sì, la mia famiglia, i miei amici e tanti tifosi mi sono stati vicini, sono venuti a vedere diverse tappe, soprattutto quella di Avezzano-Napoli ed è stato per me molto emozionante e, comunque, si passa in posti come Sora e Cassino dove lungo la strada c’era molta gente che mi conosceva e urlava il mio nome. È stato molto bello ed emozionante».

Quale ritieni sia stata la tappa più dura?
«La tappa più dura penso sia stata quella che arrivava a Livigno la domenica, alla fine della seconda settimana, è stata molto, molto usurante, più di 200 chilometri con 5.500 metri di dislivello. La tappa più impegnativa mai affrontata».

C’è stato qualche momento in cui hai pensato di non potercela fare?
«Sì, nella testa molte volte viene il pensiero di non potercela fare, magari non ti senti benissimo, non nella migliore condizione, però cerchi di ritrovare la giusta concentrazione per andare sempre avanti, pensando in positivo».

Che ambiente si vive all’interno della carovana rosa?
«Correre con grandi corridori che hanno fatto e stanno facendo la storia del ciclismo è sempre una grande emozione, ma ancor di più a livello di pubblico che ogni giorno incontri nelle strade, sapendo proprio che sei nella carovana rosa, per fare una corsa importantissima quale quella del Giro d’Italia».

Quali sono i tuoi programmi per l’immediato futuro?
«Per ora i campionati italiani a fine giugno».

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