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Storia

Elezioni del passato, la grave crisi economica e le rivolte per il pane

Frosinone tra 800 e 900. La povertà e il crollo dell'occupazione. Alle votazioni del 21 luglio 1895 vinse ancora una volta la lista di Grappelli

Un ciclo economico molto negativo interessò l'Italia per tutto l'ultimo decennio dell'Ottocento. In particolare il crollo nazionale dell'agricoltura ebbe i suoi contraccolpi anche nel circondario frusinate, dove ne risentì fortemente la produzione locale di vino, olio, cereali e foraggi. In particolare, a partire dal 1893, la situazione economica a Frosinone tese ad aggravarsi ulteriormente a causa del rilevante aumento della disoccupazione e del fenomeno dell'usura. Le drammatiche condizioni di vita e di lavoro della stragrande maggioranza dei frusinati cominciarono ad essere denunciate da tutti i giornali pubblicati a Frosinone in quegli anni. In particolare "La Falce" di Oreste Fortuna così scriveva il 20 aprile del 1893: «Nei paesi del nostro circondario la mancanza di lavoro fa agonizzare migliaia di operai, la miseria dilaga e inghiotte borghesia, mezza borghesia, proletari e contadini».

Per fra fronte alla crisi l'Amministrazione comunale si impegnò per una serie di lavori pubblici considerati indispensabili, come fu detto in Consiglio comunale, «per occupare i nostri operai, i quali nell'attuale crisi economica molto aspra, hanno bisogno di lavoro per provvedere al sostentamento». Per esempio gli amministratori comunali, all'inizio del 1895, tentarono di dare una risposta al problema della disoccupazione sollecitando con forza l'inizio dei lavori del tronco Frosinone-Stazione ferroviaria della strada provinciale Frosinone-Gaeta che, poi, prenderà la denominazione di Viale America Latina.

Le iniziative comunali non ridussero, però, lo stato di indigenza della popolazione cittadina senza lavoro e il disagio di molte famiglie che si trovarono senza riparo in una stagione particolarmente rigida come quella dell'inverno tra il 1894e 1895.Un solo intervento concreto fu adottato da parte del Comune che organizzò una distribuzione ai poveri di razioni di pane nell'ultimo giorno di Carnevale per andare in qualche modo in soccorso di coloro che si dibattevano nella miseria mentre, a cura del locale comitato della "Charitas", vennero installate in città le cosiddette "cucine economiche"che assicurarono per molti mesi pasti caldi per centinaia di persone a prezzi bassissimi e gratuiti per i più indigenti. In questo contesto il 21 luglio del 1895, dopo appena due mesi dalle elezioni politiche generali, i frusinati vennero chiamati alle urne per il rinnovo totale del Consiglio comunale.

Quel voto amministrativo si tenne in una città segnata dalle divisioni e dalle polemiche dovute ancora allo stato d'incertezza circa l'esito definitivo del risultato delle elezioni politiche del 26 maggio dello stesso anno. Infatti i fautori dei due contendenti al seggio parlamentare del circondario, Augusto Vienna e Giuseppe Ellena, si trovarono in contrasto anche nella formazione delle liste elettorali e non mancarono, durante la breve campagna elettorale, anche momenti di tensione fra i due schieramenti. Un nuovo giornale cittadino, "Il Cosa", organo ufficiale di fatto degli "ellenisti", il 20 luglio invitava, dalle sue colonne, a votare per una lista di sedici concorrenti che avevano tutti appoggiato il candidato "forestiero" nelle elezioni politiche di due mesi prima.

Il gruppo guidato dal capo dei "clericali" di Frosinone, Domenico Antonio Guglielmi, era composto, soprattutto, da elementi vicini agli ambienti cattolici, anche se non mancava la presenza di "radicali" come Angelo Galloni e Alessandro Fortuna, uniti al resto dei candidati dalla comune avversione per il deputato "ciociaro" Augusto Vienna. La lista capeggiata da Guglielmi fu, però, duramente sconfitta tanto che non riuscì ad eleggere nemmeno un consigliere, mentre quella guidata dal sindaco uscente, Giovanni Battista Grappelli, si aggiudicò tutti i seggi nel nuovo Consiglio comunale della città.

