L'intervista
31.03.2024 - 17:00
L'attore e autore di Boville Ernica Lorenzo Genovesi
Chigl ch guarden n'terra. È il titolo, in un colorito e dilemmatico dialetto nostrano, dell'ultima commedia scritta e portata di recente in scena a Frosinone da Lorenzo Genovesi, giovane bovillense, con la sua compagnia teatrale, "Gl Manecut". Ed è proprio da quest'ultima che iniziamo a formulare qualche domanda all'artista.
Quando nasce "Gl Manecut", associazione da lei presieduta?
«L'associazione nasce ufficialmente nel 2022 a Boville Ernica e si occupa di spettacoli teatrali in dialetto ciociaro».
Perché questo nome?
«Nel dialetto bovillense gl manecut è il cesto di vimini intrecciato a mano e utilizzato per la raccolta delle primizie, dunque un oggetto utilizzato quotidianamente in campagna dai contadini. Durante la nostra prima partecipazione ai Fasti Verolani, festival internazionale del teatro di strada tenuto annualmente nella ridente cittadina ciociara, alla fine di ogni spettacolo si raccoglievano offerte con il celebre cappello. Non avendolo, per sopperire alla mancanza il gruppo decise di utilizzare il cosiddetto "manecut", da cui il nome dell'associazione. Siamo circa venti persone tra attori e tecnici e il nostro punto di forza risiede nel fatto che siamo di ogni età e provenienti da vari comuni ciociari».
Quali sono le attività svolte da "Gl Manecut"?
«Ci occupiamo non solo di spettacoli teatrali, ma da qualche tempo siamo attivi anche sui social con video che illustrano antichi mestieri, ricordano tradizioni passate e restaurano parole dialettali in disuso».
Perché recuperare il dialetto?
«Per moltissimi motivi. Primo fra tutti il voler preservare e diffondere un codice linguistico che, se non utilizzato, rischia di scomparire. Queste parole sono il linguaggio della nostra anima che ci parla come ci parlavano i nostri nonni, per questo quando siamo in scena cerchiamo di regalare ai nostri spettatori quei momenti e quelle storie di qualche tempo fa».
Come si combinano i racconti dei nostri nonni con il linguaggio ultramoderno dei social?
«Il fatto che pubblicizziamo le tradizioni non deve indurre a pensare a una criminalizzazione dell'uso eccessivo della tecnologia. Siamo anche realisti e diamo valore al potere intrinseco dei social che ci permettono, per esempio, di pubblicizzare i nostri spettacoli e condividere tante storie con tutti i nostri amici».
Nell'opera d'esordio, "Green Pass"…
«C'è tutto quello che ci ha limitato per quasi due anni della nostra vita, dalle paure per la solitudine passando per l'incertezza nel futuro. Abbiamo cercato di esorcizzare questo momento storico, di riderci su senza però mai sorvolare sulle difficoltà e i dolori che la pandemia ha creato per molti. Speriamo che questo atto unico possa farci riflettere ancora di più con il senno di poi».
Poi… è la volta de "L mal d ciocca"…
«Forse più delle altre commedie, "L mal d ciocca" ha un carattere atemporale, universale e… per quattro stagioni! Il protagonista, Cecco, si trova infatti a dover affrontare un cambiamento importante della sua vita e, terrorizzato, si rifugia nelle emicranie. Tutti almeno una volta nella vita ci siamo riconosciuti in Cecco che usa i suoi malanni cerebrali per non assumere le responsabilità della vita adulta…».
Infine l'ultima nata, "Chigl che guarden n'terra"…
«Scritta a quattro mani con mia sorella Selene, già dal titolo la commedia pone una forte ipoteca sull'attenzione del pubblico: implicitamente suggerisce l'immagine di persone che non ti guardano negli occhi perché troppo impegnate a controllare il proprio smartphone. Dalla ragazza che considera il cellulare un'appendice del proprio corpo all'insegnante che lo utilizza per cercare improbabili incontri sentimentali, al nonnetto che pur di non sfigurare combina guai digitali di dimensioni comiche e cosmiche. Il tutto, ovviamente, ambientato in Ciociaria».
Il teatro dialettale ha un futuro?
«Negli ultimi anni abbiamo riscontrato un forte interesse da parte di giovani e giovanissimi, tanto che uno dei nostri partecipanti è uno studente di scuola media. Per noi è motivo di orgoglio avere nel gruppo un ragazzo così giovane che possa aiutarci a costruire un ponte generazionale. Non neghiamo che ancora oggi l'uso del dialetto sia svalutato, soprattutto tra gli adolescenti, a favore di slang derivanti dalle chat dei social. La nostra missione è quella di riavvicinarli senza vergogna alle loro radici partendo proprio da questa meravigliosa lingua, e per far questo occorre passione, impegno e pazienza».
La stessa pazienza manifestata da Andrea Camilleri in un passo assurto ad aforisma: "Abbisognava portari pacienza con 'sta genti che usava parlari a cuda di porco, 'ntorciuniata, mai 'n forma esplicita".
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