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L'intervista

Maurizio Turriziani e la poesia delle note

«Se non avessi fatto il musicista? Forse avrei fatto l’archeologo. Ma c’è un’altra disciplina che mi affascina ed è la letteratura»

Musicista conosciuto in Italia e all’estero, artista poliedrico e virtuoso del contrabbasso e del basso elettrico: Maurizio Turriziani non abbisogna di particolari presentazioni.
Una chiacchierata con lui somiglia a una melodia, deve assomigliargli, perché la musica è un po’ il motore dell’esistenza di questo artista frusinate.

Tra i tanti interpreti di fama internazionale con i quali hai collaborato viene in mente per primo il maestro Ennio Morricone. Com’è nata la collaborazione con lui?
«In realtà ho conosciuto Ennio Morricone oltre 40 anni fa, all’epoca di gruppi che facevano quella musica d’avanguardia che chiamavamo contemporanea. Col gruppo strumentale “Musica d’oggi” collaborammo con Morricone, che era in un gruppo di compositori denominato “Nuova consonante Avanguardia”».

Non è finita lì, ma il rapporto è proseguito per molti anni?
«Sì, quello fu solo il primo atto. Poi ci siamo trovati a collaborare per concerti e colonne sonore e posso dire che sia nata anche una vera amicizia».

Altra pietra miliare della musica, in particolare di quella nata in Ciociaria: il maestro Daniele Paris. Che ricordi hai di lui?
«Ricordi meravigliosi. Per ogni amministrazione, puntualmente, ho sollecitato sindaco ed assessore competente a ricordare in modo incisivo un personaggio di questo calibro».

I meriti di Daniele Paris non sono stati opportunamente evidenziati?
«A mio parere non a sufficienza. Se non ci fosse stato lui a costituire il conservatorio, non avremmo avuto artisti di grande spessore qui in Ciociaria».

Puoi citarne qualcuno?
«Marco Toro, prima tromba alla Scala di Milano, e Roberto Mineri. Senza la figura di Daniele Paris magari avrebbero comunque trovato il modo di esprimere le loro specifiche potenzialità, ma sarebbe stato senza alcun dubbio più complesso».

Cosa consigli ai giovani di oggi? Fare il musicista è un mestiere remunerativo?
«Cito una frase del maestro Ennio Morricone, pronunciata l’ultima volta che è venuto a Frosinone, quando invitò il pubblico a sostenere questa “sfortunata professione” del musicista. Non posso che essere d’accordo con lui».

Perché professione sfortunata?
«Per via delle scelte politiche, e naturalmente non parlo di questo o quel governo, ma è un discorso generale, nel corso degli anni: la politica ha investito più nella formazione che nella produzione. Così, esistono, fornisco cifre approssimate, 80 conservatori e 15 teatri sinfonici. In una regione come il Lazio escono ogni anno tre o quattro contrabbassisti e poi non ci sono teatri dove andare a suonare».

Restiamo a Frosinone e al Festival dei Conservatori. Cosa ne pensi?
«Io penso bene di ogni iniziativa che promuova le attività concertistiche. Il Festival credo che sia più indirizzato verso i dipartimenti pop-jazz. Bisognerebbe magari dare attenzione anche alla musica classica, perché il problema dei conservatori è che ci sono corsi di pop con 20 allievi e corsi di fagotto con uno. Il fagotto, l’oboe, il corno non lo studierà più nessuno e le orchestre finiranno».

Tra le tue innumerevoli collaborazioni, con Mina, Baglioni, Pino Daniele, Ramazzotti, c’è anche quella con Quincy Jones, tristemente tornato alla ribalta. Ci racconti la tua esperienza con lui?
«Io conobbi Quincy Jones a New York, quando venne a salutare Bernstein. Feci loro una foto mentre si abbracciavano, che poi gli diedi tanti anni dopo. Nell’88 era appena uscito “Thriller” di Michael Jackson, che gli diede grandissima visibilità. Quincy Jones sostenne il progetto “whi ard the children”, per sostenere le cause dei bimbi e in quest’ambito realizzò un concerto bellissimo al circo Massimo, con Morricone, Santana, Zucchero e Carmen Consoli. Era un uomo di una sensibilità e di una gentilezza non comuni».

Girare il mondo può comportare anche qualche.. incidente di percorso. Ci racconti i tuoi?
«Devo dire che ho avuto tre casi strani. Mi sono trovato a Londra durante il periodo della mucca pazza, a Bangock con l’aviaria e per non farmi mancare niente ho completato con il Covid nel gennaio 2020 a Wuhan. Rientrai il 21 gennaio, prendendo l’ultimo volo possibile dalla Cina».

