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La tesi? La discute l'avatar

Parla Veronica Nicoletti, prima studentessa a laurearsi con un personaggio virtuale. Dall’idea fino alla realizzazione del chatbot: la ventiseienne ci ha spiegato come ha fatto

La tesi? La discute l'avatar

All’Unicas la prima laurea discussa, almeno in parte, da un avatar creato con l’intelligenza artificiale. L’idea è di Veronica Nicoletti, originaria di Monte San Giovanni Campano e laureata in scienze pedagogiche: «Avevo questo pensiero, l’ho esposto al professore e lui l’ha accolto con grande entusiasmo». L’abbiamo intervistata.

Cosa si prova a essere la prima in Italia ad aver utilizzato un avatar?

«Sinceramente non lo sapevo, me lo ha detto il mio professore. Poi effettivamente è stato così».

Quanto tempo ci è voluto a elaborare il tutto?

«Si potrebbe pensare che sia un lavoro lungo, in realtà siamo riusciti a portarlo a termine in tempi brevi. Ho chiesto la tesi tra ottobre e novembre, dunque cinque o sei mesi».

Quale applicazione hai usato per creare l’avatar?

«Per creare il chatbot abbiamo utilizzato un modello open source che si chiama GPT4ALL. Per quanto riguarda le caratteristiche estetiche abbiamo fatto uso di Convai.com. Ma la vera particolarità riguarda il viso: per creare una somiglianza nel modo più accurato è stato utilizzato uno specifico macchinario, che mi ha scannerizzato il viso. Un dispositivo che lavora con un laser molto potente e che mi ha costretto a chiudere gli occhi durante il processo di identificazione del volto. Di questo lavoro si è occupato il professor Fabrizio Schiavo, un assistente del professor Pio Alfredo Di Tore, il mio relatore. Ma voglio ringraziare anche il mio correlatore, Simone Digennaro, e la professoressa Monia Di Domenico».

Mettiamo un momento da parte il tuo avatar: qual è stato l’argomento della tua tesi?

«Il titolo del mio lavoro è “Educare all’intelligenza artificiale. Educare l’intelligenza artificiale e mitigazione dei bias”. Dunque una tesi che spiega l’applicazione dell’IA al contesto educativo e della didattica».

Ma cosa sono i bias?

«Sono dei pregiudizi che possono nascere al momento dell’istruzione dell’algoritmo, che possono dar vita a delle visioni distorte».

E come si istruisce un algoritmo?

«L’istruzione dell’algoritmo avviene nella fase “backstory”, in cui gli permetti di apprendere le tue caratteristiche a livello umano. Questa è una fase importante: vai a creare la mente dell’avatar, che deve essere in grado di rispondere alle domande della commissione. In questo caso abbiamo creato un personaggio con una storia ben definita, di una laureanda in scienze pedagogiche che avrebbe dovuto discutere la sua tesi. In questa fase all’avatar sono state fornite le informazioni scritte nel mio testo».

Non sono mancate critiche...

«Ho letto tanti commenti, ma gli sto dando il giusto peso. Molti mi danno l’idea di non aver capito il lavoro che c’è dietro. Pensano che l’avatar abbia fatto tutto al posto mio. In realtà ho parlato anche io. Da un punto di vista legale, poi, non sarebbe stato possibile ottenere la laurea senza dire nulla. Altri hanno criticato l’aspetto del personaggio, ma è evidente che fosse impossibile realizzarlo identico a me, perché abbiamo lavorato con una tecnologia nuova».

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