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L'intervista

Il violoncello? Un colpo di fulmine. Donato Cedrone si racconta

La musica come colonna sonora della sua vita, il papà pianista e la passione per l'insegnamento. «Non soltanto è lo strumento più umano ma ha anche un non so che di magico»

Musicista, docente ma soprattutto, al di là di ogni formale definizione, vioncellista: il sorano Donato Cedrone apre il pentagramma della sua vita per i nostri lettori.

Quando ha incontrato la musica?
«Mio padre, Antonio, era pianista, direttore di coro e compositore e fin dall'età di sei anni mi ha avvicinato, insieme a mio fratello (Alessandro, anche lui musicista, ndr), al mondo della musica».

Che cosa è la musica?
«Sicuramente è una passione nata e cresciuta nel tempo ed è diventata un modo per esprimere le mie emozioni. In effetti trovo molto più vero e immediato il linguaggio della musica rispetto a quello della parola. Poi, in un secondo momento, è diventato il mio lavoro e per questo mi ritengo molto fortunato».

Perché proprio il violoncello?
«Con mio padre iniziai a studiare prima il pianoforte e poi, all'età di nove anni, il violino. Entrato al conservatorio "Licinio Refice" di Frosinone, dopo qualche anno di studio ho conosciuto il violoncello ed è stato un vero un colpo di fulmine».

In che cosa si distingue dagli altri strumenti ad arco?
«Fa parte della stessa famiglia degli archi, ma il suo ambito timbrico è quello dei suoni caldi, avvolgenti e con colorature medio/basse. Non solo è lo strumento più umano per diversi aspetti ma ha anche un non so che di magico che a me affascina da sempre».

L'insegnamento è una passione o una vocazione?
«Nel mio caso una passione nata in un secondo momento. Attualmente sono docente di violoncello nella scuola media a indirizzo musicale "E. Facchini" dell'Istituto comprensivo 3 di Sora dove lavoro da diciassette anni. Mi dà molta soddisfazione vedere negli occhi dei ragazzi la gioia, la sorpresa e l'emozione di riuscire a creare dei suoni con il violoncello e, di conseguenza, riuscire a trasmettere a loro volta questa passione. Non tutti i miei allievi, poi, continuano a suonare ma sicuramente acquisiscono un bagaglio culturale, emozionale e relazionale che li aiuterà a essere delle persone migliori nella società. Ovviamente vedere che molti arrivano alla fine del percorso laureandosi in conservatorio è motivo di gioia per me».

Che cosa gratifica di più se stesso, l'attività di docente o quella di concertista?
«Questa è una domanda molto bella: d'istinto è ovvio che preferisca l'attività concertistica, che dà forti emozioni, ma credo che sia fondamentale anche per un docente mantenerla sempre viva, in quanto portatrice di esperienze da tramandare ai propri allievi. Comunque faccio fatica a concepire separate le due attività, le ritengo una propedeutica all'altra».

A suo parere, la musica classica in Italia è in crisi?
«Raramente le sale da concerto in Italia sono piene e l'età media del pubblico presente va dai cinquanta anni in su. Il fenomeno suscita preoccupazioni soprattutto se paragonato a ciò che succede all'estero, dove i giovani si avvicinano numerosi anche ai concerti di musica classica. Forse occorrerebbe da una parte stimolare le scuole a formare musicalmente gli studenti sin da giovanissimi e, dall'altra, studiare e sperimentare le nuove comunicazioni social. Comunque il grimaldello per attrarre i giovani è suscitare in loro la curiosità per un mondo che è stato, è e sarà sempre affascinante».

Qual è lo stato di salute della musica nella Ciociaria?
«La Ciociaria soffre di un grande problema, la mancanza di almeno un teatro/auditorium di dimensione adeguata che possa ospitare stagioni di musica. Un altro grande problema è la mancanza di un'orchestra stabile in provincia, eppure le eccellenze non mancherebbero, anzi, credo che la nostra terra sia piena di grandi artisti che si esibiscono in giro per l'Italia ma che poi faticano a ritrovarsi in Ciociaria».

Le interessa la musica leggera?
«Diciamo che mi interesso a qualsiasi tipo di genere, per me non esiste musica di serie A e di serie B, l'importante è farla in maniera professionale e con rispetto. Da venti anni mi piace sperimentare alternative alla musica classica e adoro la bossa nova e lo swing».

Ha un sogno da realizzare?
«Ne ho due! Il primo è di poter organizzare una stagione concertistica di alto livello nella quale si esibiscano gli artisti della nostra provincia, dando lustro e visibilità ai nostri talenti e, mi creda, ce ne sono tanti! Quanto sarebbe bello avere un'orchestra provinciale composta da artisti del nostro territorio… Il secondo, mi piacerebbe tantissimo formare un'orchestra di soli violoncellisti con tutti i miei allievi, ex allievi e colleghi della nostra provincia…».

Nel congedarsi, Donato Cedrone ci ricorda il famoso aforisma di Quirine Viersen, violoncellista olandese: "Con il violoncello ci parlo perché tra tutti gli strumenti è quello che produce il suono più simile alla voce umana, può essere tutto, dal basso al soprano. È il mio compagno: ci parlo, lo abbraccio, me lo porto anche a letto".

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