La commemorazione
30.09.2023 - 17:00
Due giorni per ricordare i 103 ufficiali trucidati dai nazisti ottant'anni fa dopo la capitolazione di Kos. Sull'isola greca c'era il X reggimento di fanteria Regina che si battè strenuamente per resistere all'assalto dei tedeschi. Che, per tutta risposta, fucilarono di nascosto e seppellirono in nove fosse comuni gli ufficiali italiani. Tra questi, due erano partiti dalla provincia di Frosinone, il capitano Mario Costadoni, che viveva a Frosinone in piazza Santa Maria e il sottotenente Eleuterio Rea di Cassino.
Su iniziativa del comitato Caduti di Kos, sull'isola si sono svolte le commemorazioni dei caduti italiani, che furono sepolti nel cimitero cattolico di quella che gli italiani, che la occuparono dopo la guerra di Libia, chiamavano Coo. E ancora oggi sono molte le costruzioni che ricordano il periodo italiano nel Dodecaneso. La cerimonia al cimitero cattolico è stata aperta da un colpo di campana. Davanti alla chiesa dell'Agnus Dei è stata officiata una messa dai sacerdoti Pietro Masolo, pronipote del sottotenente Masolo, e da padre Gioacchino, alla presenza di una delegazione di militari proveniente dall'Italia e di parenti dei caduti.
Dopo la messa ha preso parola il colonnello Luca Carbonetti, comandante del 9° Reggimento fanteria di Trani, il reggimento gemello del X Regina. «Per me è un onore condividere la memoria e il ricordo di questi eroi che 80 anni fa sacrificarono la loro vita per il valore della Patria. L'eccidio di Kos è stato un episodio sconvolgente che, purtroppo, negli anni si è un po' dimenticato. Per cui riviverlo ha un sapore particolare, soprattutto venendo qui a Kos e di questo devo ringraziare il comitato Caduti di Kos e il presidente, l'amico Pietro Liuzzi, che qualche mese fa si è fatto vivo a Trani cercando di coinvolgermi e coinvolgere il reggimento. È una emozione unica rivivere e immaginare quello che è successo nel campo di sterminio e vedere le fosse».
Maurizio Ortenzi, addetto militare per la Difesa dell'ambasciata italiana ad Atene ha portato i saluti dell'ambasciatrice Patriza Falcinelli: «La mia presenza testimonia l'attenzione del governo italiano e delle forze armate per quello che è successo qui. E dimostra l'attenzione a valori etici che condividiamo». Il vescovo della chiesa ortodossa di Kos e Nisyros Nathanail ha commentato: «Anche noi condividiamo la preghiera per questi poveri ufficiali italiani. Dobbiamo ricordare tutte quelle belle cose che hanno fatto qui gli italiani e chi vuole può cancellare le cose che potrebbero essere brutte. Questo è un inizio di scelta per vivere bene e in pace».
Quindi c'è stata la deposizione di una corona ai piedi della stele con i nomi degli ufficiali fucilati a Kos. Ed è stato suonato il silenzio. Il presidente del comitato il colonnello Liuzzi ha poi preso la parola: «Fra un mese mi avvio a superare la soglia dei 90 anni. L'essere qui mi ha costato sacrificio, ma era doveroso. Questo è il momento per commemorare chi ha dato la vita senza nulla chiedere in cambio. Sì, non si poteva mancare». Ha ringraziato «la presenza di amici greci che condividono con noi questi momenti di commozione e di cameratismo» e in particolare Yannis Trikilis, «senza di lui, nulla avrei potuto fare». E anche chi non c'è più, tra cui il fiuggino Severino De Prosperis, reduce di Kos.
«Gli anni passati mi hanno visto impegnato nel mantenimento della memoria con conferenza nella denominazione di strade e nella campagna di scavi per la ricerca dei trentasette corpi mancanti. Sono stati ritrovati degli oggetti e dei resti umani che si trovano in questa urna. Per ultimo è stata fatta richiesta della medaglia d'oro al decimo Regina e si attende il responso del presidente della Repubblica. Ogni qualvolta sono venuti qui a Kos per le commemorazioni ho sempre concluso con queste parole che sono state scritte dal presidente dell'associazione Reduci dell'Egeo che hanno proposto e fatto costruito questa lapide con l'intervento del municipio di Kos. Ci limitiamo a pregare sperando che il rimorso tocchi la coscienza dei responsabili ancora vivi e spinga i loro figli e nipoti, forse non ignari dell'insania, a chinare il capo e a chiedere perdono all'Eterno, ciò che noi non possiamo concedere».
Infine è stata letta una lettera di Althea Nicera Navarra, figlia di uno degli ufficiali uccisi, da parte della moglie di uno degli architetti che hanno progettato la lapide dei caduti, Monica Barile: «Ora che lei si trova in quella che è stata la mia tragedia personale cerchi di trovare una serenità. Come sarebbe stata la mia vita se avessi avuto un padre?». Quindi l'esortazione: «Ho perdonato tutti».
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