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L'evento

Disagio giovanile e criminalità, perché si delinque? Il convegno

Al Teatro Vittoria di Frosinone, venerdì pomeriggio, l'associazione My Way Community ha presentato il progetto del "Centro diurno socio-educativo per minori e giovani adulti con problemi di giustizia", inaugurato a Roma

Al Teatro Vittoria di Frosinone, venerdì pomeriggio, l'associazione My Way Community ha presentato il progetto del "Centro diurno socio-educativo per minori e giovani adulti con problemi di giustizia", inaugurato a Roma. Presenti all'incontro diversi esperti, avvocati e autorità. A moderare il dibattito la pedagogista Marcella Ciapetti. Il primo a prendere parola è stato il sindaco di Frosinone, Riccardo Mastrangeli: «Ringrazio tutti i presenti, che hanno mostrato un’attenzione verso disagi e problematiche giovanili. Sono disagi che sentiamo anche noi: abbiamo anche noi ragazzi che hanno avuto problemi con la giustizia. Ritengo che bisogni uscire da questa fase di condanna a priori dei giovani: bisogna offrire opportunità di recupero. Condannare è facile, recuperare è più difficile ma questi giovani possono essere essere aiutati. Soprattutto nelle realtà a bassa scolarizzazione è complesso, ma bisogna dare a questi ragazzi delle opportunità, così come alle famiglie. Le pene sono spesso non commisurate e non giuste».

Luigi Vacana, delegato alla cultura della Provincia di Frosinone, ha poi preso parola spiegando: «Dobbiamo saper rieducare qualora non fosse stato possibile educare in maniera adeguata prima. Sono felice di patrocinare questo evento». Presenti all'evento anche Biagio Cacciola, professore, e Giuseppe Patrizi, politico.

Il dibattito

Ad aprire il dibattito è stato il responsabile nonché direttore generale di My Way Community, Silvestro Romano, che ha spiegato: «Noi ci occupiamo di sostenere i giovani, sia ragazzi che hanno avuto problemi con la giustizia ma anche orfani di femminicidio e mamme vittime di violenza». Il centro socio-educativo ospiterà i giovani tra i 14 e i 25 anni a rischio devianza sociale o sottoposti a misure alterative al carcere.  

A seguire ha preso parola Stefano Callipo, psicoterapeuta e presidente dell’Osservatorio violenza e suicidio. Dopo i ringraziamenti di rito ha dichiarato: «Il disagio minorile e la criminalità appartengono hanno una patogenesi e realtà molto più lontana rispetto a ciò che immaginiamo. Può esistere una realtà particolare, ai margini. Nella realtà carceraria esistono invece fasi molto delicate: i ragazzi che escono dal carcere, una volta che sono fuori, hanno una tendenza al suicidio molto più alta. Questo perché entrano in un mondo “liquido”, senza confini e riferimenti. Questo progetto è molto importante perché permette un’analisi attenta dei due fenomeni. Ci occupiamo di queste persone quando è troppo tardi: c’è bisogno di una prevenzione che deve puntare sui fattori di rischio sociali e psichici».

Le parole degli esperti legali

Nel corso dell'evento hanno parlato anche gli avvocati Tony Ceccarelli e Pasquale Lattieri. Il primo ha spiegato: «La normativa per i reati dei minorenni è nata di recente. La necessità di adeguare il sistema giudiziario è nata quando si è capito che la famiglia non riusciva più a dare i giusti riferimenti per il minore. Recuperare i ragazzi significa fare un progetto futuro per recuperare i potenziali criminali del futuro. Il carcere deve essere considerato come l’università, perché deve insegnare a non farlo più»

Il legale Pasquale Latteri ha invece spiegato: «Per i giovani esiste anche la "messa alla prova", per dimostrare alla magistratura che il ragazzo ha rivisto le proprie condotte e dato prova di voler cambiare in futuro. Se adempie a questo programma e lo supera, la pena viene cancellata. È come se non avesse commesso nulla. Si è molto criticato questo strumento: per i reati più gravi esiste la messa alla prova massima di tre anni. Se ben ricordate, Erika e Omar, che hanno sterminato la famiglia, hanno fatto tre anni di messa alla prova e sono usciti dal circuito penale. Si discute molto se sia giusto o meno».

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