I trenta consiglieri eletti, che si insediarono nella seduta del 31 luglio, erano Luigi Alberti, Gaetano Bouchard, Giuseppe Bracaglia, Francesco Bragaglia, Giuseppe Calderari, Filippo Carboni, Vincenzo Carboni, Umberto Cioccolani, Luigi Fuschi, Giuseppe Galloni, Vincenzo Giansanti, Gaetano Giordani, Giuseppe Giusti, Giovanni Battista Grappelli, Augusto Lattanzi, Francesco Marchioni, Luigi Antonio Marini, Ernesto Paradisi, Antonio Parisini, Vincenzo Passerini, Luciano Politi, Nicola Renna Iannini, Giacinto Scifelli, Cesare Sterbini, Claudio Stracca, Vincenzo Testa, Ettore Tinelli,PietroValle, Antonio Vivoli e Leone Vivoli. Al termine della seduta si votò per l'elezione del Sindaco. 25 consiglieri sui 25 presenti votarono per Giovanni Battista Grappelli e, subito dopo, per la nuova Giunta comunale che risultò composta dagli assessori effettivi Giacinto Scifelli, Francesco Marchioni, Giuseppe Bracaglia e Umberto Cioccolani e dai supplenti Vincenzo Carboni e Nicola Renna Iannini. Sul piano dell'attività amministrativa, la nuova Giunta comunale si trovò ad operare in uno stato di estrema difficoltà finanziaria non essendosi ancora ripianato il forte disavanzo dovuto alla gestione del Commissario prefettizio, terminata nel 1893 mentre era in atto, tra l'altro, una notevole riduzione dei proventi per il Dazio Consumo.

Nonostante quella complicata situazione, la Giunta volle sottoporre all'approvazione del Consiglio, nella tornata del 31 agosto 1896, un piano con ben venti proposte di interventi sulla città. I provvedimenti più importanti riguardavano la cessione del locale già convento e dell'orto della Madonna della Neve per l'istituzione di una sezione dell'asilo della Sacra Famiglia; la provvista della breccia perla manutenzione ordinaria delle piazze e delle strade comunali; l'impianto nella città dell'illuminazione elettrica; la trasformazione del Monte Frumentario in Cassa di prestanza agricola e l'istituzione nel Comune di un'Opera Pia "Elemosiniara e di ricovero dei mendichi". Nell'estate del 1897 iniziò, in tutta Italia, un nuovo periodo di crisi economica che provocò un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle classi popolari, sia nelle città che nelle campagne.

Come se non bastasse, la stragrande maggioranza della popolazione fu colpita, nello stesso periodo, da continui aumenti delle tasse di famiglia e di esercizio decisi da tutti i Comuni italiani. In quell'anno a Frosinone, per esempio, furono centinaia i reclami contro la decisione dall'Amministrazione comunale di aumentare sensibilmente la tassa di esercizio per gli artigiani, commercianti e piccoli imprenditori e il "fuocatico" per la totalità delle famiglie della città. Contro quegli aumenti i frusinati non mancarono di manifestare, in varie forme, il loro risentimento.

«Qui è vivo il malcontento dei cittadini contro l'autorità municipale – scriveva, infatti, il 7 giugno "L'Avanti!" il giornale socialista da poco fondato, in una delle sue prime corrispondenze da Frosinone – la "Commissione dei tre", chiamata a rimaneggiare le tasse comunali, ha ferocemente aumentate le tasse fuocatico e d'esercizio. I reclami alla superiore autorità amministrativa fioccano e forse chissà… lasceranno il tempo che trova». Il giornale, dopo aver denunciato i casi più clamorosi di «parzialità perpetrate a danno di alcuni, e di favori concessi ad altri», si rivolgeva in questi termini agli amministratori comunali della città: «O quando la finirete con l'abusa - re della pazienza di questa troppo buona popolazione?!».