E cosa accadde in quel caso?
«Tornato a Frosinone mi arrivò una telefonata del Sindaco Ottaviani che mi chiedeva come stessi. Successivamente fu la volta del presidente della Provincia Pompeo, e anche questa chiamata era dello stesso tenore. Poi arrivò quella del Prefetto, Ignazio Portelli. Successivamente fu il turno di Antonella Chiapparelli, che mi pregava di rispondere ad un numero sconosciuto perché si trattava del capo della Digos. Ad originare queste preoccupazioni pare fosse stato un articolo di “Ciociaria Oggi”, che sottolineava come un noto professionista, appena tornato da Huan, se ne andasse in giro serenamente e incoscientemente. Seppi altresì che era in atto un summit nel palazzo della Prefettura per risolvere la problematica. Tutto si risolse con una risata, anche perché ancora i protocolli erano permissivi. Non c’erano i numeri che purtroppo si verificarono un paio di mesi dopo. Per un po’ mi sentii però una specie di paziente zero, benché stessi benissimo».

Tra tutti grandi artisti con i quali hai collaborato, chi è il più simpatico?
«Il più simpatico è Jack Wesley, il più italiano fra gli inglesi, di una simpatia travolgente. Poi certamente anche Lucio Dalla e Ricky Portera. Molto disponibile anche Tony Esposito».

Il più introverso?
«Devo dire che Pino Daniele era una persona piuttosto chiusa, contrariamente a quel che si può pensare. Aveva i suoi punti di riferimento, ma non era particolarmente socievole».

Con Baglioni una collaborazione proficua?
«Abbiamo realizzato alla Reggia di Caserta per la prima volta in concerto l’intero “Strada facendo”, con la chitarra di Phil Palmer».

Ci parli del gruppo Indaco?
«Una delle esperienze più significative, perché mi permise, dopo anni di concentrazione sulla musica classica, di espandermi verso altri generi».

Chi ideò questo progetto?
«Rodolfo Maltese, chitarrista del Banco, e Mario Pio Mancini furono i promotori e tanti i grandi artisti coinvolti tra i quali anche Mauro Pagani, chitarrista e cantante PFM e storico collaboratore di Fabrizio De André».

Ci fu uno storico concerto anche a Frosinone?
«Esattamente. Nel maggio 97 all’Auditorium Edera ci fu un concerto con una formazione comprendente Mauro Pagani, Rodolfo Maltese, Pierluigi Calderoli e Flavio Premoli. Per la prima volta si esibirono insieme i componenti del Banco e della PFM. Per me, cresciuto con questi miti, trovarmi coprotagonista fu davvero un’emozione grande».

Progetti futuri?
«In ambito musica classica sono legato con l’orchestra sinfonica del Molise e sarò impegnato nella stagione concertistica 2025-26. 
Gianluca Podio, bravissimo insegnante del conservatorio di Frosinone, compositore, direttore di orchestra pianista di fama, mi ha dedicato un concerto per contrabbasso e orchestra intitolato Winter Falls che si terrà il 28-29-30 novembre e poi il 5-6-7 dicembre. Gianluca è stato arrangiatore, produttore e direttore di palcoscenico di Pino Daniele».

C’è anche dell’altro, però?
«Sì, c’è un altro progetto cui tengo tantissimo.È dedicato alla musica per il cinema di Ennio Morricone, con Ricky Portera, Angela Bonelli, Debora Vito e, nuovo acquisto, Tommaso Graziani, bravissimo batterista e figlio di Ivan Graziani».
Esploriamo l’anima di Maurizio Turriziani. Quale ruolo ha la musica: moglie, sorella o amante?
«Avendo divorziato più volte, non posso che scegliere amante».

C’è un brano che non puoi ascoltare senza che i brividi attraversino il tuo corpo e la tua anima?
«Devo necessariamente indicartene due: per la musica rock “Mind Games” di John Lennon, per quella classica l’andante moderato della sesta sinfonia di Mahler».

Se non avessi fatto il musicista, quale pensi che sarebbe stata la tua professione?
«Non ho dubbi, l’archeologo. Sono molto appassionato di storia e di archeologia e credo che avrei trasformato questo interesse culturale in una professione vera e propria».

Ci sono forme espressive diverse dalla musica che ti colpiscono in modo particolare? Tra pittura, scrittura, fotografia eccetera, qual è l’espressione artistica più affine alla tua sensibilità?
«Senza ombra di dubbio la letteratura. Sono un lettore seriale, mi affascina l’arte dello scrivere».

L’ultimo libro letto?
«Salvo il crepuscolo”, di Julio Cortázar una raccolta di poesie che mi ha davvero colpito».

Andiamo… al cinema. Quali sono i tuoi gusti specifici?
«Il mio autore preferito è di gran lunga Federico Fellini, del quale conosco praticamente a memoria ogni sequenza di qualsiasi film. Ne deriva che il mio attore preferito sia, quasi per induzione, Marcello Mastroianni».

Nietzsche diceva che “senza musica la vita sarebbe un errore”. Concordi?
«Come non potrei? Sono assolutamente d’accordo con Nietzsche, immaginare una vita senza musica è impossibile». 


Titoli di coda? No, colonna sonora ci pare più congruo al termine di questa chiacchierata con un artista poliedrico che porta in alto il nome della Ciociaria.

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