Spazio satira
L'operazione
21.05.2024 - 13:00
L'incendio della Mecoris nel 2019
“Una goccia nel deserto”. È il nome dato all’operazione che ha portato la squadra mobile della questura e il Nucleo investigativo di polizia ambientale e agroalimentare e forestale del gruppo carabinieri Forestale di Frosinone a eseguire un’ordinanza cautelare, firmata dal gip di Roma su richiesta della Dda capitolina: nove le persone finite agli arresti domiciliari con il sequestro preventivo di tre società e del profitto per circa 2,5 milioni di euro.
L’indagine, durata due anni, partita dall’incendio del sito della Mecoris di Frosinone, il 23 giugno 2019, coinvolge 41 persone, allo stato indagate, e nove società, residenti tra Lazio (Frosinone, Ceccano, Anzio e Gradoli), Campania e le province di Bolzano, Treviso, Vicenza, Lecco, Pordenone e Bologna. Si indaga per associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, traffico illecito transfrontaliero di rifiuti, smaltimento illecito di rifiuti, sostituzione di persona e trasferimento fraudolento di valori.
Il gip Roberto Saulino ha disposto gli arresti domiciliari per Marcello Perfili residente a Frosinone e originario di Castro dei Volsci, Antonio Annunziata di Terzigno, entrambi considerati dall’accusa promotori e organizzatori dell’associazione, Luana Troiano, Luigi Verrone, Andrea Papais, Paolo Vannuccini, Riccardo Traversa, Maria Aliperti e Scilla Gaetani. Per altri sedici indagati è stata respinta la richiesta del pm di arresti domiciliari. Disposto il sequestro preventivo diretto alla confisca della Mecoris fino all’importo di 89.682 euro, della Boz Sei fino a 175.830 euro, della Morandi Bortot fino a 52.635 euro e del Gruppo Del Prete di Sermoneta fino a 117.640 euro. Sequestro preventivo con contestuale nomina di un amministratore giudiziario per La Svedese, L.M. srl e V.V.T. Ambiente. Secondo le accuse raccolte da squadra mobile e Nipaaf, guidate dal vice questore Flavio Genovesi e dal tenente colonnello
Vitantonio Masi, gli indagati avevano riprodotto il “modello Mecoris”, esportandolo, dopo l’incendio, ad Aviano dove il sito è stato sequestrato dalla squadra mobile il 12 ottobre 2021 con la scoperta di 8.500 tonnellate di rifiuti con rischio di un ulteriore incendio. Ma l’associazione è stata in grado di esportare i rifiuti in Ungheria. Nell’indagare sull’incendio della Mecoris, polizia e carabinieri forestali partono da due elementi: il sistema antincendio è scollegato (anche se i vigili del fuoco non trovano tracce di innesco) mentre il capannone è stracolmo di rifiuti.
Dall’inizio del 2019 cambia il core business della Mecoris, società dichiarata fallita con sentenza del 16 giugno 2022 del tribunale di Frosinone. A quanto accertato nelle indagini, le redini dell’azienda passano a Marcello Perfili, in qualità di amministratore di fatto, attraverso un’altra società la L.M. Nello stabilimento di via delle Centurie iniziano a confluire rifiuti provenienti da diversi impianti dislocati nelle province di Napoli, Caserta, Salerno e Benevento e in piccolissime quantità anche dalla zona di Lecce e Taranto e da Sora e Cassino (2.550 tonnellate in sei mesi). L’imprenditore ciociaro, contando su società di intermediazione nel campo dei rifiuti e sfruttando le criticità del settore in Campania, riceve nello stabilimento di Frosinone, in violazione della normativa - sostiene l’accusa - rifiuti urbani mediante un artificioso cambiamento del codice Cer. I rifiuti che avrebbero dovuto essere trattati ancora come urbani vengono classificati, pur in assenza di analisi, come rifiuti speciali derivanti dal trattamento di rifiuti, con un costo di smaltimento più elevato. Dallo stabilimento della Mecoris, secondo quanto accertato nel corso dell’indagine, i rifiuti trasportati nell’impianto Refecta di Cisterna di Latina e da lì senza alcun trattamento - è la contestazione - inviati alla discarica di Colleferro. In assenza di una caratterizzazione - sostiene la Dda di Roma - tali rifiuti andavano trattati come pericolosi.
Dopo l’incendio della Mecoris, l’associazione si trasferisce ad Aviano per replicato lo stesso sistema - contestano squadra mobile e forestali del Nipaaf - ma con i rifiuti cui è attribuito un diverso codice Cer, quello per plastica e gomma (mentre per l’accusa sono rifiuti misti). In questo caso l’azienda è intestata a un prestanome, stipendiato a mille euro al mese per un totale di 26.500 secondo i calcoli degli investigatori. Con l’associazione trasferita in Friuli, gli incontri tra i capi dell’associazione si svolgono in un’area di sosta di Ceprano.
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