Nei mesi successivi anche in altri centri del Circondario, in parti colare a Paliano, Ceccano e Bauco (Boville Ernica), si ebbero manifestazioni popolari di protesta contro i notevoli aumenti della tassa di famiglia. La più forte si svolse a Sgurgola nell'ottobre di quell'anno, quando 300 cittadini si riunirono in piazza protestando contro "l'aggravio del focatico e altro". Scriverà più tardi "Il Cosa" ricordando quella manifestazione: «Fu un caso e una provvidenza se in quell'occasione i cittadini mostrarono tutta la loro calma, e non si dettero in preda a quell'eccesso di furore che, non a molto, condusse il palazzo comunale al fuoco e al saccheggio»). Alle rivendicazioni di migliori condizioni di vita e di lavoro, il Governo nazionale andava rispondendo, nelle regioni del nord, con lo scioglimento delle leghe bracciantili, l'arresto di deputati socialisti e di dirigenti e militanti sindacali e con l'impiego dei soldati del Regio Esercito nei lavori agricoli. Invece, nelle regioni centrali e meridionali la protesta popolare, provocata anche dai livelli bassissimi dei salari, dalla diffusa disoccupazione e dalla forte pressione fiscale sui consumi, si manifestava in assalti ai forni, ai mulini, ai magazzini di grano e alle sedi comunali.

Tra il 25 e il 30 aprile, in particolare, scoppiarono vere e proprie sommosse a Bari, Rimini, Napoli, Palermo, Ferrara e Pesaro e in moltissimi altri centri del Paese. Il 1° maggio si segnalarono tumulti nelle Puglie e, nei giorni successivi, a Sesto Fiorentino, a Firenze e a Pavia la truppa arrivò a sparare sui manifestanti causando decine di morti. Il punto più alto della crisi si verificò a Milano dove il 6 maggio, nel corso di alcuni scontri fra manifestanti e le forze dell'ordine, erano rimasti uccisi due operai e un delegato di polizia. L'indomani venne proclamato uno sciopero generale di protesta e per diversi giorni il generale Bava Beccaris scatenò contro i dimostranti la cavalleria e usò perfino l'artiglieria. Il bilancio dei fatti milanesi fu pesantissimo: si contarono 80 morti (300 secondo alcune fonti) e 450 feriti tra i manifestanti mentre i militari deceduti furono solo 2 e i feriti 22. Nel resto del territorio nazionale, in quelle giornate, si registrarono 50 vittime fra i dimostranti e uno tra i soldati.

Alla repressione armata seguirono migliaia di arresti e di processi ai manifestanti e agli esponenti dei partiti di opposizione che riportarono condanne pesantissime e, anche, la soppressione di associazioni e organizzazioni operaie e socialiste e i sequestri per i giornali ritenuti antigovernativi. A Frosinone, la stampa locale aveva cercato, naturalmente, di tenere informati i frusinati di quanto stava avvenendo a livello nazionale. "Il Cosa" del 22 maggio, per esempio, aveva scritto: «Chiunque abbia seguito e segua tuttora sui giornali quotidiani la cronaca degli attuali avvenimenti tumultuosi, deve convincersi che ci troviamo dinanzi alla ribellione furibonda di moltitudini stanche di patimenti, sfiduciate dell'opera delle autorità, che hanno colto questa malaugurata occasione del rincaro del prezzo del pane per sfogare contro tutto e contro tutti il rancore che si covava da anni; giacché tutto ciò che rappresenta l'autorità e sia essa governativa, o provinciale, o comunale, è stato preso di mira e fatto segno a minacce e violenze».

