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Il saggio

“Il Sacro nella Storia”, l'ultimo libro di Vittorio Ricci

La Chiesa, la Ciociaria e le ragioni del fallimento dell'azione militare garibaldina. Il libro riprende una precedente pubblicazione

“Il Sacro nella Storia”, l'ultimo libro di Vittorio Ricci

Il corso della "Storia" – quella con la "s" maiuscola – viene quasi sempre determinato da eventi di una certa rilevanza e da uomini di un certo spessore. Tuttavia arriva talvolta a compiersi grazie a tante piccole "storie minime" di contorno, apparentemente insignificanti, o a personaggi marginali che, attraverso le loro gesta, hanno comunque avuto la forza e la capacità di riuscire in qualche modo ad orientarlo. Il professor Vittorio Ricci, appassionato studioso della grande "Storia antica", ma anche di quella meno nota ai più, ha deciso di dedicare la sua ultima fatica letteraria ("Il Sacro nella Storia", Amazon – 226 pagine) agli eventi bellici risorgimentali che si verificarono nella campagna dell'agro romano nell'ottobre del 1867, alla vigilia della (ben più famosa) battaglia di Mentana.

Il suo nuovo libro costituisce una profonda rivisitazione del precedente "Battaglie e prodigi nella Resistenza Pontificia del 1867 – Da Vallecorsa a Mentana" che lo stesso autore aveva pubblicato con successo, per Ciolfi editore, qualche anno fa. Per prima cosa Ricci ricorda al lettore che, nel marzo del 1861, il conte Camillo Benso di Cavour aveva dichiarato che, per evidenti ragioni "storiche, politiche, intellettuali e morali", soltanto Roma aveva titolo per poter diventare la capitale dell'Italia che da tempo aveva in mente. Il grande statista piemontese era però consapevole che, per poterla rendere tale, le strade percorribili erano solo due: o si doveva riuscire a convincere il sommo pontefice Pio IX ad abbandonare con le buone l'odiato potere temporale (e la città che da sempre lo identificava), o bisognava costringerlo a farlo attraverso un intervento armato, che però avrebbe avuto importanti conseguenze, non solo a livello religioso. Con la morte di Cavour (avvenuta nel giugno del 1861) la "questione di Roma" era rimasta aperta ad ogni soluzione.

Tuttavia, mano a mano che il tempo passava, gli sconfinamenti da parte delle truppe regie di quella che era "la frontiera più antica d'Europa" (risalente addirittura ai tempi di Carlo Magno…), erano diventati sempre più frequenti; circostanza che aveva aumentato di molto il rischio di un conflitto armato in piena regola tra le due fazioni. A dire il vero, nei decenni precedenti, la forza militare (e politica) papale era andata notevolmente riducendosi, tanto è vero che – come evidenzia opportunamente l'autore del saggio – «lo Stato del Papa aveva perso l'Emilia, l'Umbria e le Marche, ed era ancora più piccolo del Lazio attuale: a sud arrivava appena sopra Frosinone, a nord appena oltre Viterbo, non comprendeva Rieti, ed era completamente circondato dal Regno d'Italia. L'unica forma di comunicazione con l'esterno era costituita dal porto di Civitavecchia, collegato con Roma tramite ferrovia». Le campagne del "Basso Lazio" erano quindi, all'epoca, proprio al confine tra i territori controllati dai garibaldini e quelli che ancora facevano parte dello territorio pontificio. E, proprio per questo motivo, erano particolarmente esposte ad iniziative provocatorie da parte delle truppe agli ordini del Generale dei Due Mondi. Le azioni di guerriglia dell'ottobre del 1867, a dire il vero, non furono il frutto di una precisa ed illuminata strategia militare delle milizie laiche, e probabilmente proprio per tale ragione fallirono in malo modo. Causando diverse vittime e numerosi feriti. Parecchi furono anche i prigionieri (soprattutto tra i garibaldini); i quali, secondo una preziosa fonte storiografica rinvenuta da Ricci, «furono condotti a Vallecorsa, dove vennero accolti dal popolo, che gridava Viva Pio IX… ma trattati umanamente».

Osserva inoltre l'autore che «i fatti d'arme accaduti nel territorio di Frosinone, seppure di scarso valore militare, anche perché da questo punto di vista non sortirono alcun effetto per la ritirata forzata verso Roma delle truppe pontificie, ebbero tuttavia una forte valenza psicologica e propagandistica». Il saggista ciociaro prova a spiegare le ragioni del fallimento dell'azione militare garibaldina, analizzando con rigore gli eventi storici in questione da diversi punti di vista, ed all'uopo richiamando utili riferimenti storiografici. Come ad esempio un articolo di Costantino Cipolla, pubblicato nel 1912 sulla rivista "Il risorgimento italiano", nel quale si legge infatti che «nel Lazio meridionale l'azione garibaldina era stata tenue, inefficace, impopolare, ostile, e divenne proprio un fuoco fatuo, spento facilmente con pochi colpi di fucile, appunto perché la popolazione non era preparata, non era disposta ad accettare le nuove idee, e si mostrava refrattaria a qualunque innovazione che tendesse a fare venire meno il rispetto e l'autorità del papa».

Tuttavia – e ciò chiarisce anche la ragione dello "strano" titolo della sua bella monografia – Ricci offre anche un'originale chiave di lettura degli eventi bellici che animarono la zona e che poi determinarono la sconfitta delle truppe fedeli a Garibaldi. Ed infatti così scrive: «Non è la prima volta che la presenza del divino e del soprannaturale entra nella storia dell'uomo, costringendo chi vuole esaminare i fatti, senza schemi ideologici, a passare dalla storia alla metastoria, e ad entrare nel mistero profetico», per poi domandarsi: «Quante cadute di regime, quanti passaggi epocali, quante fratture in seno all'umanità sono state segnate, spesso anticipate, da eventi prodigiosi, quali le apparizioni della Madonna, o particolari fenomeni legati a statue di santi? In sostanza c'è un piano della Storia e c'è un altro piano, superiore e di difficile comprensione. Siamo di fronte ad un'altra storia, parallela alla prima, che solo la fede può scorgere, grazie ai miracoli che accanto ad ogni spiegazione razionale si prefigurano come ulteriori codici di lettura della realtà. Quei miracoli grazie ai quali, sempre Dio, ha fatto giungere alla sua Chiesa un segnale di vicinanza, di consolazione e di protezione. I miracoli come segnali, appunto, di una presenza divina continua nella Storia».

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