27.11.2017 - 23:00
Nella notte che si perde nei tempi, le castagne non avevano il riccio, ma erano appese ai rami come le mele. Un giorno tre di loro decisero che quell'inverno non volevano soffrire né il caldo né il freddo e quindi si rivolsero al castagno più vecchio. L'albero consigliò loro di chiedere ai ricci del bosco di portare i loro amici morti. Le castagne così fecero, tolsero la pelliccia spinosa dai ricci morti e se l'avvolsero addosso. È proprio da quel giorno che le castagne ebbero il riccio. Già gli ellenici ne svilupparono la coltivazione selezionando le varietà. Greci, Fenici ed Ebrei commerciavano quello che Senofonte definì "albero del pane" in tutto il bacino del Mediterraneo. E se Virgilio dava consigli sulla coltivazione dell'albero, Marziale sosteneva che nessuna città poteva gareggiare con Napoli nell'arrostirle. I latini le cuocevano direttamente sulla fiamma, sotto la cenere, nel latte, o, come suggeriva Apicio, al tegame con spezie, erbe aromatiche, aceto e miele. Nel medioevo alle castagne venivano riconosciute proprietà afrodisiache. Chi non si è mai imbattuto in un caldarrostaio, in qualche angolo di strada, richiamato dai profumi inconfondibili che si alzano danzanti dal caldo braciere e si fissano indelebili nella memoria? In Ciociaria, per mangiare le castagne migliori dovete andare a Terelle. Si affaccia su un costone del monte Cairo ed è stata terra di migrazioni verso l'America e il Canada. Meravigliosi castagneti che lasciano senza fiato e sono immobili eppure vivi. Alcune piante sono lì da oltre duecento anni e con diametri che superano i dieci metri. Qui la raccolta, da sempre, si fa a mano. Inizia dalla metà di settembre per concludersi alla fine di ottobre.
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