Nei giorni precedenti i fatti di Milano, il prezzo del granturco e degli altri cereali aveva subìto, anche a Frosinone, un forte aumento. Si rivelò, tuttavia, opportuno l'intervento del sindaco Grappelli che, proprio per prevenire ogni protesta popolare, impose ai negozianti di ritornare ai prezzi precedenti, cosa resa possibile anche grazie ad un accordo tra il Municipio e il grossista Cesare Prestini. «Ni un aumento ha subìto il granturco nello scorso giovedì –scrisse l'8 maggio "Il Cosa" – Lode e ringraziamenti la cittadinanza deve al sullo dato Sig. Prestini, il quale non curando i suoi privati interessi ha procurato l'utile e la pace della nostra città».

Negli stessi giorni l'Amministrazione comunale fece anche divulgare un manifesto con le tariffe bloccate per la vendita del pane al minuto. "Il Cosa", che oltre al manifesto pubblicò anche le disposizioni dei regolamenti comunali d'igiene e di polizia urbana sullo smercio di farine, pane e paste elementari, indirizzò «un meritato elogio al Comune che, sebbene tardi, pure è venuto nella determinazione di applicare una tariffa ai fornai che hanno sempre venduto il pane a loro talento a discapito della popolazione, e specialmente della classe povera».

Intanto il governo nazionale, volendo avvalorare la tesi che i disordini facessero parte di un piano rivoluzionario contro le istituzioni ordito, in particolare, dai socialisti, era interessato a conoscere la consistenza di quel partito provincia per provincia, circondario per circondario. Per Frosinone il Sottoprefetto, che già in un suo rapporto dell'aprile 1897, aveva fatto sapere che in tutto il circondario non c'erano socialisti affiliati al partito e che nessuno faceva propaganda o anche solo professione di socialismo, non fece altro che confermare, il 16 maggio dell'anno successivo, che non risultava, ancora a quella data, nessun serio tentativo socialista di dar vita ad un'organizzazione locale né di stabilire saldi collegamenti con l'Unione Socialista Romana. Ma sul finire del 1898 il Sottoprefetto informò le autorità romane della presenza a Frosinone di un gruppo di giovani "socialisti", e dell'arresto di alcuni di loro per aver tentato di raccogliere in città adesioni alla campagna nazionale promossa dal P.S.I. in favore dei condannati per i fatti di Milano.

«Una scheda di sottoscrizione per la nota petizione a favore dei condannati per i moti del Maggio 1898 – riferì tra l'altro il Sottoprefetto – venne messa in giro in questo capoluogo da certo Napoleone Scaccia, barbiere». All'inizio del 1899 anche a Frosinone, come in tutta Italia, venne rafforzata la presenza del Regio Esercito con compiti esclusivi di servizio di ordine pubblico per tutto il circondario. Il 2 gennaio di quell'anno, infatti, giunse, col treno delle 11 a.m., un battaglione di Fanteria del 7° Reggimento, distaccato da Roma. A metà febbraio, dal 14 al 19 del mese, il battaglione fu impegnato in esercitazioni militari al Prato della Selva, di proprietà di Benedetto De Sanctis, di cui il Comune pagava il fitto mentre altre esercitazioni si svolsero al Prato del Ponte del Rio dal 12 al 16 giugno.

Sempre a Frosinone si tennero, dal 10 al 15 agosto, anche diverse manovre della Cavalleria e il Comune dovette farsi carico anche della fornitura di foraggio peri cavalli oltre che del fitto della Caserma De Sanctis, nel Borgo di Porta Romana, per l'alloggiamento delle truppe. Agli inizi di dicembre la guarnigione, ormai di stanza a Frosinone da quasi un anno, fu ulteriormente rafforzata fino a una forza di 1.000 uomini che vennero sistemati in 600 nella Caserma De Sanctis e in 400 nella vecchia Caserma Ricciotti di Via Rattazzi. Lo stazionamento di quelle truppe a Frosinone si protrasse, senza che fossero, di fatto, mai impiegate in grandi operazioni di ordine pubblico, fino alle elezioni politiche generali del giugno del 1900.

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