Spazio satira
Frosinone
20.04.2024 - 11:00
Chiuse le indagini per la rapina alla sala slot Terrybell, fruttata 16.000 euro. Uno dei due indagati ieri è stato interrogato dalla squadra mobile. E ha continuato, come l’altro, a professarsi innocente.
La procura di Frosinone ha inviato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a Giovanni Magale, 41 anni, di Frosinone, agli arresti domiciliari per questa vicenda, e a Enea Muca, 32, albanese residente a Frosinone, per il quale, invece, il tribunale del Riesame aveva annullato l’ordinanza di custodia cautelare. Sono difesi dagli avvocati Nicola Ottaviani e Riccardo Masecchia.
Ai due è contestata la partecipazione alla rapina del 19 marzo 2023 alla sala slot sulla Monti Lepini: Magale è considerato l’autore e Muca, l’autista accompagnatore. Sono contestate le aggravanti dell’uso dell’arma, una pistola, del volto travisato da un caso integrale e dell’aver approfittato della circostanza che, in quel momento, c’era un’unica dipendente, peraltro la madre di Muca.
Decisivi, per l’adozione dell’ordinanza di custodia cautelare, a maggio del 2023 sulla base delle investigazioni della squadra mobile, i filmati delle videocamere di sorveglianza e le dichiarazioni di un testimone che aveva visto gettare uno scooter nel fosso di via Vado del Tufo. Recuperato dalla polizia con l’ausilio dei vigili del fuoco, il motociclo era risultato essere quello usato dal rapinatore. Notato aggirarsi con il casco indossato anche prima del colpo, durato poco meno di 45 secondi.
Lungo il percorso gli agenti avevano ritrovato anche indumenti, un casco integrale, un giaccone blu e una busta per la spesa, secondo le accuse impiegati durante il colpo. Il ciclomotore, uno Scarabeo Aprilia, era senza targa. Ma gli agenti erano riusciti a risalire all’intestatario dal numero di telaio. Il proprietario riferiva agli investigatori di averlo portato a farlo riparare da un conoscente, il quale, dopo un po’, gli aveva proposto di venderlo a Magale. Da qui i primi sospetti su quest’ultimo. Che, però, ha sempre negato ogni accusa come ha fatto ieri in occasione dell’interrogatorio in questura, assistito dall’avvocato Ottaviani.
La procura aveva disposto due consulenze tecniche, una antropometrica e l’altra genetica. La difesa di Magale, però, fa leva sul fatto chi ha materialmente perpetrato la rapina risulta più alto di 5-6 centimetri rispetto al sospettato. Anche se, visto che indossava il casco, l’accusa ritiene che la cosa non sia incompatibile. Sui resti genetici rinvenuti sul casco per i quali l’indagato, che dice di non averlo mai indossato, si è sottoposto all’esame del Dna, sono emerse quattro tracce.
Sono tracce che, per la polizia scientifica di Roma, renderebbero possibile una compatibilità molecolare ma non un’inclusività né un’identità, senza le quali, secondo la difesa, non si potrebbe fare l’esame. Magale ha sostenuto improbabile una sua partecipazione alla rapina ai danni della madre dell’amico con il rischio che questa avrebbe potuto riconoscerlo, anche col casco.
Ma in base alla ricostruzione della procura, dai cellulari dei due risulterebbero, in quel periodo, dei contatti, con Muca (pure lui contesta le accuse) che avrebbe fatto un sopralluogo nel locale portando il pranzo alla madre pochi minuti prima e poi accompagnando Magale a prendere il motorino usato per il colpo.
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