Spazio satira
Il processo
14.04.2023 - 20:32
Il carcere di Frosinone
Anche il perito nominato dalla Corte d'assise d'appello parla di omicidio. È quanto emerso nell'udienza di ieri, a Roma, nel processo a carico di Daniele Cestra, l'uomo originario di Sabaudia, accusato e condannato in primo grado a 30 anni, con l'accusa di aver ucciso, all'interno della casa circondariale di Frosinone, il compagno di cella Peppino Mari, di Sgurgola. Ieri, l'udienza, davanti alla I Corte d'assise d'appello, è stata dedicata all'audizione dei due periti, quello nominato dalla corte, la dottoressa Vincenza Liviero, e quello nominato dagli avvocati Angelo Palmieri e Sinuhe Luccone, difensori dell'imputato, il dottor Giuseppe Manciocchi.
In buona sostanza, il perito della Corte ha confermato le conclusioni cui è giunta la dottoressa Daniela Lucidi, il medico legale al quale è stata affidata l'autopsia. I giudici avevano chiesto alla Liviero di accertare cause, modalità e circostanze della morte di Mari. Pertanto, per la dottoressa si è trattato di omicidio e non di suicidio. Anche se, sulle modalità di esecuzione, le conclusioni del nuovo perito sono leggermente differenti, nel senso che la dottoressa Liviero propenderebbe per un'azione di soffocamento condotta direttamente con le mani e non con un mezzo soffice.
La difesa ha contestato le conclusioni del medico, in particolare sull'impossibilità di suicidarsi in una cella così stretta, sul fatto che l'uomo non sarebbe stato in grado di salire su uno sgabello e sul fatto che lo sgabello doveva essere posto a un'altezza superiore. La Corte ha poi rinviato l'udienza al 16 maggio per la discussione. Secondo l'accusa portata avanti dalla procura del capoluogo ciociaro, l'omicidio sarebbe avvenuto il 17 agosto del 2016. Cestra, nel carcere di Frosinone, faceva da "piantone" a Mari per assisterlo nella quotidianità della vita carceraria. Mari, trovato impiccato, sarebbe stato ucciso - secondo la ricostruzione del pm Vittorio Misiti che ha coordinato le indagini - da Cestra che, in primo grado, era stato assolto dalla Corte d'assise per un altro omicidio, sempre di un compagno di cella, Pietro Paolo Bassi. Quest'ultimo era deceduto a distanza di quasi tre mesi dal ricovero in ospedale, il 15 giugno 2015.
Al processo di primo grado la procura di Frosinone aveva chiesto l'ergastolo per entrambi i delitti. Nel motivare la condanna di primo grado, la giuria popolare di Frosinone si è basata sulla perizia medico legale. I giudici hanno ritenuto «inequivocabili (gli) elementi che Mari sia stato ucciso». Il quadro offerto dal consulente del pm, la dottoressa Daniela Lucidi, secondo la Corte di primo grado è «inequivoco, chiaro, completo e incontrovertibile». In base alla ricostruzione del medico, la vittima al momento del fatto si trovava «in posizione supina con l'aggressore in posizione sovrastante che la comprimeva con il peso del corpo, così provocando diverse fratture». In più la vittima, secondo la dottoressa, era «soggetto claudicante e necessitante di un accompagnatore, e quindi con scarsa agilità, poco compatibile con una dinamica suicidiaria».
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