Ciociaria... per tutti
06.01.2025 - 21:00
Abbiamo già ricordato che nel contesto dell’immensa emigrazione italiana nel mondo che nell’arco di circa venticinque anni, a partire dalla seconda metà del 1800, ha più che dimezzato la popolazione dell’epoca, col risultato che oggi oltre le Alpi vive una seconda Italia, quella ciociara di emigrazione è stata la prima, già dalle ultime decadi del 1700, ad abbandonare la propria terra per fame e miseria.
I luoghi di partenza furono le località appollaiate sui monti che fanno corona alla Valcomino, una già all’epoca quasi sconosciuta enclave di Alta Terra di Lavoro, al di qua e al di là delle Mainarde, terre aride e pietrose, nomi che suscitano nostalgia e rimpianto e dolore: Cerasuolo, Mennella, Cardito, San Biagio Saracinisco e poi San Giuseppe, San Gennaro, Immoglie, Serre, frazioni di Picinisco, poi Vallegrande, Agnone, Atina, Montattico, Mortale… Luoghi magici dell’emigrazione italiana anche se orribilmente tenuti in disparte o ignorati: patrie degli artisti girovaghi e dei nomadi, degli addomesticatori di cani e di scimmie, anche di qualche povero orso marsicano, col pappagallo o suonatori ambulanti di piffero, di organetto, anche di zampogna, intrecciatori di vimini, arrotini, piattari… un’umanità intrepida, determinata, pronta a ogni sacrificio e sofferenza pur di approdare in porti più propizi e liberi.
Le mete furono le paludi pontine, Roma e l’Oltralpe: Parigi, Londra, la Scozia. Naturalmente quella ciociara, di emigrazione, rappresenta una piccola nicchia nel contesto di quella che sarà qualche anno più tardi un’autentica diaspora nazionale: pertanto si dimentica sistematicamente che sebbene un piccolo nucleo, i ciociari sono stati gli avamposti a mettere piede nelle città europee e a costituire le aggregazioni e i raggruppamenti sociali originari. Alle prime decadi del 1800 sono documentati numerosi a Parigi, Londra e in Scozia e in molta parte integrati: un libro, un’epopea dell’emigrazione ciociara, che aspetta ancora il suo vate e il suo cantore! E poi la tragica e spietata tratta dei bimbi, anche ora quelli ciociari della Valcomino tristemente all’avamposto, già inizi 1800, derelitti per le vie di Londra, il primo tristissimo spettacolo presentatosi agli occhi di Giuseppe Mazzini, esule in quella città, già agli anni 30 dell’Ottocento. Tutto, dalla Valcomino, all’epoca luogo di massima sofferenza e di abbiezione ma anche di bellezza e di grazia dei suoi figli, binomio sicuramente non riscontrabile da nessuna parte di tale intensità. È motivo a dir poco, perciò, di imbarazzo dover constatare che di questo episodio della storia che rinveniamo registrato nelle vicende di alcuni paesi europei per almeno centocinquant’anni, non si veda in giro, in tutta la Ciociaria storica, alcun documento e ricordo a memoria, come pure nessuna menzione e ricordo nelle scuole e nelle istituzioni e, disgraziatamente, non è che ignorando i fatti che se ne impedisce il ripetersi.
E consegue che i ciociari all’estero, pur una piccolissima nicchia nel contesto dell’emigrazione nazionale, è semplicemente incredibile di quanti e quali successi sono e sono stati portatori e promotori tanto da poter sostenere che ne sono stati e ne sono tuttora, la punta di diamante e la bandiera. Per una succinta citazione di esempi, ci soffermiamo solo alla Scozia. Qui i primi ciociari arrivarono a piedi, dopo mesi di cammino e lunga e penosa fu la loro integrazione nel nuovo tessuto umano e sociale: a parte le normali attività lavorative, qualcuno di loro, memore sicuramente anche di esperienza analoga vissuta a Londra, che a quell’epoca era pur sempre il nucleo e il fulcro di abbrivio delle dislocazioni, iniziò a guardarsi attorno e a intraprendere quindi un’attività che in quei luoghi in particolare, avrebbe immediatamente scoraggiato ognuno: la produzione e il commercio del gelato sia, in prevalenza, con carrettini a livello ambulante, per le strade, e sia in locali appositi di ristorazione: il gelato fino ad allora era riserva delle classi abbienti e sconosciuto alle altre. Il coraggioso precursore a poco a poco ebbe sempre più seguaci ed è avvenuto che grazie ai ciociari gradualmente se ne diffuse l’uso e il consumo con il risultato che oggi in tutta la Scozia tutte le gelaterie e altri locali di somministrazione come pure tutti i furgoni e le camionette che si vedono in giro davanti alle scuole o nei luoghi di ritrovo e nei campi sportivi e analoghi, in qualsiasi stagione dell’anno, recano ben evidenti i nomi ben noti dei ciociari. Altro loro settore di successo è stato quello della diffusione delle friggitorie o di ristoranti di fish & chips, pesce e patate.
Nella zona ancora più a Nord, nel Fife, a Perth, a Dundee, oltre a quanto descritto, si scopre che una delle attività di svago e di passatempo della popolazione più seguite, credo addirittura inventata in questi luoghi, il bingo, è gestito in massima parte da alcuni intraprendenti ciociari di Atina e di Villa Latina che vi hanno impiantato una struttura di molte decine di immense sale e numerosi alberghi.
Ma la nicchia ciociara scozzese, sempre per rimanere solo qui, ha dato e continua a dare non solo commercianti e imprenditori ma anche professionisti, artisti, pittori, calciatori, pugilatori… Limitandoci a Glasgow ed Edimburgo, le città principali, numerosi sono gli studi di avvocati e di medici e di altri professionisti dalle origini ciociare, senza menzionare le attività commerciali e quelle di ristorazione: i nomi ricorrenti dovunque nella regione sono Caira, Visocchi, Capaldi, Pelosi, Panetta, Coia, Di Ciacca, Crolla, De Marco, Mancini, Colarossi… in prevalenza della Valcomino ma anche del Cassinate: Alberto Morrocco (ma Marrocco), Edoardo Paolozzi, Richard De Marco, Jack Vettriano (ma Vettraino), artisti di respiro internazionale; Armando Iannucci, attore di televisione noto in tutto il Paese quale comico e regista e attore; Peter Capaldi, anche lui attore e regista; i fratelli Tomasso, crema degli antiquari del Regno Unito. Non pochi scozzesi-ciociari sono presenti nella pubblica amministrazione e nella scuola. La prova dell’integrazione della presenza ciociara in Scozia in ogni aspetto della società è data a mio avviso da mons. Philip Tartaglia, arcivescovo di Glasgow, anche lui di ascendenze ciociare piciniscane.
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