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La cucina parla italiano. In viaggio con i linguisti Giovanna Frosini e Sergio Lubello

Una gustosa rassegna storica della nostra cultura gastronomica. Centinaia di riferimenti storici e bibliografici, aneddoti e tante curiosità

La cucina parla italiano. In viaggio con i linguisti Giovanna Frosini e Sergio Lubello

Il 14 dicembre prenderà il via la tredicesima edizione di "Masterchef Italia", il famoso reality televisivo che mette a confronto – attraverso faticose ed impegnative prove pratiche da svolgere davanti ai fornelli – decine di aspiranti cuochi; e che grazie ai preziosi consigli dei suoi giudici (famosi chef stellati che sono oramai diventati delle vere e proprie star televisive), non solo rivela le tecniche e i segreti dell'arte culinaria, ma insegna anche a stimolare il senso del gusto, della vista e dell'olfatto al fine di consentire a tutti una migliore (e più consapevole) degustazione del cibo.

Il seguitissimo programma ha avuto anche il merito di aiutare gli affezionati spettatori ad acquisire o a migliorare il linguaggio che è tipico delle cucine professionali, (basterebbe infatti pensare, ad esempio, all'efficace neologismo "impiattamento",prima quasi sconosciuto ai più, o al francesismo "cloche", che è il coperchio metallico, a forma di campana, che viene poggiato sul piatto di portata per consentire di conservare più a lungo il calore della pietanza appena cucinata).

Per chi volesse approfondire l'argomento, segnalo volentieri che i linguisti Giovanna Frosini e Sergio Lubello hanno da poco pubblicato, per Carocci Editore, un curioso ed interessante saggio intitolato "L'italiano del cibo" (127 pagine), il quale propone una gustosa rassegna storica della cultura gastronomica italiana dal tardo Medioevo ai giorni nostri; soffermandosi, in particolare, sugli aspetti più strettamente lessicali della cosiddetta "lingua del cibo".

Attraverso la piacevole lettura, e grazie a centinaia di riferimenti storici e bibliografici, frutto di certosine ricerche, è possibile apprendere in che modo gli alimenti provenienti da tutto il mondo, ed i numerosi procedimenti di preparazione delle pietanze, hanno contribuito a creare (o a trasformare) la moderna arte culinaria. Gli autori accompagnano con garbo nel cuore della conoscenza della storia della "pratica della cucina" italiana; la quale, nel corso dei secoli, è stata ovviamente influenzata da numerose mescolanze di origine francese, germanica, africana, arabo-persiana, sudamericana ed anglosassone. Anche da un punto di vista linguistico.

Si pensi infatti a termini conosciutissimi ed usatissimi da tutti, ed oramai entrati nell'uso comune, come brioche, mousse, frappé, omelette, würstel, strudel, krapfen, gulasch, cous cous, kebab, falafel, moka, tacos, guacamole, hamburger, cheescake, ketchup, e potremmo continuare ancora a lungo. I due autori, dopo aver ricordato che le prime raccolte di ricette che sono giunte fino a noi risalgono addirittura all'epoca romana (il "De re coquinaria", attribuito a Marco Gavio Apicio e composto intorno all'anno 400), evidenziano poi che nel 1470 venne pubblicato il "Libro de arte coquinaria" di Maestro Martino, che è considerato come il primo vero trattato di gastronomia moderna occidentale, opera in cui «si uniscono indicazioni culinarie e medico-dietetiche, di igiene alimentare e stili di vita, all'interno di una più generale trattazione, che punta al "piacere onesto" e alla buona salute».

Tuttavia Frosini e Lubello concedono la giusta e meritata attenzione a quello che è considerato da molti come la capostipite delle recenti opere dedicate all'arte culinaria italiana. Raccontano infatti che «a trent'anni dall'Unità d'Italia, Pellegrino Artusi (1820-1911), romagnolo di nascita ma fiorentino di adozione e di elezione, nell'elegante appartamento di via Massimo D'Azeglio 25 in cui viveva con due gatti e due domestici, realizzò per la prima volta, con la penna e le pentole, quella vera e propria impresa culinaria ed editoriale che fu l'ideazione, la stesura e la diffusione della "Scienza in cucina e l'arte di mangiare bene. Manuale pratico per le famiglie", destinato a una fortuna ininterrotta.

La prima edizione uscì con 475 ricette; il successo, insperato ed imprevisto che ne conseguì, determinò un progressivo e inarrestabile lavoro di arricchimento, che portò l'ultima edizione curata dall'autore, e uscita quando era ancora in vita, la quattordicesima (1910), a contenere 790 ricette... quel libro... l'Artusi, divenne familiare a generazioni di italiani e soprattutto di italiane, fu una presenza preziosa e amica, spesso una delle poche letture domestiche... quel libro si avviò a diventare uno dei pochi e veri best-sellers e long-sellers dell'editoria italiana, destinato a un pubblico più largo di quello generazionale o letterariamente connotato di "Pinocchio" o dei "Promessi sposi"». Inizialmente rifiutata da diverse case editrici, l'innovativa opera, prima di diventare un grande successo editoriale, venne pubblicata – a spese del celebre cuoco emiliano – in soli mille esemplari.

Osservano ancora gli autori del saggio che «la straordinarietà del libro risiede nel modo in cui è scritto: con il suo periodare sciolto, arricchito da aneddoti personali, modi proverbiali e storie curiose. Artusi stravolge la nozione stessa di ricetta, che si trasforma da semplice testo prescrittivo in testo narrativo... concepisce un'architettura del testo volta a contenere tutte le informazioni necessarie a una esecuzione infallibile: egli è il primo, infatti, ad anteporre alla descrizione del procedimento non solo l'elenco degli ingredienti, ma anche le loro precise quantità... Artusi, inoltre, costella il manuale di riferimenti colti, persino danteschi... in fondo, con genio, studio e passione, non solo rende la cucina insieme arte e scienza, ma dona agli italiani, come è stato detto da Gino Tallini, il primo "formidabile romanzo" della letteratura gastronomica italiana... "La scienza in cucina" consegna il lume del sapere cucinario a una dimensione quotidiana e familiare, destinata a intridersi vieppiù di pragmaticità. Protagoniste indiscusse di questi mutamenti sono le donne, le quali, direttamente chiamate in causa da nuovi assetti socio-economici e culturali, si muovono, alle soglie del Novecento, verso un orizzonte che le vedrà sempre più impegnate nella gestione della domesticità».

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